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“La montagna a casa”. Una settimana con finale a sorpresa per la rassegna cinematografica CAI

Prende il via oggi la quarta settimana in compagnia della rassegna cinematografica online “La Montagna a casa”, promossa dal Club Alpino Italiano in collaborazione con il Museo nazionale della Montagna di Torino, con Sondrio Festival – Mostra Internazionale dei Documentari sui Parchi – e Parco dello Stelvio. L’evento di chiusura della settimana, in programma per domenica 26 aprile, sarà rappresentato da una mini rassegna che vedrà la proiezione, nel corso della giornata di sei pellicole selezionate tra i titoli del Museo della Montagna. Un viaggio imperdibile nel passato alla scoperta del mondo verticale e della storia dell’alpinismo.

“La storia della lana a Livigno”

Primo film della settimana, che sarà visibile questa sera alle ore 21.00 sul canale Youtube del CAI, è “La storia della lana a Livigno” (Italia, 2018, 43’). Regia di Giovanni Peretti.

Realizzare a mano indumenti con la lana delle pecore, per proteggersi dal freddo: un’antico mestiere ormai scomparso, in uso in tutto il mondo fin dai tempi antichi. Sulle Alpi venivano utilizzate tecniche particolari. Fin dall’antichità l’uomo ha utilizzato la lana come protezione dal freddo: l’allevamento delle pecore si praticava in tutti gli ambienti, in particolare montuosi. Questo documentario illustra la storia della lana in un paese nel cuore delle Alpi: Livigno, che si trova a 1.800 metri di altitudine in alta Valtellina e che un tempo viveva solamente di zootecnia e di agricoltura.

Qui vi erano due ingegnosi e complessi macchinari per cardare la lana, risalenti alla metà del 1800. Essi risparmiavano la fatica ed il tempo di cardare a mano e permettevano di districare e rendere parallele le fibre tessili, liberandole dalle impurità, al fine di permettere le successive operazioni di filatura. Questa veniva effettuata a mano con il filatoio a pedale ed era un’attività che veniva svolta dalle donne in tutte le famiglie del paese. Si otteneva un filo resistente, omogeneo e sufficientemente lungo per poter essere usato nella fabbricazione di tessuti, attraverso l’uso di un telaio, o indumenti vari lavorati ‘a maglia’. Coperte, cappotti, maglie, pantaloni, calze, guanti, berretti, sciarpe: tutti caldi indumenti che venivano realizzati prevalentemente durante i mesi invernali, nel tepore delle stanze rivestite di legno, ed erano un’occasione per stare in compagnia e raccontarsi delle storie di paese. La lana: un tessuto ricco di storia, legato a un artigianato che affonda le proprie radici nel profondo passato dell’uomo, alle origini della civiltà agricola.

“Con le spalle nel vuoto. Mary Varale”

Domani sera alle ore 21 sarà la volta di “Con le spalle nel vuoto. Mary Varale” (Italia, 2010, 30’). Regia di Marco Ongania e Sabrina Bonaiti.

Una pellicola che ricostruisce la giovinezza e la maturità di Mary Varale, una donna che ha lasciato un profondo solco nella storia dell’alpinismo. Nel film si intrecciano gli scritti del marito giornalista Vittorio Varale, i ricordi, le testimonianze dei parenti più stretti e i racconti di storici e alpinisti che si sono appassionati alla sua storia.

“Ciapin – Passi scolpiti nel vento”

Giovedì 23 aprile ore 21 verrà proiettato “Ciapin – Passi scolpiti nel vento” (Italia, 2012, 18’30’’). Regia di Nicoletta Favaron e Maurizio Camponovo.

Un film che racconta la figura di Daniele Chiappa scomparso prematuramente nel 2008 a soli 56 anni, poco dopo la pubblicazione del libro “Nell’ombra della luna. Storie di soccorso alpino”, opera che in parte è filo conduttore del documentario. Daniele, giovane alpinista con al suo attivo già salite di prim’ordine, entra nel gotha dell’Alpinismo dopo la prima assoluta del Cerro Torre dalla parete Ovest – Via dei Ragni insieme a Casimiro Ferrari, capo spedizione, Pino Negri e Mario Conti. Ciapin, così veniva chiamato Daniele, aveva solo 22 anni, ma già aveva raggiunto traguardi straordinari. Un incidente in Montagna e la conseguente morte di un amico, però, hanno cambiato in lui la prospettiva della Vita.

Non più solo le pareti e le scalate, ma anche e soprattutto aiutare chi si trova in difficoltà. Nasce e si alimenta in lui un fuoco interiore, una passione, una dedizione quasi assoluta che lo porterà a migliorare e rivoluzionare il Soccorso Alpino. Nuovi materiali, nuove tecniche, nuovi approcci verso il paziente, introduzione dell’elisoccorso, ma soprattutto formazione e specializzazione tecnico-sanitaria sono stati da Daniele portati come capisaldi per mettere le basi del Soccorso Alpino moderno come oggi lo conosciamo. Questo contributo fondamentale non è stato l’unico. Nella sua vita ha dedicato molto di se stesso nell’aiutare il prossimo, nel dare supporto a chi aveva più bisogno, rifuggendo la figura di eroe e di super-alpinista, ma rimanendo sempre e comunque Uomo.

“Echilibru – Nella pelle dell’orso”

A seguire alle ore 21.30 di giovedì 23 aprile “Echilibru – nella pelle dell’orso” (Francia, 2018, 27’). Regia di Victor Jullien, Eve Cerubini e Jerome Fatalot.

Il monologo di un orso. L’animale si rivolge all’uomo per spiegargli che, per quanto egli, da tempo, si impegni a costruire delle barriere per dividere il mondo umano da quello animale, prima o poi dovrà venire il giorno in cui i loro percorsi si incontreranno, in un mondo dove le barriere non esistono più. Vincitore del Premio Sondrio Festival, Premio Speciale “Renata Viviani”.

“Itaca nel sole. Cercando Gian Piero Motti”

Venerdì 24 aprile, ore 21.00, appuntamento da non perdere con “Itaca nel sole. Cercando Gian Piero Motti” (Italia, 2018, 76’). Regia di Natale Fabio Mancari e Tiziano Gaia.

Itaca nel Sole è una via di arrampicata aperta sulle pareti di granito della Valle dell’Orco, in Piemonte. Tra gli scalatori, la sua fama è dovuta non tanto alla pur notevole difficoltà tecnica, ma alla carica simbolica che ancora oggi, a oltre 40 anni dalla sua scoperta, fa presa su legioni di climbers ed appassionati. L’immagine di Itaca è legata alla figura di Gian Piero Motti. Alpinista, scrittore e filosofo della montagna, Motti ha incarnato i dubbi e le ansie di una generazione al bivio. Nato a Torino nel 1946, cresciuto negli anni incerti del dopoguerra, il giovane Motti si è avvicinato all’alpinismo respirando il clima rigido e severo delle scuole di arrampicata, dei miti eroici alla Giusto Gervasutti.

Dopo il ’68 tutto è cambiato. Pur non coinvolto nelle forme più evidenti della contestazione, Motti ha elaborato una nuova visione della montagna, mescolando classicismo e ribellione, prestazione fisica e simbolismo, profondità e leggerezza. Alla sua personalità complessa e carismatica viene unanimemente riconosciuto un ruolo di maestro e precursore: il suo nome rimane scolpito non solo sulle pareti del Caporal, brillante risposta all’epopea americana del Capitan, ma soprattutto nei suoi scritti, a iniziare dalla monumentale, e tuttora insuperata, “Storia dell’alpinismo”. Muore il 21 Giugno 1983, a soli 37 anni.

“Il ghepardo asiatico dell’Iran”

Sabato 25 aprile ore 21.00 sarà il turno de “Il ghepardo asiatico dell’Iran” (Iran, 2019, 49’). Regia di Fathollah Amiri.

Il ghepardo asiatico è tra le specie di grandi felini che rischiano l’estinzione in Iran. Questo documentario analizza la situazione attuale, mostrandoci la popolazione superstite (ormai ridotta a meno di cinquanta esemplari) e descrivendo le difficoltà che gli attivisti per la preservazione dei ghepardi asiatici stanno incontrando per mantenere in vita questo magnifico animale, simbolo nazionale, ormai estinto in tutto il continente asiatico al di fuori dell’Iran. Vincitore del Primo Premio Città di Sondrio.

“Storie di pietre”

Domenica 26 aprile ore 21 si chiude con “Storie di pietre” (Italia, 2018, 74’). Regia di Alessandro Leone.

Cosa spinge una piccola comunità a rimanere legata ad una terra che non smette di tremare? Cosa muove i suoi abitanti a scavare a mani nude tra le macerie di una chiesa che fu simbolo di una piccola frazione contadina? Un crocefisso da riassemblare per la processione patronale, una tela in parte sepolta sotto le pietre che conservano memoria collettiva e i segni di tradizioni ataviche, diventano emblemi di resilienza, fiera appartenenza, difesa di una cultura che vuole rimanere viva, sfida all’isolamento post-sisma.

Poco lontano, un gruppo di restauratori lavora a San Salvatore in Campi per recuperare frammenti di un patrimonio artistico inestimabile sbriciolato dagli effetti di una natura implacabile, mentre, in totale isolamento, a mille metri di altitudine, un monaco vive in armonia con Dio nel rispetto della regola ora et labora e rinforzando instancabilmente il suo eremo per nulla intimorito da una terra che ha imparato ad amare.

Ricordiamo che tutti i titoli in programma saranno disponibili sul canale Youtube del CAI in prima visione, a partire dalle ore 21.00 del giorno indicato e fino a trenta minuti dopo la fine del film, e il giorno successivo in replica a partire dalle ore 17:30, fino a trenta minuti dopo la conclusione.

Mini rassegna “Una domenica con il CAI”

Come premesso, oltre a “Storie di pietre”, domenica 26 aprile, a partire dalle ore 15.00, verranno proiettate sul canale Youtube CAI 6 pellicole storiche. Di seguito la lista dei film in ordine di proiezione.

“Cervino 1901”

(1901-1903, 8’) – Questo film è stato a lungo considerato come realizzato nel 1901 e di autore anonimo, ma recentemente è stato attribuito invece a Franck Ormiston-Smith, che lo avrebbe girato nel 1903. Girato sul versante svizzero con una cordata di tre alpinisti più l’operatore, è probabilmente il primo documentario cinematografico di un’ascensione di alta quota ed è senz’altro il capostipite di una lunga serie di filmati che hanno, quale protagonista, questa leggendaria montagna. Dopo inquadrature panoramiche sulla valle nei pressi di Zermatt, si inizia l’ascensione, risolta con semplici riprese, sovente del tipo dell’inquadratura fotografica, concludendosi in prossimità della punta svizzera.

“Maratona Bianca”

(Italia, 1935, 24’) – Regia di Mario Craveri. Immagini d’epoca che riprendono una delle prime edizioni del Trofeo Mezzalama. Ultime ore di preparativi febbrili prima della partenza, legate in cordata, le squadre si preparano alla gara. Il filmato costituisce la cronaca delle fasi della competizione seguendo i gruppi di sciatori con la macchina da presa anche dall’aereo. Location: Cervino, Monte Rosa, Valle d’Aosta.

“Punte d’acciaio nella fucina dei Grivel”

(Italia, 1957, 13’) – Regia e fotografia di Mario Fantin. Riprese dal giugno 1956. Fucinatori e guide sono i fratelli Grivel di Courmayeur in Valle d’Aosta, paese dalla grande tradizione alpinistica ai piedi del Monte Bianco. Nella fucina si fabbricano gli attrezzi alpinistici più famosi del mondo: chiodi, piccozze, ramponi… Il film segue le fasi della fabbricazione che mostra la perizia e la dedizione impiegata nella costruzione di questi arnesi.

“Fino all’ultimo spit in arrampicata sportiva”

(Italia, 1985, 25’) – Regia di Vincenzo Pasquali, Aldo Audisio. Oltre alla sonorizzazione originale del film è stato predisposto un secondo tipo di video didascalico-esplicativo in collaborazione con la RAI – Sede Regionale per il Piemonte. Due arrampicatori si preparano ad una giornata di svago in Valle Stretta (Valle di Susa, Piemonte), percorrendo la vallata rievocano la prima gara di arrampicata sportiva dell’Europa Occidentale – Sport-Roccia 85 – che ha visto quei luoghi teatro della manifestazione. Una serie di immagini puntuali scoprono lo storico avvenimento: i concorrenti, i passaggi più impegnativi, la ricerca dell’appiglio, il susseguirsi dell’azione, la giuria, le tensioni, la grande festa e, soprattutto, lo spirito di gara. Il film prodotto dal Museo Nazionale della Montagna è il documentario ufficiale di Sport-Roccia 85.

“Black out”

(Italia, 1988, 3’) – Regia e sceneggiatura di Vincenzo Pasquali e Aldo Audisio. Due minuti e mezzo: uno spot o un’incredibile storia? Un uomo “in nero” e uno scalatore, un rapporto di finzione o una verità profonda e ricorrente nel campo delle sponsorizzazioni? Le ironiche sequenze ci propongono forse degli interrogativi sull’arrampicata degli anni duemila. Location: falesia “Striature nere”, Valle di Susa, Piemonte.

“Finis terrae. La libertà di esplorare”

(Italia, 1999, 56’) – Regia e fotografia di Fulvio Mariani. La Patagonia e la Terra del Fuoco sulle orme del suo più grande esploratore, Alberto Maria De Agostini, con la partecipazione di Walter Bonatti, alpinista, esploratore e fotografo di fama internazionale. Due grandi nomi dell’avventura, figli di generazioni diverse, che hanno dedicato parte della loro vita alle regioni australi dell’America Latina. Il film ripercorre, in compagnia di Bonatti, la straordinaria vicenda del padre salesiano, cucendo le immagini storiche, conservate negli archivi del Museo della Montagna, con le riprese attuali.

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