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Escursionista bloccato su una cengia del Monte Toc “per colpa” di Google Maps

Ricordate il caso del Ben Nevis e del consiglio delle autorità di non utilizzare Google Maps per raggiungere la vetta più alta delle Isole Britanniche, a causa del rischio di venire indirizzati su un itinerario “estremamente pericoloso anche per gli escursionisti più esperti”? Nel corso del weekend appena trascorso, una vicenda che ricorda quanto sia importante valutare accuratamente la funzione delle App e la loro idoneità alle singole circostanze in cui si può trovare, è accaduta su una vetta molto più vicina a noi: il Monte Toc.

Come riporta il Soccorso Alpino e Speleologico Veneto, nella notte tra sabato e domenica, le squadre sono state chiamate a intervenire per il recupero di un escursionista rimasto bloccato su una cengia, dopo aver cercato di effettuare una discesa dalla montagna delle Prealpi Bellunesi utilizzando Google Maps.

Il racconto del soccorso

“Si è concluso questa notte poco prima delle 2 l’intervento in aiuto di un escursionista statunitense, rimasto bloccato su una cengia durante la discesa del Monte Toc scrive il CNSAS Veneto nella giornata di domenica 14 novembre – . Partito da Provagna, Soverzene (BL), seguendo una traccia in salita, verso le 13.30 il 22enne – che in questo periodo si trova ad Aviano (PN) – ha iniziato la discesa rilevando da Google maps l’itinerario per raggiungere la macchina, che lo ha però portato sopra salti di roccia, costringendolo a fermarsi per non rischiare di cadere. Scattato l’allarme una squadra del Soccorso alpino di Longarone ha iniziato a percorrere il sentiero per raggiungere la posizione indicata dal ragazzo, finché i soccorritori sono riusciti a individuarlo dalla voce e da segnali luminosi sull’altro versante più in alto rispetto a loro.”

“La squadra è quindi scesa per risalire dall’altra parte e ha chiesto il supporto del Soccorso alpino di Belluno, data la difficoltà del recupero dovuta all’impervietà del luogo – prosegue il Soccorso Alpino – . Uno dei tecnici di Longarone è quindi riuscito a raggiungerlo, lo ha assicurato ed è rimasto con lui, affiancato poi da un secondo soccorritore di Belluno. Assieme al ragazzo, hanno cominciato la discesa impegnativa sotto la pioggia, mentre nel contempo le squadre più sotto attrezzavano le calate lungo la via maggiormente adatta per il rientro, per circa 200 metri, tra ripida vegetazione e salti di roccia, fino a raggiungere il sentiero e poi rientrare ai mezzi all’1.45.”

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3 Commenti

  1. Dare la colpa di un errore personale in montagna a del software per me è il massimo, specialmente in montagna.
    Ignoranza totale, o genialità sublime dell’escursionista ?
    Lui sapeva quello che stava facendo ?

  2. Credo che affidarsi per il tragitto di ritorno a Google Maps non sia stupidità ma pura incoscienza che può portare a guai seri: è meglio utilizzare un navigatore portatile con una cartografia affidabile come la famosa italiana che non cito per non fare pubblicità.

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