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Zero termico a 5184 metri: un record che apre riflessioni sul futuro delle Alpi

5184 metri. Non è l’altezza di una montagna ma la quota cui è stato rilevato lo zero termico sulle Alpi Svizzere lo scorso 25 luglio, nel corso dell’ondata di calore che ha investito Italia e mezza Europa per un’intera settimana. Un dato senza precedenti. Come riportato da MeteoSvizzera, a partire dal 1959, anno di avvio presso la stazione aerologica di Payerne dei radiosondaggi volti a misurare lo zero termico – la quota a cui, nella libera atmosfera, ovvero considerando la colonna atmosferica senza l’influenza dell’orografia, la temperatura passa da valori positivi a valori negativi – sono stati raggiunti e superati i 5000 metri di quota soltanto in due occasioni: lo scorso 25 luglio e il 20 luglio 1995.

Cosa ci dice questo record

Se è già successo che lo zero termico abbia superato quota 5000 m, cosa c’è di stupefacente in questo record? Tale domanda può sorgere spontanea e non risulta certo da condannare. Necessario è tenere a mente che meteo e clima non siano sinonimi, e le relative scale temporali non siano sovrapponibili. Un dato “record” su scala meteorologica, come in questo caso un clamoroso 5184 metri mai verificatosi prima (intendendo per “prima” una fase antecedente all’avvio dei monitoraggi), preso singolarmente ci racconta di un giorno particolarmente caldo, inserito all’interno di una ondata di calore estiva. Nel dettaglio 5184 metri sono stati registrati alle 2 ora locale (00 UTC), in presenza sopra a Payerne “di una massa d’aria piuttosto secca a tutte le quote, di chiaro stampo anticiclonico”, come sottolineato da MeteoSvizzera. Così come il dato record del 1995 racconta di un altro momento particolarmente caldo di una estate di quasi 30 anni fa.

Il problema dei 5184 metri del 25 luglio, una altezza non raggiunta da alcuna vetta alpina (per comprendere di che altezza stiamo parlando, si tratta della quota di Gorak Shep lungo il trek per il campo base dell’Everest), è che si vadano a inserire in una “tendenza”.

Fonte: MeteoSvizzera

Andando a osservare il grafico che riporta la media delle misurazioni dello zero termico nella stagione estiva, effettuate tramite radiosondaggio a Payerne dal 1959 al 2021, è possibile notare infatti che di anno in anno il valore medio “estivo” oscilli (puntini neri). In pochi casi si rilevano dati molto simili in due anni consecutivi. La linea orizzontale attorno cui si dispongono tali puntini oscillanti rappresenta la mediana stagionale del periodo 1961-1990. A partire dagli anni Novanta si nota chiaramente che non vi siano più puntini al di sotto di quella linea. Ne consegue che anche la mediana sia cambiata nel tempo, sebbene nel grafico la si veda proseguire fino ai nostri giorni, fungendo da riferimento che consente di apprezzare il trend dei decenni più recenti. Trend rappresentato dalla linea rossa, ovvero la tendenza a un costante aumento mostrata dallo zero termico medio estivo negli ultimi decenni.

Tendenza che lo zero termico non mostra soltanto in estate. A partire dal 1990 circa anche il valore medio annuale ha infatti iniziato a salire. “La norma 1991-2020 della quota media annuale dell’isoterma di zero gradi ammonta a 2600 m”, dettaglia a tal proposito MeteoSvizzera. Con riferimento specifico alla stagione estiva, a Payerne si sta rilevando un incremento di circa 90 metri ogni 10 anni.

E in Italia?

Sul versante italiano non è che si stesse tanto più freschi mentre in Svizzera lo zero termico schizzava a quota Gorak Shep. Come riportato dalla Società Meteorologica Italiana Nimbus, “al Sud delle Alpi, la scorsa notte (25 luglio, ndr) l’altitudine dello zero termico era un po’ più bassa, ma pur sempre a livelli fuori dal comune, 4961 m sui cieli di Cuneo-Levaldigi, 4983 m a Udine-Rivolto e 5063 m a San Pietro Capofiume (Bologna).”

Pensiamo al futuro

La tendenza descritta con riferimento alla stazione di Payerne è estensibile concettualmente a tutto l’arco alpino, indipendentemente dai confini politici. I 5184 metri dello zero termico “svizzero” dovrebbero pertanto fungere da spunto per una riflessione collettiva sulla possibilità o meno di frenare tale trend. Per porre un freno alla fuga annua verso quote sempre più elevate di quei puntini neri oscillanti, per cancellare quella terribile linea rossa e disegnarne una nuova a pendenza inferiore c’è solo un modo, ed è impegnarsi nella lotta al cambiamento climatico.

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