AlpinismoAlta quota

Fait: sul K2 con gli sci e senza ossigeno

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BERGAMO — "Scendere con gli sci da un ottomila è soprattutto una gran fatica. Ma è anche una grossa emozione. La salita si vive solo per la discesa, è un po’ un alpinismo al contrario". Queste le parole di Michele Fait, alpinista e sciatore estremo trentino partito nei giorni scorsi alla volta del K2, gigante pakistano che ha intenzione di salire senza ossigeno, solo con due bivacchi, e poi scendere con gli sci. Fait, che già aveva tentato l’impresa nel 2007 con la spedizione K2 Freedom, in questa videointervista racconta come affronterà l’impresa, che cosa lo spinge a tornare laggiù, e ricorda il compagno Stefano Zavka, scomparso nei pressi della vetta alla quale lui, quella volta, ha rinunciato.

Fait affronterà la nuova avventura sul K2 (8611 metri) insieme allo svedese Fredrik Ericsson, che punta a scendere con gli sci le tre montagne più alte del mondo. Dopo due tentativi falliti al Kangchenjunga, Eriksson prova ora ad affrontare la montagna degli italiani sperando in una miglior fortuna con il meteo.

"Tenteremo la via Cesen – spiega Fait -, sullo sperone sud-est del K2. Sono circa 3000 metri con pendenza media di circa 55 gradi, la via si raccorda con lo sperone Abruzzi sulla spalla, di lì prosegue per 600 metri fino in vetta. L’idea non è certo nuova, l’aveva teorizzata già negli anni ’80 Jean Marc Boivin, il maestro di tutti gli sciatori estremi, indicandola come la discesa di riferimento del futuro, l’ultimo grande problema da risolvere. Qualche tentativo è stato fatto negli anni, ma gli unici degni di nota sono quelli di Hans Kammerlander che nell’ultimo, dopo essere partito sci ai piedi dalla cima, dovette rinunciare 400 metri più sotto per un repentino cambiamento meteorologico che a quelle quote sarebbe potuto risultare molto problematico".

Fait ed Eriksson ambiscono ad una salita molto veloce. "Si prevedono due bivacchi – spiega l’alpinista – uno a 6700 metri e uno sulla spalla a circa 8000 metri. Questo dovrebbe consentire di salire e soprattutto scendere dalla montagna in soli 3 giorni contro i 6/7 normalmente utilizzati. Nessuna ricerca di record di velocità, semplicemente il riuscire a salire in vetta e scendere al base stando entro una finestra di meteo buona che di norma non supera mai le 48 ore".

Fait, nel 2007, tentò la stessa impresa con la spedizione K2 Freedom, ma allora si cimentò sullo sperone Abruzzi. "Ordini di scuderia mi costrinsero sulla via dei primi salitori – ricorda Fait – ma quella via è composta da svariati tratti di misto. Ho rinunciato a circa 300 metri dalla vetta per la bufera che sarebbe arrivata da lì a poche ore, in cui purtroppo perse poi la vita il mio compagno d’avventura Stefano Zavka".

Con quell’esperienza alle spalle, Fait torna al K2 con un approccio leggermente diverso. "Tutto sarà ridotto all’essenziale – racconta l’alpinista – dall’attrezzatura alle permanenze in quota, fino ai tempi di salita. Non è stato previsto l’uso di fisse, sherpa od ossigeno, si tratterà di una salita a misura d’uomo, semplice come dovrebbe sempre essere, senza aiuti di sorta. Ognuno avrà la propria attrezzatura ed una tendina sulle spalle".

I due alpinisti si trovano già in Pakistan, diretti al Laila Peak (6069 metri), dove vogliono effettuare una salita di acclimatamento e una prima discesa con gli sci. Poi, si dirigeranno al K2.

Sara Sottocornola

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