Sci alpinismo

Manager al 100%, atleta per passione. Una chiacchierata con Benedikt Böhm

Tedesco, classe 1977, velocità e resistenza fisica sono le caratteristiche che lo contraddistinguono sportivamente. Alpinista e sciatore estremo si è portato più volte sopra gli ottomila metri in velocità per poi agganciare gli sci e scendere rapido verso il campo base. La velocità viene naturale a Benedikt Böhm, è il suo modo di vivere la montagna. Da scialpinista ha partecipato a molte gare estreme come l’Adamello Ski Raid, la Patrouille des Glaciers, la Pierra Menta, il Tour du Rutor e il famosissimo Mezzalama.

A fianco di questa intensa attività atletica dal 2003 Böhm è general manager di Dynafit, “la mia principale attività” sottolinea. “Anche quando sono in giro per il mondo mi sento manager al 100%. Ho delle responsabilità importanti. Da me dipende l’azienda, il lavoro dei collaboratori, la soddisfazione del cliente. Fare l’atleta è una passione che viene dopo gli impegni lavorativi”. Andiamo allora a conoscere meglio il Benedikt Böhm businessman.

Benedikt, quanto tempo passi in ufficio e quanto all’aria aperta?

“Questo è un periodo molto denso che non mi permette di programmare le ore di lavoro durante la giornata. Cerco comunque sempre di ritagliarmi il tempo per fare 5 o 10mila metri di dislivello durante la settimana.”

Passiamo alle domande serie. Quanto pensi sia importante la tua esperienza di atleta all’interno di un’azienda come Dynafit?

“Credo sia molto importante perché stiamo parlando di un’azienda che si rivolge a persone appassionate di outdoor, a praticanti che si pongono degli obiettivi. Un atleta può offrire il proprio know-how in termini di qualità del prodotto, di comfort. Può suggerire modifiche o nuove idee per rendere le attrezzature sempre più pratiche e specifiche per gli utilizzatori. Una presenza importante.” 

Dynafit è sinonimo di scialpinismo, un’attività che oggi raccoglie sempre più appassionati. In Italia con la pandemia da Coronavirus e la chiusura degli impianti stiamo assistendo a una grande crescita di questo settore. È un fenomeno isolato o sta accadendo anche nel resto del mondo?

“Innanzitutto confermo che la crescita a cui avete assistito in Italia in seguito alla pandemia si conferma anche in molti altri Paesi. Ci sono tanti nuovi appassionati dalle Alpi al Nord America, dal Giappone alla Norvegia. Molta gente si sta avvicinando alle discipline outdoor, soprattutto allo ski touring.

Ci sono molte riflessioni da fare a riguardo. Sicuramente è grandioso che la gente si muova in ambiente piuttosto che passare il proprio tempo libero davanti al pc. Si potrebbe poi temere per la sicurezza dei nuovi praticanti, ma sono anche cosciente che il livello di sicurezza negli sport invernali è cresciuto moltissimo negli ultimi anni. Le persone oggi sono molto responsabili e non amano rischiare inutilmente. Per questo molti frequentano corsi e si formano prima di muoversi in autonomia. Il vero problema legato a questa crescita di appassionati sta nella mancanza di infrastrutture.”

Cosa intendi?

“Ogni Paese ha stazioni sciistiche che vietano lo ski touring e non riesco a comprenderne la ragione. Non capisco perché non ci si renda conto che è ora di cambiare il business model. Sulle Alpi esistono begli esempi di consorzi che stanno cercando di integrare lo ski touring con il mondo dello sci alpino. Penso che debba diventare parte integrante delle stazioni sciistiche.”

Da cosa nasce questo tuo pensiero?

“Molti novizi si avvicinano alla disciplina per muoversi, come esercizio di allenamento. Non vogliono andare a cercare percorsi scialpinistici, preferiscono muoversi in aree sicure magari sfruttando le ore serali, dopo il lavoro. Secondo i nostri studi il sessanta percento delle persone che si sta avvicinando allo scialpinismo va sulle piste. Bisognerebbe far comprendere ai gestori delle stazioni che questi nuovi frequentatori potrebbero portare guadagno se gli venisse offerto un servizio.”

Ci stai quindi dicendo che creare un business attorno allo scialpinismo rappresenta il futuro del turismo invernale?

“Esattamente, il modello di vacanza è cambiato. Un tempo si faceva la settimana bianca improntata sullo sci. Oggi il primo giorno vai a fare ski touring, il giorno dopo sci alpino. Il terzo vai a camminare. La persone amano la varietà, non vogliono più passare un’intera settimana sulle piste. Penso che nei prossimi 4 o 5 anni le stazioni sciistiche seguiranno questo nuovo modello turistico come fosse una naturale evoluzione dell’attuale.”

Continuiamo a parlare di crescita. Negli Stati Uniti Dynafit ha visto un incremento notevole nelle vendite, un cambio di tendenza anche oltreoceano?

“Negli Stati Uniti come in Europa. Quanto accaduto oltreoceano è stato oltremodo sorprendente perché la cultura dello skialp in Europa è molto differente da quella nord americana. Noi abbiamo l’idea della salita fino in vetta, del movimento. Loro parcheggiano più in alto che possono, salgono quel che basta, scendono e magari si fanno dare un passaggio per risalire (ride). Invece ora assistiamo a una espansione del modello europeo. Credo si possa definire come un’esplosione del modello europeo negli USA.”

Per i nuovi appassionati non è certo facile scegliere l’attrezzatura migliore…

“Per nulla! Ti ritrovi davanti a una distesa di assi chiedendoti quale potrebbe essere quella più adatta alle tue esigenze, che attacchi montare, quali pelli scegliere. La mia più grande ambizione è cercare di rendere questa già difficile attività meno complessa per chi è alle prime armi. Ecco allora che abbiamo proposto al mercato degli sci con attacchi premontati e completi di pelli. Devi solo prenderli e partire per la tua gita. Il successo è stato enorme.”

Molti nuovi appassionati, ma rimarranno anche dopo un ritorno alla normalità?

“Credo che si tratti di un grande trend che non si fermerà con la pandemia. Oggigiorno abbiamo centinaia di prodotti, ma quello che interessa le persone è l’esperienza che possono vivere. Hanno capito che l’attività outdoor è fonte di benessere per corpo e mente, quindi è inevitabile continuare a coltivare la passione anche dopo il ritorno alla normalità.”

A proposito di esperienza. Pensi che le persone vadano educate all’outdoor?

“Di sicuro lo scialpinismo non è una disciplina facile e nemmeno si può imparare da soli e in modo immediato. Sicuramente è importante fare un primo approccio insieme a un amico esperto o una guida che sappiano accompagnare il novizio insegnandogli i fondamentali.

Per altre discipline, come il trail running, è più facile perché non esiste nulla di più naturale delle corsa. Basta avere il giusto paio di scarpe.”

Cosa significa outdoor per voi?

“Realizzare il sistema più efficiente per gli atleti, anche amatoriali, che si pongono degli obiettivi. Non serve essere dei super esperti, ma avere un obiettivo e voler faticare per raggiungerlo: una corsa da tre chilometri o una da cento, per fare un esempio. Noi siamo al loro fianco, al fianco di tutti quelli che hanno quella che chiamiamo ‘mountopia’, la propria utopia montana da raggiungere.”

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2 Commenti

  1. Economia di montagna in inverno non solo basata sullo sci da discesa.
    Espressa da uno che ci lavora e deve trovare lavoro per se e per la propria azienda di livello internazionale.
    Interessante, magari i nostri gestori del turismo invernale già ci stanno ragionando.

  2. l’azienda cura il businness ,le autorita’ di vari paesi cercano di regolamentare in quanto l’organizzazione di soccorsi e recuperi e cure non la compie l’azienda che ha tutto l’interesse a far espandere…dato che non si cura degli eventuali incidenti che capitano alla vasta platea di neopraticanti non addestratisi.Non sempre si realizza e si ottiene automatcamente l benessere psicofisico nella realta’, nel marketing bisogna farlo credere.

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