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Sono nate prima le Ande o il cacao?

Se c’è un elemento per il quale, fin dalle scuole medie, sentiamo il dovere di ringraziare i Maya, è per certo l’invenzione del cioccolato. In realtà dovremmo essere grati in maniera più ampia alle civiltà precolombiane. Prima ancora dei Maya alle antiche popolazioni dei Mayo-Chinchipe in Ecuador e degli Olmechi in Messico, da considerarsi veri padri del cioccolato, e successivamente agli Aztechi, per aver compreso che le fave prodotte dall’albero del cacao potessero essere tostate e convertite con aggiunta di acqua in una bevanda paradisiaca. Sappiamo che i Maya chiamassero tale bevanda “kakawa”, gli Aztechi “cacahuatl”.

Il cibo degli dei

Un frutto così speciale quello del cacao, da essere ritenuto dai Maya cibo degli dei. Definizione che Linneo decise di mantenere nella scelta del nome scientifico della specie, che è per l’appunto Theobroma cacao (dal greco theos, “dio” e broma “cibo”). L’importanza di cacao e derivati per le civiltà precolombiane è testimoniata dal fatto che, sia per i Maya che per gli Aztechi, la cioccolata fosse un privilegio delle classi alte. Mentre le fave di cacao venivano utilizzate come merce di scambio nonché per pagare tributi e salari. Insomma come una vera e propria moneta!

Accanto al sapore celestiale, il cacao era considerato cibo degli dei perché non si trattava assolutamente di una materia prima immediatamente e facilmente reperibile. Bisognava andarlo a scovare nella foresta pluviale. I Maya riuscirono ad addomesticarlo per primi e coltivarlo, ma servivano comunque 5 o 6 anni di attesa prima di poterne raccogliere i frutti.

In termini storici le prime testimonianze archeologiche di cui disponiamo sulla lavorazione del cacao risalgono circa a 5300 anni fa. Si tratta di tracce di cacao pestato rilevate all’interno di vasellame utilizzato dai Mayo-Chinchipe in Ecuador. Possiamo quindi definire (fino a prova contraria) quando sia iniziata la storia del cioccolato. Ma quando ha inizio invece la storia del cacao? 

Una storia millenaria

Trovare risposta al quesito sopra esposto non è facile. Neanche per gli scienziati, per essere precisi. Gli studi filogenetici e molecolari, con conseguenti revisioni della classificazione della specie Theobroma cacao, si susseguono da decenni. Si tratta di una storia lunga millenni, che si intreccia con quella delle Ande.

Una analisi dettagliata del “problema” si ritrova in un articolo scientifico dal titolo emblematico di “The age of chocolate: a diversification history of Theobroma and Malvaceae”, pubblicato nel 2015 sulla rivista Frontiers in Ecology and Evolution.

Lo studio internazionale ha visto collaborare le Universidad del Rosario e de Los Andes di Bogotá (Colombia), la Tropical Diversity Section del Royal Botanic Garden di Edinburgo (UK), la University of Miami (USA) e lo United States Department of Agriculture—ARS—SHRS.

Il ruolo delle Ande nella storia del cacao

Prima di concentrarci sulle ricerche volte a definire la “data la nascita” del cacao, tocca fare alcune doverose premesse. Il cacao che siamo abituati a mangiare deriva, come detto in precedenza, dalle fave dell’albero Theobroma cacao. Un sempreverde che raggiunge in media i 6 metri di altezza, che si è espanso in maniera spontanea lungo il bacino amazzonico fino al Sud del Messico, crescendo all’ombra degli alberi più elevati della foresta pluviale. Ed è oggi ampiamente coltivato in tutte le zone tropicali umide del Mondo. Il 70% della produzione mondiale non si concentra nel continente nativo, l’America, ma lungo la costa Ovest dell’Africa.

Al genere Theobroma appartengono una ventina di specie distribuite nella regione neotropicale dell’America, termine con cui si indica l’area tropicale riferita al solo continente americano, dal Messico sin verso i 40° di latitudine meridionale, per differenziarla dalle regioni paleotropicali, ovvero le aree tropicali di Africa e Asia.

Studi filogenetici hanno evidenziato che il Theobroma sia parente stretto di un altro genere: Herrania Goudot. Tra le specie afferenti a quest’ultimo troviamo dei cugini del cacao, come la Herrania Imbricata, Herrania Purpurea (nota come Monkey cacao) o Herrania Mariae (detta anche Mountain cacao), che a un primo sguardo sembrano davvero alberi del cacao. Producono infatti fave contenenti semi edibili, il cui sapore ricorda quello del cacao che ben conosciamo. A livello industriale non vengono utilizzate, ma possiamo assicurarvi che gli indigeni le usino per produrre la cioccolata. I due generi appartengono filogeneticamente alla medesima grande famiglia: le Malvaceae. La regione in cui si concentra il maggior numero di specie afferenti ai due generi corrisponde alla Colombia. Una biodiversità decisamente interessante, che non trova paragone nell’area tropicale di Asia e Africa.

Secondo gli esperti, a giocare un ruolo chiave nel favorire la nascita di così numerose specie in quella precisa area sono state le Ande. “L’innalzamento delle Ande e la formazione dell’istmo di Panama rappresentano due eventi geologici che potrebbero aver avuto un forte impatto sui pattern di diversificazione delle piante neotropicali”, si legge nel paper. “Questi eventi potrebbero aver prodotto delle barriere limitanti l’espansione delle popolazioni adattate alle foreste tropicali, e potrebbero anche aver modificato la composizione dei substrati e i sistemi fluviali nelle aree di pianura, facilitando così la diversificazione delle specie”. 

In Colombia le Ande si suddividono in Cordigliera orientale, centrale e occidentale. Queste ultime due, non raggiungendo la costa Nord del Sud America, non hanno rappresentato nel loro accrescimento una barriera per l’espansione delle specie di pianura. L’innalzamento della orientale deve invece essersi rivelato cruciale in tal senso. Un concetto complicato che cercheremo di descrivere al meglio nei prossimi paragrafi.

L’orogenesi delle Ande

La Cordigliera delle Ande si estende per 5000 km lungo la costa occidentale del Sud America. La sua orogenesi inizia circa 180 milioni di anni fa, con il movimento della Placca di Nazca sotto quella Continentale. Sono state diverse le fasi di crescita e quelle che potremmo definire di relativa quiete tettonica nel corso dei millenni. L’ultima fase di crescita, che ha portato al raggiungimento delle quote odierne, vede il suo inizio attorno a 25 milioni di anni fa. Le fasi di innalzamento della catena nel corso della storia del nostro Pianeta mostrano tra l’altro ampie variazioni da Nord a Sud, come da Est a Ovest.

La Cordigliera orientale, su cui si sono concentrati i ricercatori per i motivi sopra descritti, aveva raggiunto tra Miocene medio e inizio Pliocene (tra 13 e 5 milioni di anni fa) quote pari al 40% delle attuali. L’innalzamento subì una intensa accelerazione nel Tardo Miocene, portando a raggiungere altitudini paragonabili a quelle odierne attorno a 2,7 milioni di anni fa.

Si tratta di un processo lento nel tempo, quindi non è facile definire una data a partire dalla quale le catena montuosa sia divenuta effettivamente una barriera per le specie vegetali di pianura. “Tutto dipende dalla capacità di adattamento e di dispersione degli individui della specie”, spiegano i ricercatori. Secondo un ulteriore studio, “Uplift and exhumation of the Eastern Cordillera of Colombia and its interactions with climate”, a cura della University of Texas di Austin, è plausibile ritenere che la catena abbia assunto il ruolo di barriera nella fase di tardo Miocene – inizio Pliocene. Quando iniziò ad accelerare il suo accrescimento raggiungendo quote odierne.

Arriviamo al cacao…

Secondo gli studi molecolari e filogenetici, il genere Theobroma andò incontro a un processo di intensa diversificazione a partire da 11 milioni di anni fa circa, in concomitanza con l’avvio dell’ultima fase di innalzamento della Cordigliera orientale. La specie Theobroma cacao sembrerebbe aver iniziato a divergere dal più recente ancestore comune attorno ai 9 milioni di anni fa.

Mentre le Ande colombiane si innalzano e iniziano a modificare il paesaggio (ricordiamo sempre che si tratti di milioni di anni di processo), andando a modificare i sistemi fluviali e i substrati, evolvono quindi alla base della catena decine di specie di Theobroma (stesso discorso vale anche per il genere Herrania).

Prima ancora di diventare una barriera nella dispersione di una specie tra Est e Ovest, le Ande divennero infatti causa di isolamento alle basse quote. Le alterazioni del paesaggio sopra menzionate contribuirono a generare ostacoli geografici tali da separare tra loro popolazioni afferenti a una medesima specie, impedendo un ulteriore flusso genico tra gli individui e gettando così le basi per una speciazione allopatrica.

Tutte le specie di Theobroma e Herrania distribuite attorno alle Ande non si espandono oltre le quote collinari. La ragione va ricercata, come spiegano i genetisti, in un conservatorismo filogenetico di nicchia (PNC), ovvero la tendenza a conservare particolari tratti ecofisiologici nel corso dell’evoluzione.

Tornando al caso specifico del cacao, la specie inizia a diversificarsi quando la Cordigliera presenta meno della metà dell’altezza odierna. Infatti la ritroviamo su ambedue i versanti. La quota raggiunta dalla catena non rappresentava infatti ancora una barriera per la diffusione della specie. Nei millenni successivi, una volta aggiunto anche l’effetto barriera geografica della catena montuosa, la specie si è differenziata dando origine a molteplici varietà sui due versanti. Alcune varietà sono poi divenute centrali per l’economia moderna del cioccolato.

I semi “alpinisti”

Per chi sperasse di trovare cenni di alpinismo in questo articolo, abbiamo una buona notizia. Ci sono alcune specie, come T. gileriH. cuatrecasasana che, da ricostruzioni filogenetiche, risultano essersi affermate dopo il “termine” dell’accrescimento della Cordigliera, ovvero il raggiungimento delle quote odierne. Eppure compaiono su entrambi i versanti, esattamente come il cacao. In tal caso l’ipotesi è che in qualche modo i semi delle specie ancestrali siano riusciti a valicare la catena, per scendere sul versante opposto e trovare le condizioni idonee a germinare e poi andare incontro a evoluzione.

Il “come” è ancora oggetto di studio. Purtroppo i meccanismi di dispersione sono ancora poco noti per entrambi i generi. Potrebbero essere stati grandi vertebrati, anche potenzialmente megafauna oggi estinta, a trasportare i semi, così come non si può escludere il ruolo degli ominidi.

Wild is better

I 9 milioni di anni di vita del cacao hanno portato la specie a espandersi in termini geografici (non è da dimenticare in tal contesto il ruolo svolto dagli umani, che hanno iniziato fin dall’epoca Maya a coltivare l’albero del cacao) e acquisire una ampia variabilità intraspecifica. Il grado di variabilità, che è oggetto di ampio studio da parte dei genetisti, rappresenta una informazione importante anche per l’industria del cioccolato.

Il motivo è facilmente intuibile: nelle piantagioni, come accade per ogni altra specie vegetale destinata a scopi alimentari, si tende a selezionare soltanto alcune cosiddette cultivar, varietà della medesima specie. Il che equivale a una selezione di una piccola percentuale di variabilità genetica.

“Le varietà selvatiche meno utilizzate – concludono i ricercatori – potrebbero essere introdotte nel campo della coltivazione del cacao così da disporre di una maggiore diversità genetica che potrebbe proteggere la specie da rischi (malattie, cambiamenti climatici) e al contempo fornire all’industria del cioccolato un ampio range di sapori”. Un consiglio importante per favorire incroci che possano aiutare la specie a contrastare gli effetti del surriscaldamento globale, che ne sta ponendo a serio rischio la sopravvivenza.

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