Ambiente

Antartide, ghiaccio marino ai minimi storici. Colpa del cambiamento climatico?

Nel corso dei primi mesi dell’anno si sono susseguiti annunci del potenziale raggiungimento da parte del ghiaccio marino antartico di un record di estensione minima al termine dell’estate australe. Un articolo scientifico di recente pubblicazione su Nature conferma le temute previsioni: nel 2022 la superficie occupata dal ghiaccio marino in Antartide è scesa al di sotto dei 2 milioni di metri quadrati, il livello più basso registrato dall’avvio delle misurazioni satellitari, avvenuto 43 anni fa.

Per essere precisi, secondo informazioni diffuse dallo US National Snow and Ice Data Center (NSIDC) agli inizi del mese di marzo, la minima estensione si è registrata in data 25 febbraio 2022. Valore: 1,92 milioni di chilometri quadrati. Un dato che risulta essere di 190.000 chilometri quadrati inferiore a un altro pessimo record degli scorsi anni, registrato nel 2017.

Colpa del cambiamento climatico?

Gli esperti invitano a non puntare drasticamente il dito sul cambiamento climatico, o almeno non solo su di esso. Alla base del valore record del 2022 potrebbe esserci, oltre ai cambiamenti in atto, anche l’effetto di forti correnti che hanno spinto il ghiaccio al di fuori del mare di Ross, verso aree più a Nord, più miti. Il ghiaccio, arrivato in queste zone più calde, avrebbe iniziato a frammentarsi e sciogliersi.

“Penso che gran parte del fenomeno, se non tutto – dichiara il Dr. Walt Meier della NSIDC – possa essere legato a variabilità naturale“. 

A partire dal 1979, anno di inizio dell’impiego dei satelliti per il monitoraggio della estensione dei ghiacci marini dei due Poli, nel Mar Glaciale Artico si è assistito a una progressiva diminuzione, anno dopo anno, anche piuttosto rapida. Il ghiaccio marino antartico, al contrario, sembra per certi versi fluttuare. Di anno in anno si nota una certa variabilità nei dati, che non può essere spiegata da classici modelli predittivi, secondo cui al crescere delle emissioni di gas serra si dovrebbe assistere a una continua diminuzione dei valori di superficie.

I valori più elevati dei minimi di estensione, sono stati registrati nel 2008 (3.69 milioni di chilometri quadrati) e nel 2013 (3.68 milioni di chilometri quadrati). A soli due anni di distanza, nel 2015, si registrò una caduta in picchiata del minimo verso i 2 milioni di chilometri quadrati, con picco di minimo, in corrispondenza dell’estate australe 2017, e successiva risalita dei valori annui fino al 2020. Dunque non c’è da sorprendersi in maniera estrema del valore record del 2022.

Possiamo scagionare dunque i cambiamenti climatici? Per il momento la scienza non ha sufficienti elementi per rispondere. Meier sostiene che l’isolamento del continente antartico lo abbia per certi versi preservato più a lungo di ogni altra area terrestre dal surriscaldamento globale, fatta eccezione per la Penisola antartica che da 40 anni a questa parte mostra alterazioni del clima.

Ciò cui stiamo assistendo oggi a livello di mare antartico potrebbe dunque essere o uno scenario similare a quello cui il mondo ha già assistito 50 anni fa nell’Artico, dunque l’avvio di una fase di diminuzione della superficie del ghiaccio marino, anno dopo anno, in conseguenza dell’innalzamento termico, oppure un caso isolato, un anno “anomalo”, con possibile ripristino dei valori medi nel 2023 o comunque nei prossimi anni.

Un elemento, a detta degli esperti, è certo: l’Antartide può mostrarsi più “resistente” al cambiamento climatico, avere queste sue variabilità naturali, ma su lunga scala temporale pagherà le conseguenze del surriscaldamento globale. Sarà inevitabile, se non a partire dal 2022, negli anni a venire, assistere a un progressivo declino del ghiaccio marino antartico.

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