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Il mistero dei Kong, i monti africani apparsi e scomparsi nel nulla

Le montagne sono uno scrigno di misteri. Attorno ad esse sono nate leggende, che narrano di divinità, di animali e piante straordinari, di popoli scomparsi e tanto altro ancora. Esiste però una catena montuosa che rappresenta essa stessa un mistero. Tanto che utilizzare il verbo “esiste” non risulta la scelta più idonea. Si tratta dei monti africani del Kong, comparsi su alcune mappe per un secolo e poi scomparsi nel nulla. Un mistero cartografico che inevitabilmente fa sorgere un quesito: i Kong sono mai esistiti?

L’improvvisa apparizione sulle mappe

Dei monti Kong non si trova traccia sulle mappe del continente africano fino al termine del 1700. Poi ecco che sul finire del XVIII secolo improvvisamente la imponente catena montuosa appare sulle mappe cartografiche e vi permane per decenni. Nel corso dell’Ottocento i Kong scompaiono nuovamente.

Una catena montuosa mica da poco tra l’altro! Immensa, insormontabile, estesa per migliaia di chilometri dalla Sierra Leone fino alla Nigeria. Ma la verità è che l’Himalaya d’Africa non sia mai esistita. Si trattò di una menzogna trasmessa nel tempo. L’effetto cartografico di un telefono senza fili.

il “miraggio” di Mungo Park

Il “padre” della catena dei Kong si chiamava Mungo Park, un esploratore scozzese che effettuò un viaggio nell’entroterra dell’attuale Senegal sul finire del 1700, alla ricerca delle sorgenti del Niger, fiume che all’epoca rappresentava un mistero. Tornato in patria scrisse un racconto del suo viaggio, aggiungendo una appendice cartografica ad opera di James Rennel, stimatissimo cartografo inglese, fondatore della Royal Geographical Society. Insomma, un personaggio di cui potersi fidare.

Nelle mappe di Rennel compariva un grande massiccio montuoso esteso lungo il 10° parallelo, ribattezzato Kong, dalla capitale dell’impero che all’epoca si estendeva sui territori dell’attuale Costa d’Avorio. Park aveva raccontato a Rennel di aver visto, forse, un paio di vette. Secondo la ricostruzione della vicenda ad opera di ricercatori dell’Università di Illinois, l’esploratore potrebbe essersi trovato di fronte a una sorta di miraggio. Non è da escludere che avesse semplicemente visto delle nubi a forma di montagna. Non è neanche da escludere che avesse chiesto ad altri viaggiatori conferma di tale visione, ricevendo da questi risposte positive.

A tal proposito Thomas Bassett, professore emerito di geografia presso l’Università di Illinois, ha dichiarato di recente alla BBC di essere profondamente convinto che la introduzione in mappa della catena montuosa sia da imputarsi a Rennel. Mungo è possibile che, nonostante le conferme dei viandanti, fosse ancora in dubbio sul suo misterioso avvistamento.

L’ipotesi di Rennel

Perché mai un esperto cartografo avrebbe pensato bene di introdurre una fantomatica catena montuosa in una mappa, a rischio di rovinarsi la reputazione? Rennel era ben convinto del racconto di Park, che sembrava fornire una risposta a un dubbio annoso dei geografi dell’epoca, in merito al percorso del fiume Niger.

Come si legge nell’articolo “Mapping the Niger, 1798-1832: Trust, Testimony and ‘Ocular Demonstration’ in the Late Enlightenment” (Imago Mundi), a firma di Charles W. J. Withers, professore di storia geografica all’Università di Edimburgo, “a fine Settecento il corso del fiume Niger rappresentava un problema geografico da ormai 2000 anni. Sebbene gli scrittori classici, i geografi arabi e le autorità francesi avessero prodotto delle mappe del fiume, la sua effettiva direzione di scorrimento non era stata ancora confermata da osservazioni dirette. Fino al 1796, quando l’esploratore Mungo Park riuscì nell’impresa. Ma Park fu così in grado solo di risolvere parte del problema, e morì nel 1805 nel tentativo di risolvere l’altra metà: dove finisce il fiume?“.

Torniamo allora a Rennel. La sua teoria sosteneva che il Niger scorresse verso Est nell’entroterra, evaporando in una specie di delta interno. Insomma, senza sbocco nell’Atlantico. I monti Kong calzavano alla perfezione in tale ipotesi, presentandosi come barriera per l’avanzamento del fiume verso il Golfo del Benin. Dove in realtà si trova il delta ramificato del Niger.

Essendo il cartografo inglese un nome noto, i Kong furono presi per certi e riprodotti sulle mappe a venire. Secondo la regola del telefono senza fili, le distorsioni nella trasmissione dell’informazione aumentarono esponenzialmente. Le montagne misteriose, che nessuno aveva mai visto, diventarono sempre più alte, sempre più estese. Addirittura su alcune mappe dell’Ottocento la catena si estende come un muro da Ovest a Est, lungo tutto il continente africano. Non mancarono i racconti leggendari in cui venivano descritte come miniere d’oro. Divennero insomma l’Eldorado d’Africa.

Poi arriva Binger

Nel 1889 il militare ed esploratore francese Louis-Gustave Binger intraprese un viaggio dal Senegal al fiume Niger per poi proseguire fino al Golfo di Guinea, dichiarando di non aver incontrato i monti Kong. Binger raccontò il suo viaggio nell’opera ”Du Niger au golfe de Guinée par le pays de Kong et le Mossi” che decretò la scomparsa dei Kong dalle mappe cartografiche.

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