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Dossier Dolomiti Unesco, lo sguardo critico di Mountain Wilderness sui Monti Pallidi

A inizio settembre la Fondazione Dolomiti UNESCO e Mountain Wilderness, insieme a un parterre autorevole di organizzazioni ambientaliste tra le quali il WWF e Legambiente, si sono incontrate a Belluno per un confronto. Le associazioni hanno consegnato il “Dossier Dolomiti Unesco” alla Fondazione, la quale al termine dell’incontro ha emesso un comunicato di soddisfazione e condivisione delle idee e delle preoccupazioni. Mountain Wilderness dal canto suo ha pubblicato sul suo sito un articolo di tutt’altro tenore: “Si è trattato di un incontro intenso e lungo, circa un’ora e mezza. A differenza di quanto dichiarato in un suo comunicato dalla Fondazione, riteniamo non siano emerse situazioni utili che possano portarci a modificare il nostro percorso critico. Abbiamo ribadito quanto scritto nel dossier del dicembre scorso e inviato presso UNESCO a Parigi, aggiornando i contenuti con purtroppo ulteriori negatività, accadute in Dolomiti dalla primavera a tutta l’ormai quasi conclusa estate 2020 (traffico insostenibile, inopportune iniziative turistiche in quota, inosservanza di ogni contenuto della strategia di gestione Dolomiti 2040)”

Si può essere più o meno d’accordo con l’ambientalismo ideologico e talvolta talebano, ma la lettura del dossier per chi ama i Monti Pallidi e il loro splendore naturale è fortemente consigliata per farsi un’idea.

Il Dossier Dolomiti

All’interno del testo non mancano le perle come quella dei balconi panoramici realizzati dalla Fondazione in base a logiche e criteri che con il buon senso e il buon gusto poco hanno a che fare. Ci sono anche richiami a temi antichi che dovrebbero entrare nell’agenda degli amministratori dolomitici con urgenza, come lo smantellamento dei relitti degli impianti di risalita in disuso; la vecchia questione delle auto alle Tre Cime di Lavaredo, anacronistica realtà senza più logica economica; l’idea della torre panoramica in vetro nei pressi del rifugio Coronelle Latemar-Catinaccio lascia veramente il “tempo che trova”. C’è poi il tema dello sviluppo turistico soprattutto invernale con impianti e sbancamenti un po’ dovunque (alcuni probabilmente potrebbero avere un qualche senso dentro progetti di sviluppo socioeconomico sostenibile, ma altri più che dell’interesse generale appaiono come espressione di interessi di gruppi economici che considerano tutti noi dei consumatori e basta).

È un elenco di casi e situazioni precisi, specifici, ai quali la Fondazione Unesco dovrebbe dare risposte vere, quelle che ci si attenderebbe da un guardiamo della cultura ma anche della natura, che essendo bellezza al mille per cento della cultura è la sublimazione massima.

Pur risultando buffa, senza irriverenza, la divergente valutazione riguardo il risultato dell’incontro tra associazioni ambientaliste e Fondazione Dolomiti, rimane il fatto che le osservazioni e le situazioni che Mountain Wilderness prende in esame sono qualcosa di reale e concreto che sollecita la nostra coscienza critica.

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4 Commenti

  1. Sembra di leggere il risultato di un costruttivo incontro fra due gruppi di potere politico e economico in contrapposizione, uno di maggioranza al governo e uno di minoranza all’opposizione.
    Non c’è il senso della comunità e dell’accettazione del diverso, come cultura, abitudine, interessi, obiettivi…..
    Il bello è che si discute sempre e a lungo, ma non ci si ascolta, di solito si dividono solo i pezzi della torta.
    Sembra sempre che ciascuno parli una lingua sconosciuta all’altro.
    Peccato avere il gusto dell’ignoranza.

    1. Peccato che Mountain Wilderness non detenga alcun potere politico né tantomeno economico, lo stesso si potrebbe dire della Fondazione se non fosse che diversi suoi componenti (Province e Regioni, oltre a rappresentanti del panorama economico ed imprenditoriale tra i soci sostenitori) invece esercitano per loro natura tale potere e, mentre all’interno delle riunioni in Fondazione aderiscono idealmente a determinati principi, quando operano al di fuori seguono ben altre linee.
      Dopo un decennio trascorso a portare proposte, trovandosi davanti un muro di gomma e restando al punto di partenza se non peggiorando addirittura la situazione, credo che il dialogo sia stato ricercato senza successo e ne abbiamo preso atto. Cercheremo di essere ascoltati presso altre sedi, sperando di avere maggior fortuna.

  2. Per intanto basterebbe lo smantellamento dei vecchi impianti..o si aspetta il disgregamento del cemento armato e la corrosione competa della ferraglia, lasciando fare a secoli di eventi atmosferici?In effetti si risparmia un qualche centinaio di migliaia di euro..i gestori ultimi falliscono e ciao ciaio..

  3. Le dolomiti, e non da adesso, soprattutto nelle zone turisticamente più frequentate, hanno assunto ormai in alcuni casi i contorni di un circo Barnum in cui la montagna è solo uno sfondo oleografico con quantità di persone che non facilità estrema, per mezzo di teleferiche e quant’altro, riescono ad arrivare a frotte in ambienti di alta quota che, inevitabilmente, sono sotto pressione e che restituiscono della montagna un’idea fuorviante e totalmente aliena rispetto alle autentiche esperienze di corretta fruizione di questi ambienti, ovvero di ricerca di maggiore fusione con la natura, di confronto con i propri limiti, di degustazione vera e propria delle incredibili specificità naturalistiche e paesaggistiche che la montagna sa offrire. e non di sopraffazione sulla natura, di consumo insipido ed immediato buono per tutti e per tutti egualmente poco significativo.

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