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La risposta di Patagonia alla sentenza che abolisce il diritto di aborto negli Stati Uniti

Venerdì scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti ha eliminato il diritto di aborto a livello federale ribaltando la sentenza “Roe v. Wade” del 1973, che rendeva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza tutelato su tutto il territorio nazionale. Questa decisione non rende l’aborto illegale negli Stati Uniti, ma si traduce nel fatto che ogni singolo stato potrà disciplinarlo senza vincoli, potendo anche rendere l’IVG illegale. E così è successo in 13 stati, in cui sono già entrate in vigore o sono imminenti leggi che vietano l’aborto totalmente o nella gran parte dei casi e nei prossimi mesi ci si aspetta che un’altra ventina di stati possano seguire la decisione di proibirlo o imporre restrizioni all’accesso.

Molte aziende statunitensi si sono attivate in questi giorni a sostegno delle proprie lavoratrici, tra queste anche Patagonia. Il brand outdoor ha prima di tutto dichiarato che pagherà la cauzione alle dipendenti arrestate mentre “protestano pacificamente per la giustizia riproduttiva” durante le manifestazioni che stanno avvenendo in tutto il Paese e che, soprattutto negli stati dove si sono già attivate le restrizioni e i divieti, stanno venendo represse con forza dalle autorità.

La cura dei dipendenti va oltre l’assicurazione sanitaria di base, quindi adottiamo un approccio più olistico alla copertura e al sostegno del benessere generale a cui ogni essere umano ha diritto. Ciò significa offrire ai dipendenti la dignità di accedere all’assistenza sanitaria riproduttiva. Significa supportare le scelte dei dipendenti sul se o quando avere un figlio. Significa dare ai genitori le risorse di cui hanno bisogno per lavorare e crescere i figli“, si legge nella dichiarazione rilasciate da Patagonia poco dopo la notizia della sentenza.

In concreto, insieme a un piano di assistenza aziendale per rendere più facile la genitorialità (tra cui congedi, asili aziendali e assistenza in caso di trasferte, bonus per chi non può accedere a tali servizi), l’azienda ha deciso di pagare le spese di viaggio, vitto, alloggio e procedure mediche alle dipendenti che saranno costrette a spostarsi in un altro stato per abortire nel caso in cui quello in cui vivono vi siano restrizioni all’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Inoltre, saranno interamente coperte le spese mediche per la salute mentale.

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