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Sentiero Italia CAI: il più lungo del mondo, nel Paese più bello del mondo

Ha appena iniziato a camminare!”. Così diciamo di quel bambino che ci trotterella davanti, e tutti sappiamo di conseguenza anche l’età: un anno, più o meno. Perché muoversi sulle proprie gambe è la prima abilità che si apprende, prima ancora del saper parlare. Camminare ci rende liberi e indipendenti. Ci fa uomini (e donne, naturalmente). Stare dritti sui nostri piedi e muovere i primi passi è un miracolo: siamo i mammiferi che si spostano su due zampe e non su quattro, cosa che ci rende forse non più efficienti, ma di certo unici al mondo.

Da circa un secolo abbiamo sostituito le zampe con quelle cose tonde di gomma che chiamiamo pneumatici, e ci accorgiamo oggi che non è stato poi quel grande progresso per la civiltà. Ma se Dio vuole, anche la modernità delle automobili sta mostrando le prime crepe, diventa sur-modernità. Per le nuove generazioni i motori privati saranno sempre meno status symbol, e sempre meno sostenibili (io, ad esempio, ho tre figli più che maggiorenni: nessuno con la patente). Rivalutiamo finalmente la mobilità pubblica e leggera. E rivalutiamo il miracolo primigenio dell’uomo: il cammino.

La copertina dello Speciale

Questo lungo giro di parole solo per dire che quando il CAI ha proposto, a noi di Meridiani Montagne, di produrre insieme un numero speciale sul Sentiero Italia, è stata una gioia. Una autentica gioia personale. Improvvisamente ho ripensato ai miei cammini, quelli intrapresi già in adolescenza: il sentiero delle Orobie, le alte vie valdostane, le Bocchette del Brenta e il Sentiero Roma, e tanti altri meravigliosi collegamenti tra cime e valli e rifugi, solo per il gusto di vedere cosa c’è dietro un passo, godere dei cambiamenti sulle fasce altimetriche, dalla linea delle nevi alle praterie, al bosco e all’asfalto, e ancora su verso le alte quote. Andare. Ho ripensato anche a quel sogno proibito che è annidato nel cuore di ogni vero camminatore: non fermarsi mai. Lasciare tutto alle spalle, puntare all’orizzonte sapendolo irraggiungibile, godere non solo delle quote ma delle stagioni, partire in estate e farsi sorprendere dall’autunno e dall’inverno. Pochi di noi hanno avuto l’occasione, e il coraggio, di farlo davvero. Li ho sempre invidiati.

Uno che ho invidiato (e intervistato) è Riccardo Carnovalini. Erano i primi anni Ottanta, il termine “trekking” si affacciava appena nella lingua italiana, e Riccardo stava per realizzare il sogno di tutti, partendo dall’alta via del Monti Liguri, punto di snodo tra le Alpi e gli Appennini. Con lui e, via via, i suoi compagni di viaggio (Teresio Valsesia, Furio Chiaretta, Gianfranco Corbellini, Roberto Mantovani e tanti altri) il sogno prendeva forma fisica, all’alta via ligure si collegava la GEA (Grande escursione appenninica) e sulle mappe iniziava a delinearsi il grande sentiero che avrebbe attraversato l’intero Stivale. È dunque a Riccardo che, giustamente, abbiamo chiesto di introdurre questo Speciale Sentiero Italia. Quello che segue è solo un assaggio del suo racconto appassionato.

Nel silenzio assoluto, tra praterie a perdita d’occhio, stupende faggete e rupi scoscese ci muovevamo cercando la via e improvvisando il percorso come potevano farlo due bizzarri esploratori poco più che ventenni, con enormi zaini blu carichi di provviste e cibi liofilizzati per autosufficienze alimentari di giorni. I sentieri segnati e i posti tappa erano un miraggio. L’eccezione alla routine naturale era il paese spopolato senza ricettività e con un solo negozio di alimentari, oppure il santuario sperduto, i carbonai al lavoro per trasformare legna in carbone vegetale, i pastori a guidare pecore e capre, gli operai forestali, soprattutto donne in abiti neri, a manutenere piste sterrate di collegamento fra il di qua e il di là dei crinali. Pensavo che un patrimonio così importante ereditato dal passato, culturale e naturale insieme, avrebbe avuto la forza per cambiare qualcosa di questo mondo povero, marginale, dimenticato. Perché la bellezza non è solo poesia, ma è economia. Punto di partenza potevano essere proprio quelle vene di vita che sono i sentieri. Si potevano copiare le esperienze già collaudate sulle Alpi e dai paesi d’Oltralpe, ispirandosi ai percorsi in grado di attrarre i turisti lenti europei, cioè i sentieri della Federazione Europea di Escursionismo con la lettera E davanti e il numero dietro, come autostrade della sostenibilità e della curiosità”.

A 40 anni di distanza dai primi passi di Carnovalini, e grazie all’intervento decisivo del CAI e al lavoro volontario dei suoi soci, oggi il Sentiero Italia CAI è una realtà conclusa: attraversa 20 regioni (anche Sicilia e Sardegna) per 7000 chilometri e oltre 500 tappe. È il sentiero più lungo del mondo, nel Paese più bello del mondo. Nello Speciale di Meridiani Montagne non poteva starci tutto (a questo penseranno le guide del CAI, in via di pubblicazione) ma solo una piccola antologia. Così abbiamo scelto (non senza dolorose rinunce) i dodici tratti più significativi e spettacolari del SICAI, dalle Giulie friulane al Supramonte sardo. Tra gli autori dei reportage, gli stessi che hanno contribuito a segnare il sentiero e alcuni dei pionieri degli esordi, come Stefano Ardito e Franco Michieli. Sfogliandolo, dopo averlo chiuso in redazione, mi è tornata una voglia prepotente di partire, a piedi, e non fermarmi mai. Credo che verrà anche a tutti voi.

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