Ambiente

Montagne meno sicure con i cambiamenti climatici, il commento di Marco Confortola

I cambiamenti climatici stanno modificando il Pianeta, tutto. Stanno dando vita a fenomeni estremi e cambiando la sua morfologia. Le montagne sono indicatori di questi cambiamenti. Lassù in quota possiamo osservare a occhio nudo come le masse glaciali siano sofferenti, come si siano ridotte nel corso degli anni. Gli alpinisti osservano invece altri fenomeni, vedono le vie di salita cambiare forma, diventare meno sicure e più pericolose. Questa è la testimonianza che ci riporta Marco Confortola dalla sua Valfurva e dalle montagne più alte della Terra, perché questo è un fenomeno universale che in modo più o meno marcato fa sentire i suoi effetti su tutto il Pianeta. A cosa andrà incontro la montagna del futuro è stato più volte detto e scritto dalla scienza e dalla statistiche, a cosa potrebbe andare incontro l’alpinismo no. Prova a risponderci Marco.

Marco, frequenti da sempre le montagne della Valfurva, come le hai viste cambiare?

“Già da 20 anni ho iniziato a vedere le cose cambiare. Sulla via normale di salita al Gran Zebrù, in particolare, ho visto succedere qualcosa: pendenza ed esposizione della parete hanno iniziato a modificarsi. Se prima il ghiacciaio scivolava verso il rifugio Pizzini, con il tempo ho osservato come questo abbiamo iniziato a piegare verse destra, in direzione di Solda. Osservando questi due fenomeni mi sono detto che forse avrei potuto cercare e trovare una via alternativa alla normale.”

Ci sei riuscito?

“Ho individuato un percorso a sinistra della normale. Si sviluppa interamente su roccia ed evita anche la parte alta della normale che stava diventando sempre più ripida e con scariche di sassi sempre più frequenti nel corso degli anni.”

Quanto tempo ha richiesto la realizzazione della via?

“Molto tempo, e continuo ancora oggi. Ogni volta in cui salgo cerco di migliorarne la sicurezza rimuovendo sassi instabili e facendo pulizia. Quest’anno, quando sono tornato dal Pakistan, l’ho trovata completamente segnata con bolli gialli. Vorrei ringraziare chi l’ha fatto perché ha seguito la linea in modo impeccabile. Vuol dire che ormai viene battuta e seguita da molti.”

Ma cosa sta succedendo sulle montagne, secondo la tua esperienza?

“Sta cambiando la morfologia delle montagne a causa del surriscaldamento globale che sta portando a una diminuzione del ghiaccio. Più volte mi è capitato di affrontare il tema con Claudio Smiraglia, che per molti anni ha studiato le montagne della mia zona. Ogni tanto gli mando foto dei ghiacciai per tenerlo aggiornato e spesso ricorda come anni fa fosse diverso.

Oggi il Gran Zebrù è molto pericoloso. Con la fusione dei ghiacciai viene a galla la roccia marcia che genera scariche di sassi a cui bisogna prestare massima attenzione. Così su tutte le montagne.”

Hai visto fenomeni simili anche in Himalaya?

“Assolutamente. Se penso anche solo al Kanchenjunga vissuto nel 2014 e a quello vissuto nel 2018 tutto cambia. Ricordo perfettamente la ripida salita da campo base al campo 1. Tra una spedizione è l’altra si è modificata, nel 2018 abbiamo dovuto mettere una scala per attraversare un crepaccio enorme. Sul K2 anche. Nel 1954 il punto in cui hanno sepolto Mario Puchoz era facilmente raggiungibile, tanto che per portare la salma hanno usato una slitta su cui l’hanno fatto scivolare. Oggi devi scalare per quasi 100 metri. Sui Gasherbrum la stessa cosa, anche lì la morfologia della montagna sta cambiando.”

Come si possono gestire al meglio queste nuove situazioni di maggior pericolo che si vengono a creare?

“Nel primi anni Novanta affrontavo la salita al Gran Zebrù con cordate di più componenti, oggi porto una sola persona, e deve essere molto brava. Sta cambiando tutto e sta a noi alpinisti trovare soluzioni alternative. Trovare vie alternative, individuare varianti.

Importante è far capire a tutti che le vecchie guide su Monte Rosa, Monte Bianco, Gran Zebrù e altre montagne oggi non sono più attendibili e bisogna prestare molta attenzione. Bisogna affidarsi ai professionisti della montagna, a chi oggi la vive quotidianamente come il rifugista o la guida alpina.”

Quindi facciamo un grande appello alla sicurezza?

“La sicurezza in montagna deve essere uno stile di vita. Come usare il casco in bici, sul motorino, nelle salite alpinistiche. In alpinismo l’attenzione alla sicurezza deve essere ancora maggiore visti i cambiamenti che si stanno verificando.”

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4 Commenti

  1. PUO’ ANCHE DARSI CHE IL CASCO SIA SOTTO IL BERRETTO…NON E’ VIETATO E PUO’ ANCHE DARSI SIA MEGLIO…IL CASCO ADERISCE ED IL berretto fa da isolamento thermico esterno.
    Piuttosto il giallo dei bolli..e se ad altri piacesse di piu’ il viola, il rosso o o a pois giallo rossi?O verde con effetto fluo?Meglio un pigmento traparente visibile solo con lenti speciali !Il fatto che l’erosione cambi le vie e’ quasi quasi e’ un bene, cosi’levecchie guide finiscono nell’antiquariato librario e c’e’del nuovo da scoprire…per le giovani generazioni .

  2. cronaca di oggi 27/09/2021 “una giovane donna di nazionalità spagnola colpita da un sasso mentre saliva la Ferrata degli italiani al Mangart. L’ncidente è avvenuto una cinquantina di metri sopra il bivacco Nogara. La donna aveva il casco, ma la pietra l’ha colpita tra collo e nuca.”
    Quindi oltre che a riprogettare adeguando la forma e struttura dei caschi, con protezione estesa a fronte e nuca , ci sarebbe da escogitare qualcosa anche per le spalle..e uno scudo dentro zaino…sempre ricerccando il materiale piu’performante a minor peso. Darei un’occhiata per trarre ispirazione alle protezioni antisommossa , o per snow board o hockey .

  3. Per i sassi di solito basta non avere nessuno sopra e andare con buone condizioni.

    Io vedo i bolli gialli molto meno quelli rossi.
    Quando pitturano rispettano le minoranze dei disabili con problemi sui colori ?
    Il cai lo fa quando pittura i sentieri ?

    Per fortuna hanno segnato bene anche questa, ma hanno anche spittato, o c’è troppo marcio ?

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