Itinerari

5 itinerari per riscoprire le montagne della Lombardia

Dieci milioni di abitanti, 88 mila soci del CAI, una scelta di vette che va dai cocuzzoli dell’Oltrepò Pavese al Piz Badile, e dalla Grignetta fino al Gran Zebrù e al Cevedale. La Lombardia, da oltre un secolo, è il cuore pulsante dell’escursionismo e dell’alpinismo italiano. Abbiamo quindi chiesto a dei conoscitori delle montagne lombarde di suggerire ai nostri lettori degli itinerari interessanti e poco noti.

 

Per gli itinerari ad alta quota, su terreno innevato, è necessario informarsi sul meteo e sulle condizioni della neve, e ricordarsi che la montagna d’inverno è più severa che in estate. Oltre a un abbigliamento adeguato, e all’attrezzatura corretta (ciaspole e bastoncini, o materiale da scialpinismo, se serve con piccozza e ramponi), serve la pila frontale. Per le soste, o in caso di emergenze, è utile un materassino in materiale espanso. “I furbacchioni che d’inverno vanno in giro con uno zainetto minimale rischiano” spiega Giampietro Verza, la guida alpina lombarda che lavora da anni alla Piramide, il laboratorio ai piedi dell’Everest. Un altro elemento a cui si deve fare attenzione è l’apertura delle strade e dei punti di appoggio. Quando la Lombardia era zona rossa, i rifugi e le altre strutture erano chiusi. Ora, per le feste di Natale e Capodanno, molti hanno iniziato ad aprire. Prima di partire, però, è bene verificare la situazione.   

I Piani di Artavaggio, che si raggiungono in funivia da Moggio, sono una delle mete più belle del Lecchese” spiega Valentina D’Angella, giornalista specializzata in montagna. La passeggiata dall’arrivo dell’impianto verso i rifugi Nicola e Cazzaniga-Merlini è breve e piacevole, ed è adatta anche a famiglie con bambini. L’eventuale prosecuzione verso il Monte Sodadura utilizza una cresta aerea, e dev’essere fatta con i ramponi” conclude D’Angella. 

Suggerisco una gita sul versante settentrionale delle Orobie. La Val Gerola si raggiunge comodamente anche da Milano, ed è spesso ben innevata” spiega il fotografo, giornalista e scialpinista Umberto Isman. “A Pescegallo, alla testata della valle, c’è una stazione sciistica. Gli impianti sono chiusi, ma dovrebbe aprire il rifugio Salmurano, che è un punto di riferimento per gli scialpinisti”. Il Monte Salmurano, o Munt de Sora, è una meta piacevole, da cui lo sguardo spazia a nord verso il Badile e le vette vicine. L’itinerario è facile, divertente e permette numerose varianti. I ramponi possono servire se la cresta finale è ghiacciata, ma ci si può anche fermare al colle. In buone condizioni si sale anche con le ciaspole”. 

Cesare Re, fotografo e autore di guide che vive accanto al Ticino, suggerisce una ciaspolata in Val Malenco, ai piedi del Disgrazia e del Bernina. “E’ una zona che amo, e che conosco bene. Suggerisco di partire dal rifugio Zoia, in vista del lago di Campo Moro, e di salire al Passo di Campagneda. Andaterci in una bella giornata, perché i panorami sono grandiosi” spiega. “Chi cerca un itinerario breve, dal rifugio Ca’ Runcash, può raggiungere l’Alpe Prabello e il rifugio Cristina. Entrambi i percorsi si svolgono in un’ampia conca, dove il pericolo di slavine è quasi assente. La strada che sale al rifugio Zoia viene normalmente pulita dalla neve. Se l’ultimo tratto è difficile, si può posteggiare e incamminarsi più in basso”. 

La guida alpina Gian Pietro Verza consiglia il Parco Nazionale dello Stelvio. “Santa Caterina Valfurva, di solito è piena di sciatori di pista. Quest’anno, spero per l’unica volta, si può scoprire il comprensorio in condizioni molto più tranquille”. Consiglio di salire con le ciaspole in Val di Gavia, per un sentiero che richiede attenzione all’orientamento. Poi si sale all’Alpe di Tresero, al Pian delle Marmotte e, se la neve lo permette, a una croce a quota 2600 metri” prosegue Giampietro. Il pericolo di slavine di solito non esiste, il panorama è magnifico, e dalla croce si allarga ancora. Gli ultimi metri sono ripidi, ma si può rinunciare prima. Si può partire tardi, godersi il tramonto, e scendere con la pila frontale”. 

Franco Michieli, che vive in Val Camonica, suggerisce la Corna Trentapassi, una cima di 1248 metri che domina il Lago d’Iseo. “E’ una montagna ripida, che si può salire da Toline o da Vello. Il percorso più bello è la traversata da nord a sud, con rientro alla base in treno o per una ciclabile di 6 chilometri”. D’inverno conviene salire e scendere dal versante di Vello, esposto a sud, utilizzando due itinerari diversi per salita e discesa. Ci sono dei passaggi su elementari roccette, dal lato di Tolino c’è anche qualche tratto attrezzato. Dalla vetta il Lago d’Iseo sembra un fiordo. Sembra che la Corna sia servita a Leonardo per disegnare lo sfondo della Gioconda”. 

Dai Piani di Artavaggio ai rifugi Nicola e Cazzaniga-Merlini

(ciaspole, 240 metri di dislivello, 2.15 ore a/r, T)

Da Moggio si sale in funivia ai Piani di Artavaggio (1640 metri). Si traversa il campo-scuola, si toccano il rifugio Castelli e una chiesetta, e si continua in salita, per una stradina battuta o direttamente sul pendio. Un percorso panoramico e senza difficoltàporta al rifugio Nicola (1876 metri) e poi al rifugio Cazzaniga-Merlini (1889 metri). Ritorno per la stessa via. 

Da Pescegallo al Monte Salmurano (o Munt de Sura)

(scialpinismo, 850 metri di dislivello, MSA)

Da Gerola Alta si sale alla base degli impianti di Pescegallo (1456 m). Si imbocca una stradina in salita, si piega a destra per una vecchia pista, si tocca la Casera di Pescegallo (1595 m) e si sale alla Casera Pescegallo Lago (1778 m). Si sale a un dosso, si oltrepassano dei massi e si costeggiano i pendii del Monte Valletto. Un ripido pendio porta alla cresta e alla cima (2269 metri). Sono possibili diverse varianti, in salita e in discesa, in particolare per un ripido canalone.

Dal rifugio Zoia al Passo di Campagneda o al rifugio Cristina

(ciaspole, da 270 a 590 metri di dislivello, da 2.30 a 4 ore, E)

Da Chiesa Valmalenco si sale al posteggio del rifugio Zoia (2021 metri). Se l’ultimo tratto della strada è in cattive condizioni ci si incammina prima della galleria. Il sentiero sale, poi continua in piano, con magnifica vista sul Disgrazia, fino all’Alpe Campagneda e al rifugio Ca’ Runcash (2170 metri), ai piedi del Pizzo Scalino. Da qui si sale al Passo di Campagneda (2610 metri), o si continua comodamente verso l’Alpe Prabello e il rifugio Cristina (2287 m). Si torna per lo stesso itinerario.  

Da Santa Caterina Valfurva all’Alpe di Tresero e alla quota 2600

(ciaspole, da 600 a 850 metri di dislivello, ore, E)

Da Santa Caterina (1720 metri) si traversa la piana, poi si sale nella foresta della Val di Gavia, su un sentiero non sempre evidente, fino al Ponte delle Vacche (2040 metri). Una stradina conduce all’Alpe di Tresero (2266 metri) e al Pian delle Marmotte, belvedere sulle valli di Gavia e dei Forni. Si può continuare su terreno aperto fino a una croce (2600 metri). Il percorso è più breve se si raggiunge il Ponte delle Vacche da un tornante (2024 metri) della strada del Gavia

Da Vello alla Corna Trentapassi

(escursionismo, 1240 metri di dislivello, 5.30 ore a/r, EE)

Da Vello (200 metri) si segue un viottolo (segnavia 263), si tocca la chiesetta della Madonnina, e si risale il dosso di Crecole, superando delle facilissime rocce. Con bel panorama sul Lago d’Iseo di raggiunge la Corna Trentapassi (1248 metri), da cui appaiono la Presolana e l’Adamello. La discesa (segnavia 205 e 265) tocca il Forcellino del Zuf (1055 metri), ed è più facile della salita.

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Un commento

  1. Passi lenti..ricerca del facile ..meglio non divulgare troppo alrtimenti ..il singolo o gruppettino di amici parte nel week end ed invece delle distese selvagge e solitarie di neve incontaminata, si ritrova con folla formata da sommatoria di altri singoli o di gruppetti , che hannoavuto la stessa originale brillante iniziativa,formati con buone letture di “Into the wild”, Mujr, Thoreau…Corona, Mercalli ecc.che verranno puntualmente deluse.
    Magari si mescolano con grupponi caciaroni che parlano a voce alta allo smartphone e applicano un marker giallognolo e di lattine vuote e mascherine azzurre dall’elastico poco resitente a evidenziare i percorsi.

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