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Everest. Pendici sempre più verdi a causa del cambiamento climatico

Negli ultimi 25 anni, le pendici dell’Everest e delle vette himalayane limitrofe hanno manifestato una progressiva espansione di arbusti e muschi. Questa la conclusione cui è giunto un team di ricercatori dell’Università di Exter, in Gran Bretagna, attraverso l’analisi di immagini satellitari.

Un dato che potrebbe risultare apparentemente positivo quello dell’incremento della vegetazione subnivale, ovvero delle specie che si sviluppano in una zona compresa tra il limite degli alberi e quello delle nevi perenni. Se non si trattasse di una conseguenza dei cambiamenti climatici in atto. La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Global Change Biology.

Le piante salgono in quota

Utilizzando i dati raccolti dai satelliti Landsat della NASA tra il 1993 e il 2018, gli scienziati hanno constatato un piccolo ma significativo incremento nella copertura vegetale in 4 fasce altitudinali, comprese tra 4.000 m e 6.000 metri di quota (4.000 – 4.500 m; 4.500 – 5.000 m; 5.000 – 5.500 m; 5.500 – 6.000 m).

In sintesi, arbusti e muschi si estendono oggi anche in quelle aree tradizionalmente coperte da ghiacci perenni, dunque tecnicamente prive di vegetazione.

Sulle pendici dell’Everest l’incremento di copertura si manifesta in maniera omogenea in tutte e 4 le fasce altitudinali analizzate. In media la terza fascia (5.000 – 5.500 m) ha mostrato in tutta l’area analizzata l’aumento più significativo.

Vegetazione e ciclo dell’acqua

I ricercatori hanno tenuto a sottolineare come tale fenomeno sia da approfondire, per comprendere i potenziali effetti sugli equilibri ecologici della regione. Le piante, per accrescersi, necessitano infatti di acqua. Maggiore dunque la copertura vegetale in quota, minore l’acqua a disposizione delle popolazioni a valle.

In secondo luogo bisogna comprendere il rapporto tra piante e neve. Non è da escludersi un potenziale effetto bloccante da parte della vegetazione. Condizione che determinerebbe uno scioglimento più lento delle nevi. Ma non si può al momento escludere, al contrario, che la presenza di piante ne acceleri lo scioglimento.

È essenziale comprendere appieno il legame tra piante e ciclo dell’acqua, ricordando che per 1.4 miliardi di persone i ghiacci himalayani rappresentino la fonte primaria di approvvigionamento idrico.

Davvero è colpa del cambiamento climatico?

Lo studio dell’Università di Exter non imputa in maniera univoca l’espansione delle piante al cambiamento climatico. Associa però un simile scenario di mutamento della distribuzione della vegetazione alla presenza di uno o più disturbi, in grado di influenzare le specie sensibili.

Come fattori di disturbo vengono citati l’aumento di CO2 atmosferica e di temperatura, cambiamenti nelle precipitazioni e nella copertura nevosa o modifica di utilizzo del suolo da parte delle popolazioni. Tre quarti di tali fattori possono essere sintetizzati come effetti del cambiamento climatico.

Attualmente è acclarato che i ghiacciai himalayani, come accade a livello planetario, siano sottoposti a recessione continua, arretrando, secondo i dati della Columbia University pubblicati nel 2019, di circa mezzo metro l’anno. Fenomeno che già si sta ripercuotendo sulle popolazioni locali, a causa delle crescenti inondazioni, e che proseguendo senza sosta nel futuro potrebbe condurre la regione a uno stato di siccità. Secondo i modelli previsionali più recenti, si ipotizza una riduzione di un terzo dei ghiacciai della regione dell’Hindu Kush – Himalaya, regione montuosa in cui si ergono Everest e K2, entro la fine del secolo.

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