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Cevedale: fonde il permafrost, il rifugio Casati va abbattuto e ricostruito

“In questi ultimi anni abbiamo realizzato diversi interventi di manutenzione, ma con la fusione del permafrost si sono rivelati inutili. L’unica soluzione è spostare il rifugio costruendo una nuova struttura che abbia le stesse funzionalità dell’esistente”. Queste le parole dei gestori del rifugio Casati al Cevedale.

Localizzato a 3269 metri nel gruppo Ortles-Cevedale il rifugio sta lentamente scivolando verso valle a causa delle fusione del permafrost, di quella porzione di terreno ghiacciato che ha sempre offerto una solida base costruttiva alle quote più alte. Negli ultimi anni si è spostato di circa 20 centimetri, la terrazza appare transennata, “hanno ceduto i due angoli della struttura, all’interno le porte non si possono chiudere e poi ci sono molte altre complicazioni”. Unica soluzione possibile: spostare il rifugio in una zona sicura. “I geologi hanno effettuato diverse analisi identificando una buona posizione a 50 metri dall’attuale”. Per la realizzazione sono stati stanziati 3 milioni e 600mila Euro da Regione Lombardia. A occuparsi dei lavori il Parco Nazionale dello Stelvio in accordo con la sezione CAI di Milano, proprietaria della struttura, e con il comune di Valfurva. L’apertura del cantiere è prevista per il 2023.

Meta affezionata per i locali, ma anche per escursionisti e alpinisti diretti al Gran Zebrù, al Cevedale, al Pasquale, al Vioz e alle altre belle montagne della zona il rifugio Casati continuerà a offrire i suoi servizi anche nelle prossime estati. Durante i lavori di costruzione della nuova struttura, che richiederanno tra i 2 e i 3 anni, il rifugio sarà infatti attivo. “Il rifugio funziona” e la prossima estate chi vorrà potrà raggiungerlo per godere non solo dei panorami offerti ma della storia, che qui si respira viva. A una ventina di metri dal rifugio si trovano ancora 3 cannoni austriaci, da 39 quintali l’uno, portati in quota dai prigionieri russi durante la prima guerra mondiale. Da questa posizione strategica i Kaiserjäger riuscivano a colpire le linee italiane. Un’ultima visita a questo scrigno di storia oggi compromesso dall’innalzamento medio delle temperature merita, offre l’occasione non solo di ammirare un pezzo di cultura delle nostre montagne, ma anche di toccare con mano gli effetti della crisi climatica.

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