L’ultima dedica sul libro degli ospiti del Rifugio Pastore è di Max da Novara e risale all’8 marzo. “Purtroppo il coronavirus ci costringe a lasciare queste stupende montagne“. Dopo due mesi di lockdown, l’ennesimo surreale cielo azzurro alla Truman Show, il monopolio mediatico del jogging e l’incubo dei cubi di plexiglass sulle spiagge, decido di mettermi in tasca un’autocertificazione e da Varallo Sesia salgo ad Alagna e poi fino al Rifugio Pastore per verificare se, quella in montagna, sarà davvero “un’estate senza rifugi”.

A guidarmi c’è Anna, la stessa ragazza pratica che vent’anni fa, osservandomi mentre apparecchiavo i tavoli nel mio primo giorno di lavoro stagionale al rifugio disse: «Si vede Marta che studi Filosofia». Oggi, Anna Pagani ha 39 anni e insieme al suo socio e amministratore delegato di Rifugi Monterosa Giuliano Masoni gestisce quattro importanti strutture: il Rifugio Pastore all’alpe Pile (1.575 m), il Rifugio Barba Ferrero all’alpe Vigne Superiore (2.247 m), la Capanna Gnifetti sul ghiacciaio del Garstlet (3.647 m) e la Capanna Regina Margherita sulla Punta Gnifetti, il rifugio più alto d’Europa (4.554 m). Con “sua maestà” il Monte Rosa sullo sfondo, proviamo insieme a immaginare il futuro.
Anna, da dove ripartirete?
“Da qui, perché il Pastore è il rifugio che probabilmente ci sarà consentito riaprire a breve. Useremo questo mese, importantissimo, per prepararci alla stagione estiva e alle altre riaperture. Mascherine, guanti, aree per la distribuzione di gel disinfettante, termometri digitali, saturimetri e igienizzazione continua degli ambienti saranno la base al Pastore e negli altri rifugi”.
Al Rifugio Pastore come vi state organizzando?
“Come già facevamo, per il pernotto lavoreremo sulla prenotazione puntando al nucleo di partenza e destinando le camerette da 4-6 persone (una decina, ndr) alle famiglie e le due camerate da 10-15 posti letto agli amici. Abbiamo anche 6-7 piantane in legno per il campeggio che, se sarà necessario, implementeremo acquistando tende o moduli in stile Bubbletree (sfere trasparenti di materiale ecocompatibile, non inquinante e resistente, ndr). Per la cena e la colazione, con un target ampio che spazia dall’escursionista al trekker del tour del Monte Rosa, potremo servire in orari allungati, dando priorità alle famiglie per la cena e anticipando le colazioni di chi parte per Gressoney o Macugnaga. Per il pranzo, potenzieremo il servizio self service esterno, garantendo il distanziamento sociale e pensando a un packed lunch semplificato, e proporremo più turni in sala, estendendo il servizio al tavolo all’ampia terrazza esterna. Per i servizi igienici, varranno le stesse regole per tutti i nostri rifugi: sarà necessario gestire la coda, intensificare i controlli, valutare l’ipotesi dell’aggiunta di bagni chimici e soprattutto puntare sull’igienizzazione, anche ogni ora. Così come negli altri ambienti comuni e nelle stanze da letto, dove già utilizziamo pulitori a vapore a 100 gradi e set di biancheria usa e getta”.
E al Barba Ferrero, dove siete aperti solo d’estate?
“Ci aiuta avere un unico gestore che lavora con noi da diversi anni e sa muoversi agevolmente in un rifugio ristrutturato da poco. L’80% dei clienti sale per il pranzo (a 2 h di camminata dal rifugio Pastore, ndr) e poi ci sono i pernotti dei sabato sera d’agosto e gli alpinisti che fanno tappa al Barba Ferrero per raggiungere la Capanna Resegotti, la Cresta Signal e la Capanna Regina Margherita. Qui, il meteo è cruciale perché se lo spazio esterno è molto ampio e siamo in grado di assicurare pranzi “a distanza di un metro” fino a 40-50 persone, le sale interne sono ridotte. Ci attrezzeremo con tende antipioggia e K-way. Sul pernotto, all’unica camerata di 12 posti letto che sarà riservata al singolo nucleo di prenotazione, in esterno potremmo aggiungere tende o eventualmente appoggiarci alle baite del Testanera, l’alpeggio vicino”.
Ora saliamo di quota. Cosa mi dici di Gnifetti e Margherita?
“Alla Gnifetti, con 175 posti letto suddivisi in camerate e camerette, siamo consapevoli che dovremo ridurre la capacità di pernotto. Della metà, di un terzo o di tre quarti, al momento è presto per dirlo. Chi dorme qui si sveglia all’alba per salire alla Capanna Regina Margherita e alle altre punte del Monte Rosa quali Dufour, Giordani, Zumstein e Piramide Vincent. Diminuendo i posti letto, con una turnazione per la cena e la colazione, nel salone ci sarà posto a sufficienza per tutti gli ospiti. Più complessa è la realtà della Margherita dove, per ragioni legate agli orari di partenza “obbligati” dei clienti dalla Gnifetti e dal Mantova (un altro rifugio sul ghiacciaio del Monte Rosa a 3.498 metri, ndr), con l’arrivo alla Capanna Regina Margherita potrebbe essere difficile evitare gli “assembramenti” verso le 9-9.30 del mattino (con partenze alle 5-5,30 e una media di 4 ore per l’ascesa dalla Gnifetti). Due speranze: che il virus, al cospetto della “regina” e dei suoi 4.000 metri, perda la corona e che, sempre più alpinisti, optino per l’esperienza unica di dormire in Margherita arrivando al rifugio più tardi, verso le 12, quando chi ha già fatto le foto, bevuto un tè e mangiato una fetta di torta è ormai sulla via del ritorno. Anche qui prevediamo una riduzione sui 65 posti letto e due turni per i pasti ma, stando ai numeri attuali (30-40 pernotti al giorno in alta stagione), si può fare”.
È un quadro economicamente sostenibile?
“Senza dubbio sarà una stagione difficile dal punto di vista economico. Se ci sedessimo a fare i conti non converrebbe ma per noi è importante aprire comunque la porta, con l’aiuto concreto del Governo e del CAI. Quest’anno utilizzeremo meno personale che, in una prospettiva di destagionalizzazione, distribuzione scaglionata delle ferie, riduzione del turismo di massa e dilatazione dei periodi di apertura (anche delle funivie, ndr), potrebbe però significare la creazione di un team fisso e più qualificato per i nostri rifugi. Eccetto a novembre, il Pastore è sempre aperto e prima dell’emergenza Coronavirus, stavamo sperimentando con successo l’apertura straordinaria di Gnifetti. Se, insieme, riusciremo a creare le condizioni per lavorare 365 giorni all’anno ne trarremo tutti un beneficio”.
Si parla di chiusura delle frontiere. Che impatto potrebbe avere su Rifugi Monterosa?
“Quasi impercettibile sul Pastore e sul Barba Ferrero dove, fatta esclusione per i gruppi organizzati del tour del Monte Rosa, i clienti sono tutti italiani. Lo scenario è ribaltato per Gnifetti e Margherita perché, al di là dei sabati sera, l’80 % delle presenze è europea ed extraeuropea. Mi auguro che ci sarà un’inversione di tendenza e chi, fino a ieri, andava a scalare in Himalaya o in Patagonia alzi lo sguardo e cominci ad appassionarsi alle cime di ‘casa’“.
La vacanza in montagna diventerà elitaria?
“Spero proprio di no. Sarà importante esserci per tutti e a tutte le quote, soprattutto per coloro che arriveranno dalle città dopo mesi di lockdown e vorranno anche solo mettere il cervello al fresco. Per loro, averci trovato rappresenterà già un successo e noi dovremo essere lì a sorridere, pronti a garantirgli un “rifugio” sicuro. Quello che si può e si deve fare, inoltre, avendo ampi spazi a disposizione, è diversificare i nostri percorsi affidandoci alle conoscenze e alle competenze degli accompagnatori di media montagna per battere sentieri e percorsi alternativi. Il ricorso alle guide alpine, che già incentiviamo, sarà un’altra scelta chiave anche in alta quota per garantire la sicurezza e ulteriori screening e controlli sui singoli e sui gruppi in partenza. Ancora, occorrerà la massima cooperazione tra gli operatori turistici”.
Che effetto ti fa essere qui oggi?
“Fantastico. Questa è la mia casa e ora più che mai sono convinta della scelta che ho fatto vent’anni fa trasferendomi da Milano ad Alagna per lavorare nei rifugi al fianco di Giuliano Masoni. Mi sento fortunata e in questo momento storico ho la netta percezione che tutto ciò che è montagna, outdoor, prato, verde e albero verranno rivalutati. Per cui riniziamo. Con cautela ma facciamolo”.