Ambiente

Il respiro dei torrenti

Quando ci sediamo in riva a un torrente è impossibile non pensarlo, anche solo per un attimo, come qualcosa di vivo: per i suoni che emette, per la sua capacità di mutare continuamente forma pur restando sé stesso e per quella strana connessione che può capitare di avvertire, verrebbe davvero la tentazione di considerarlo un tutt’uno con le piante… Anche se così non è – purtroppo i corsi d’acqua non sono davvero vivi, pur ospitando e sostenendo la vita – c’è una loro caratteristica, condivisa con noi, che viene sempre più studiata: i corsi d’acqua respirano. Niente a che fare con polmoni o fotosintesi, ma è ormai assodato che i corsi d’acqua emettano anidride carbonica in maniera ciclica.

Lo studio

A livello globale, le acque interne emettono oltre 2 petagrammi di carbonio all’anno sotto forma di anidride carbonica, e la maggior parte di questi ha origine da torrenti e fiumi. 2 petagrammi significa 2 milioni di miliardi di grammi, una cifra piuttosto significativa, eppure si sa ancora poco sulla dinamica con cui avvengono queste emissioni. Lo studio, che è stato da poco pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment (https://www.nature.com/articles/s43247-021-00192-w) e al quale hanno partecipato anche i ricercatori delle Università di Torino e del Piemonte Orientale, presenta i dati raccolti da 34 torrenti distribuiti attraverso differenti zone climatiche in 11 diversi Paesi europei. Sono stati misurati i flussi di anidride carbonica durante il giorno e la notte, in quattro diversi periodi, ed è stato evidenziato come tutti i fiumi emettano anidride carbonica, anche se lo fanno seguendo un modello complesso in cui interagiscono fattori climatici, latitudinali, ambientali ed ecologici.

Lemissione è risultata mediamente maggiore durante la notte rispetto al giorno, i fiumi che scorrono in aree coltivate e antropizzate contribuiscono con più anidride carbonica rispetto a quelli che si trovano in bacini forestali. Ma ci sono variazioni legate anche alla latitudine, alla stagione, agli orari, alle caratteristiche ecologiche del sistema, alla turbolenza dellacqua…

I ruscelli di montagna

Ma non è tutto: proprio sul discorso della turbolenza, secondo uno studio pubblicato alla fine del 2019 su Nature Communications (https://www.nature.com/articles/s41467-019-12905-z), i ruscelli che scorrono lungo i versanti delle montagne emetterebbero più anidride carbonica rispetto a quelli che scendono più placidi a fondovalle, circondati dal sottobosco o da foreste tropicali. Inizialmente si pensava che accadesse il contrario: il carbonio proviene principalmente da piante, animali e microbi che si decompongono in acqua, o nel terreno circostante, quindi le ultime zone citate dovrebbero esserne molto più ricche rispetto alle altitudini elevate. Considerate le acque povere di carbonio e la scarsa superficie che occupano i torrenti di alta montagna sul totale del globo, non erano mai stati studiati a fondo e si riteneva che il loro contributo in termini di anidride carbonica fosse trascurabile. A causa della loro turbolenza, però, gli scambi gassosi tra acqua e aria sono più veloci: è un po’ come quando si agita una bottiglia di una bevanda gasata… Le acque turbolente rilasciano anidride carbonica dieci volte più in fretta di quelle calme.

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