News

Tra le vette norvegesi emerge un leggendario villaggio dei Vichinghi

I ghiacci della Norvegia, al pari del resto del mondo, stanno andando incontro a un progressivo scioglimento che non manca di regalare agli archeologi grandi sorprese. Nel 2011, un team di ricercatori della contea di Innlandet, impegnati nel progetto “Secrets of the Ice”, ha effettuato una scoperta sensazionale, che fornisce importanti informazioni sul popolo vichingo, e per certi versi ne modifica quella che è la visione generale che di essi tendiamo ad avere. Abitanti dei fiordi, grandi navigatori, siamo portati a immaginarli così i Vichinghi. Ebbene, la scoperta effettuata 10 anni fa ci racconta di grandi spostamenti effettuati dai guerrieri scandinavi, attraverso le montagne della Norvegia.

Il mistero del passo montano di Lendbreen

Tra gli anni Settanta e Ottanta, in corrispondenza del passo montano di Lendbreen, a 1900 metri sulla Lomseggen ridge nelle Jotunheim Mountains, a circa 300 Km NO da Oslo, hanno iniziato a emergere in conseguenza dello scioglimento dei ghiacci, vari reperti risalenti a differenti epoche storiche. Analizzando la tipologia dei ritrovamenti, in particolare lance, gli esperti hanno concluso che a partire dal I secolo d. C. fino almeno all’epoca dei Vichinghi, ovvero attorno all’anno Mille (in virtù del ritrovamento di una lancia vichinga), la zona fosse stata utilizzata come sito di caccia alle renne.

Nell’estate del 2011 i ricercatori sono tornati sul posto per svolgere ulteriori ricerche e si sono trovati di fronte a qualcosa di totalmente inatteso. In primo luogo reperti non legati alla caccia, come una tunica risalente al IV secolo d.C., il reperto d’abbigliamento più antico mai rinvenuto in Norvegia, probabilmente appartenuta a un uomo morto per ipotermia. Inoltre l’estate estremamente calda ha portato allo scioglimento del ghiaccio e neve accumulati all’interno di una depressione, sul fondo della quale sono stati rinvenuti oltre che manufatti, parecchio letame di cavallo.

“Qualcosa non torna”, devono aver pensato i ricercatori. E così, raccogliere i reperti e documentare con foto e riprese la scoperta, per cercare di trovare una risposta al mistero del passo di Lendbreen, è diventata una sfida in velocità, nel timore che nuova neve potesse cadere e coprire quel tesoro.

Non cacciatori, ma viaggiatori

Negli anni successivi, lo scioglimento ulteriore dei ghiacci ha portato all’emergere di nuovi reperti lungo il passo di montagna. Tra il 2011 e il 2019 il sito è stato ampliato divenendo una delle aree più estese di studi archeologici glaciali, pari a 250.000 metri quadri.

Dieci anni di ricerche hanno portato alla luce cose davvero interessanti: resti di abbigliamento, di scarpe equipaggiate di pelo per aumentare il grip sulla neve, pezzi di slitte, resti di cavalli e dei loro zoccoli, coltelli, bastoni da passeggio, uno spettacolare acciarino, un cane con tanto di collare, pile di pietre utilizzate per segnare il percorso, e addirittura un rifugio in pietra.

Gli esperti hanno così concluso, tirando le somme, che tra il 300 e il 1500 d.C., ovvero a partire dall’Età del Ferro romana (periodo della storia scandinavia del I secolo d. C.) fino alla fine del Medioevo, il passo di Lendbreen non fosse frequentato da cacciatori, quanto piuttosto da viaggiatori, che si spostavano tra le valli con slitte e cavalli.

Un passo “al contrario”

Dalla tradizione orale è noto che le popolazioni locali affrontassero la Lomseggen ridge attraverso tre passi, per andare/venire dalle proprie fattorie estive. Tre rotte abbandonate nel 19° secolo a seguito della realizzazione di strade più comode senza necessità di valicare passi di 2000 metri. Tra questi 3 passi non compare il Lendbreen. Eppure le pile di pietre ritrovate identificano perfettamente un antico percorso. Così come la presenza di un rifugio denota la necessità di riparo per qualcuno in cammino sul passo.

Interessante è notare che, secondo le ricostruzioni degli esperti, il passo venisse utilizzato nelle stagioni fredde, quando era ricoperto dunque di neve, scivolando sulle slitte o avanzando con i cavalli. Esattamente il contrario di quanto accadeva e accade su passi alpini e himalayani.

Una via dalle vette ai fiordi

Il passo di Lendbreen risulta essere stato utilizzato come tale a partire dal 300 d.C., con un picco attorno all’anno 1000 d.C. e un declino nel corso del Medioevo. Cerchiamo di capire perché.

Attorno al 300 d.C., stando a quanto raccontato dalle analisi dei pollini, l’area iniziò a subire un maggiore impatto umano, in concomitanza con un periodo di crescita delle attività economiche della regione. Il picco di utilizzo del passo corrisponde all’era vichinga (800 – 1050 d.C). Un periodo di intensi scambi commerciali. Non è ben chiara la ragione del declino successivo in epoca medievale, ma si sospetta che possa essere legato al diffondersi della peste in Norvegia, con conseguente calo dei commerci (oltre che della popolazione). Superata tale tragica fase storica, il passo di Lendbreen non serviva probabilmente più. Ma si tratta al momento di una ipotesi.

Ora arriviamo alla domanda clou: dove andavano questi viaggiatori del passato? Per fornire una risposta, il team di “Secret of the Ice” si è proprio messo in cammino, seguendo le pile di pietre, procedendo dal lato Sud del passo verso Ovest, fino a raggiungere le fattorie estive di Neto. Per la precisione le tracce del passaggio di uomini e animali li hanno condotti alle colline alle spalle delle fattorie.

Dunque le popolazioni locali utilizzavano il passo per raggiungere Neto? Da qui si poteva anche arrivare in realtà anche a Sognefjord, dove era possibile acquistare sale, grano, stoccafisso, vendere al contempo i prodotti dell’entroterra, come le renne. Il passo poteva quindi potenzialmente servire per la transumanza stagionale o per arrivare a commerciare sui fiordi.

La leggenda di Neto

Come mai però il percorso sembra arrivare alle colline di Neto e non all’area delle fattorie estive, realizzate più a valle a partire dal 1600 (in un periodo tra l’altro successivo a quello di massimo utilizzo del passo)? La risposta potrebbe giungere da una leggenda, secondo la quale, sui colli alle spalle delle fattorie estive di Neto, si ergesse un villaggio vichingo, poi scomparso.

Gli archeologi del “Secret of the Ice” non si sono lasciati sfuggire questa storia e nell’estate del 2020 sono andati alla ricerca, tra i cespugli di ginepro che hanno oggi invaso le colline, qualche traccia di antichi insediamenti. E sono stati fortunati. Tra i rovi hanno infatti scovato i resti di 21 potenziali case, a circa 1000 metri di quota, proprio lungo il Lendbreen trail. Sono stati ritrovati basamenti e resti di focolari con del carbone al centro delle strutture.

La datazione al radiocarbonio di alcuni campioni ha portato a concludere che le strutture risalgano al 750-1150 d.C. Perfetto. O quasi.

Quesiti insoluti

“Ci sono ancora più domande che risposte – conclude il team – . Riteniamo che le case del villaggio vichingo fossero connesse al traffico mercantile del passo di Lendbreen, visto che si trovano proprio lungo il percorso che vi conduce”. Ma ci si domanda come fossero utilizzate. Potrebbero aver funzionato da ripari notturni per i viaggiatori? O per altri scopi? Erano utilizzate solo nel periodo estivo come fattorie o vi si viveva tutto l’anno?

A fornire una risposta saranno nuove ricerche in programma per questa estate.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close