Turismo

Estate 2020: Riaprono gli impianti

Alcuni sono già ripartiti, altri sono ancora fermi, ma ormai è certo che gli impianti di risalita torneranno a funzionare lungo tutto l’arco alpino. Ad Alagna Valsesia, lato piemontese del Monte Rosa, riprenderanno ad accompagnare escursionisti e alpinisti in quota il 26 giugno. In Lombardia un’ordinanza del presidente Fontana autorizza la ripresa dell’attività a partire dal 6 giugno scorso. L’Alto Adige ha addirittura concesso di ripartire il 25 maggio scorso, cinque giorni dopo è toccato al Veneto che ha riaperto la funivia del Lagazuoi a Cortina d’Ampezzo. In Valle d’Aosta il 13 giugno ha riaperto la Skyway con biglietti acquistabili esclusivamente online e capienza ridotta a un terzo, oltre all’installazione di un totem per l’igienizzazione individuale e l’ormai consueta prassi della misurazione della temperatura ai fruitori (controllo che viene effettuato giornalmente anche ai dipendenti Skyway).

Ripartiti lo scorso 6 giugno anche gli impianti di Plan de Corones. “Siamo a regime e tutto funziona come da programma” ci racconta Andrea Del Frari direttore Skirama Plan de Corones. Come tutti anche loro si sono dovuti adeguare a nuove norme per garantire ai frequentatori la sicurezza sanitaria. “Abbiamo dovuto apportare alcune semplici modifiche, come l’introduzione di un totem con gel disinfettante e guanti a disposizione dei fruitori (in provincia di Bolzano i guanti sono obbligatori sugli impianti)”. Nei primi giorni hanno poi dovuto far rispettare un’ordinanza, ormai scaduta, che riguardava la capienza delle cabine: questa non avrebbe dovuto superare i due terzi. “Quella della capienza non è mai stata un problema nel corso dei mesi estivi perché comunque i vari gruppi hanno sempre cercato di distribuirsi cercando le cabine vuote. Se fossimo in inverno sarebbe diverso”.

Andrea, come sono andati questi primi giorni di apertura? Avete avuto molto traffico?

“Sono arrivati moltissimi biker, ne sono saliti più dell’anno scorso anche se la meteo non è stata delle migliori. Sono invece mancati i biglietti singoli di andata e ritorno, quelli degli escursionisti e del comparto turistico in generale, ma questi sono influenzati oltre che dalla meteo anche dalle strutture alberghiere ancora chiuse. Va precisato che in giugno non si è mai avuto il cento percento degli hotel a regime, quindi se a luglio riparte anche il settore ricettivo credo che riusciremo a portare avanti la stagione. Sicuramente con meno gente, ma con buoni numeri.”

Qual è stata la perdita dettata da questi mesi di chiusura?

“Fortunatamente siamo riusciti a lavorare fino a Carnevale. Ci è invece mancato lo sci primaverile. Abbiamo perso circa il 15 percento rispetto all’anno scorso. È un dato che non sconforta guardando alla situazione globale degli ultimi dieci anni perché in questo lasso di tempo siamo sempre cresciuti. Quindi, in un’ottica di crescita, se un anno è in calo per ragioni indipendenti dalla qualità del nostro servizio (ma per un problema sanitario globale) possiamo essere sicuri che se superiamo l’attuale crisi sanitaria il prossimo anno torneremo a crescere. Non parlo solo di noi, penso sia una considerazione che vale per tutte le Alpi.”

Come vede l’estate 2020?

“Sono ottimista e penso che se con luglio si normalizza la situazione tutto sarà superato.

 Io ho fatto parte di vari gruppi di lavoro in cui si diceva che il mondo sarebbe cambiato dopo il Coronavirus, però se vai a chiedere ai vari settori produttivi ‘vuoi che cambi qualcosa dopo il Coronavirus, o vuoi ritornare alla situazione precedente?’ la maggior parte risponde di voler tornare a lavorare come prima. Ed è la stessa volontà che vedo nelle persone

Io stesso, facendo attenzione, sto tornando alla mia vita. Voglio tornare a viaggiare, ad andare in vacanza. Per questo motivo penso che cambierà poco dopo, si tornerà alla normalità e ci dimenticheremo presto di questa situazione. Ovviamente nella speranza che non ci sia una seconda ondata.”

Potete immaginare di sopravvivere senza turisti esteri?

“Oggi abbiamo il mercato spaccato i due: metà del fruitori sono italiani, l’altra metà proviene dall’estero. Non è quindi fattibile sopravvivere solo con il mercato interno. L’apertura delle frontiere è necessaria.”

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