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Scoperti in un ripostiglio i giornali di bordo delle spedizioni antartiche di Shackleton e Scott

Il mondo dei libri, come anche quello del cinema, è ricco di storie che iniziano con il ritrovamento di un antico documento, dimenticato per decenni nella polvere di uno stanzino o nascosto dietro pile di libri su uno scaffale d’archivio. A volte situazioni del genere capitano anche nella realtà e la storia si fa ancor più avvincente. É il caso dei giornali di bordo e lettere risalenti alle spedizioni antartiche di Sir Ernest Shackleton e Robert Falcon Scott ritrovati di recente in un ripostiglio del servizio meteorologico della Nuova Zelanda. Reperti di incommensurabile valore, rimasti nel dimenticatoio per 50 anni.

Una scoperta per caso

Esattamente come accade nei film e nei libri, il ritrovamento non è frutto di ricerche ad hoc, ma del puro caso. Come riporta il The Guardian, lo staff del servizio meteo si stava infatti preparando a un trasferimento a Wellington quando, potremmo dire preparando gli scatoloni, si sono trovati davanti a delle carte antiche, risalenti a inizio del secolo scorso.

Tra i reperti compare un interessante giornale di bordo del vascello scozzese SY Aurora. La storia dell’Aurora è lunga e avvincente. Dopo una prima fase di utilizzo nella caccia alla balena nel Nord dell’Atlantico tra il 1876 e il 1910, fu acquistata da Sir Douglas Mawson, celebre geologo australiano e esploratore antartico, che la utilizzò nella spedizione ribattezzata proprio Aurora. Nel 1914 fu scelta da Shackleton per la spedizione Endurance (oltre alla nave Endurance). Rallentata dalla banchisa, l’Aurora raggiunse il canale McMurdo nel gennaio 1915. Scaricati uomini e materiali il più a Sud possibile, si diresse verso la Discovery Bay per cercare un ancoraggio sicuro.

Nel mese di maggio, quando avrebbe dovuto far ritorno in Antartide per recuperare l’equipaggio, l’Aurora fu spinta a largo da forti venti e rimase intrappolata nel ghiaccio. Solo nel febbraio 1916 fu possibile riprendere la navigazione, ma la nave era ormai danneggiata e si optò per un ritorno in Nuova Zelanda. Di ritorno nel dicembre 1916 dal salvataggio dei suoi uomini bloccati nel mare di Weddel, sir Shackleton salì a bordo dell’Aurora riparata con destinazione mare di Ross e salvò così, nel gennaio 1917, anche il secondo gruppo dell’equipaggio bloccato tra i ghiacci. Il giornale di bordo ritrovato in Nuova Zelanda fu redatto durante quest’ultima spedizione.

Vi sono poi due giornali di bordo risalenti al 1910 e 1911, compilati sulla Terra Nova, la nave che condusse Scott e la sua squadra nel tragico tentativo di raggiungere per primi il Polo Sud. E ancora pagine di inventario e lettere a firma di Mawson.

“Vale la pena conservarli?”

La scena davvero da film che racconta il quotidiano britannico, vede come protagonista Kevin Alder del MetService che viene avvicinato da un collega con in mano i preziosi documenti. “Vale la pena conservarli?” domanda il collega. Alder apre uno dei fascicoli e leggendo la parola Terra Nova resta a bocca aperta.

“Non avevo alcuna idea neppure della loro esistenza. Voglio dire, sono stati dimenticati a lungo, probabilmente sono rimasti sul medesimo scaffale per 50 anni”, commenta.

Importanza storica ma anche scientifica

Accanto all’incommensurabile valore storico, i giornali di bordo rappresentano importanti fonti di informazioni scientifiche, in quanto riportano dettagli sulle condizioni meteo incontrate, la posizione della nave ma anche su ciò che gli occhi dell’equipaggio ebbero modo di incontrare. Pinguini, orche, condizioni del ghiaccio, vulcani (il monte Erebus) fumanti. Rappresentano una sorta di finestra su un tempo lontano, un capitolo eccezionale della storia delle esplorazioni antartiche. Avventure estreme in senso stretto, finalizzate a effettuare pionieristiche ricerche geografiche e scientifiche.

La fortuna di essere finiti nel dimenticatoio in uno stanzino del servizio meteorologico neozelandese è che i documenti risultino in perfette condizioni di conservazione. Pensate che furono redatti con inchiostro e penna d’oca. Naturalmente si cercherà di trovare loro una nuova ubicazione per preservarli e consentirne anche analisi senza rischio di danneggiamento. La decisione spetta ora alle istituzioni neozelandesi.

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