Alta quota

È probabile che nessuno abbia salito tutti i 14 Ottomila… la verità di Eberard Jurgalsk

Montagnes-Magazine, già autorevole rivista, lancia sul suo sito un gran masso nel laghetto alpino degli alpinisti.

Di tanto in tanto qualcuno si prende la briga di guardare foto, leggere relazioni, fare confronti e pubblicare articoli o libri che fanno pelo e contropelo alla storia dell’alpinismo o a singole “imprese”. Questa volta a farlo è un “professionista” della verifica della verità dei fatti di montagna: Eberhard Jurgalski. Grazie al sito francese Mountagnes-Magazine e a una sua “indagine” sulle salite relative a Dhaulagiri, Manaslu e Annapurna, a muso duro afferma che nessun alpinista potrebbe aver realmente salito tutti i 14 ottomila. 

Una dichiarazione che spara a zero e nel mucchio dei salitori dei 14 Ottomila, ma anche e soprattutto dell’élite mondiale dell’alpinismo. Ma Eberhard Jurgalski dice anche di non voler sollevare polveroni mediatici. Sarà così.

Jurgalski porta argomenti ponderati e studiati a sostegno delle sue tesi e affermazioni. Ricorre all’analisi scientifica e topografica, alla fotografia analitica, alle relazioni “testimonianze” di chi ha frequentato i luoghi. Quel che ne trae è che alcune proclamate salite in vetta hanno beneficiato di “aree di tolleranza” o défaillance di verità. Una nostrana per tutte: Romano Benet nel 2005 tocca l’anticima del Dhaulagiri contraddistinta dal palo metallico, se ne accorge, torna l’anno successivo e sale la vetta vera. Grandi Romano e Nives. Non sempre c’è stato però il “ritorno” in vetta e pare che molti si siano accontentati di allargare il perimetro della vetta e della loro relazione con una certa tolleranza. Il tutto è sempre accaduto fin dalle prime salite, dalle prime invernali, dalle prime femminile, dalle prime giovanili o senili e avanti a tutte “le prime” che ci si inventa.

Ma la “verità” scientifica è tale se sottoposta a verifica ripetitiva; questa di Eberhard Jurgalski è si suggestiva e perfino probabile, ma va di sicuro sottoposta a molte e altrettante verifiche.

Quel che è certo, è che con il suo macigno nello stagno Eberhard Jurgalski provoca una riflessione sul fatto che l’alpinismo, soprattutto quello “competitivo”, ha sempre rifiutato: le regole e i perimetri dentro i quali collocare le proprie prestazioni. Per non parlare delle classifiche, aborrite quelle ufficiali, ma ipocritamente riproposte quando si tratta di prender soldi dagli sponsor.

Con supponenza, quasi razzista nei confronti dello sport e degli sportivi di tutto il mondo, si è proclamata e si proclama la non sportività dell’alpinismo, la presunta sua superiorità estetica, morale, culturale, ambientale e spirituale. Ora è arrivato il signor Eberhard Jurgalski che dice che gli alpinisti, lassù, saranno anche più vicini a Dio, ma pare siano degli incalliti bugiardi. Speriamo di no.

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10 Commenti

  1. Renderanno obbligatorio un pallone sonda legato con filo a scalatori,
    che possa riprendere la scena finale e diffonderla al mondo in diretta??
    Un pallone sonda di lattice gonfiato ad elio e’ giunto fino a 49 chilometri di altitudine.Poi e’scoppiato ed ha lasciato cadere una sonda geolocalizzata e recuperata,Team di Ricerca e tecnologia italiana. Non fidarsi invece e’ semplice e gratis , come il fidarsi…tanto valel optare per la seconda .

  2. Ho letto l’articolo di Jurgalski, è davvero molto interessante!! Però devo dire che si tratta veramente di affermazioni “non-verificabili”. È basato soprattutto su studi minuziosi delle foto di vetta e rilievi topografici fatte con le tecniche più moderne per stabilire il punto più alto. Inoltre si aggiungono dettagli di interviste private agli alpinisti, ma molti di quelli citati non sono più in vita per confermare o meno i dati dello studio.
    Secondo me un minimo di tolleranza è corretto. A parte il fatto che, senza un GPS super sensibile, lo stesso Jurgalski dichiara che è quasi impossibile identificare il vero punto più alto. Ma poi vogliamo aggiungere il caso Kanchenjunga? Band e Brown, i primi salitori, si fermarono circa 5 metri sotto la vetta, per accordo coi monaci locali che consideravano dissacratorio arrivare al punto più alto, ma nessuno ha mai invalidato la loro ascensione. E lo stesso hanno fatto, dichiarandolo, molti salitori come Ed Viesturs.
    Insomma per quanto possa far storcere il naso a molti, secondo me questa regola della “tolleranza “ di Jurgalski è sacrosanta con gli 8000

  3. Eberhard Jurgalski è forse la più grande enciclopedia vivente delle salite himalayane, e a giudicare dalle foto (lessi quei tre “articoli” qualche settimana fa) è difficile non credergli! Effettivamente molte cime di ottomila sono talmente “vaghe” che è difficile pensare di cercare quella vera con lucidità e precisione, a quelle quote.

    E’ risaputo nel caso di molti ottomila (broad peak, shisha pangma) che la maggior parte dei salitori non raggiunga la cima principale; ma in piccolo possiamo anche guardare al nostro Gran Paradiso: il 99% di coloro che arrivano in “vetta” in realtà si trovano su un anticima significativamente più bassa (quella con la madonna); nonostante ciò si proclama di aver salito la montagna.

    Tuttavia, non mi parrebbe giusto declassare questi successi degli alpinisti del passato, spesso pionieri e che non godevano di gps e dati a nostra disposizione. La cima è solo un simbolo, non un traguardo con il photofinish..

  4. Al posto di leggere l’articolo di Jurgalski, consiglio di visitare il sito 8000ers.com e magari scaricare qualche documento per intendere lo sforzo incredibile del “professionista”. Per quanto Da Polenza abbia provato a ritardare e informare riguardo l’eco di questa bomba più che documentata, sono settimane che se ne parla, magari x farla decantare da sola, e per quanto provi a virgolettarne l’impatto, ormai la questione è esplosa. Moro il primo tra i grandi a riconoscere il lavoro di Jurgalski. Invece qui, oggi, dopo 40 anni, si devono fare verifiche. Io mi chiedo…ma ste verifiche perché non sono state fatte con perizia e cura al riconoscimento della cima? Tra l’altro sono solo 3 gli 8000 incriminati. Perché lo show doveva andare avanti. Certo. Invece sig. Da Polenza, lei che ammira un alpinismo puro come mai è così ostile verso il riconoscimento più puro che ci sarebbe, cioè l’aver scalato in primis e davvero la montagna?

  5. Purtroppo è vero, ne conosco personalmente un paio che vantano la salita all’ottomila, e altri ma molti altri dichiarono salite al Cervino, Monte Bianco per non parlare di arrampicate solitarie.
    Beati loro che si accontentano dei sogni e dei falsi complimenti degli amici.
    Luciano.. vicenza

  6. Spett. Direzione :
    ho letto su Montagna TV l’articolo di Agostino Da Polenza sui 14 ottomila.
    Da un secolo circa si scrive e si afferma che le montagne più alte del mondo, vale a dire le vette di ottomila metri più importanti sono 14, senza mai spiegare quando, dove, come, perché, e da chi è stata espressa in modo motivato questa convinzione.
    E se, invece non fossero 14 ma 22?: ecco un bel titolo su uno dei prossimi numeri del vostro aggiornatissimo sito:

    “E SE GLI OTTOMILA DI HIMALAYA E KARAKORUM
    NON FOSSERO 14 MA 22“?
    Sottotitolo:
    i risultati di una studio approfondito di ricercatori torinesi in più anni di studi e ricerche.

    Se questo argomento è di vostro interesse posso inviare copia del dossier “Progetto 8000” di 26 pagine. Oggi, a titolo di prima informazione, invio in allegato copia di un documento che sintetizza i criteri adottati per fare questa nuova selezione.
    Sono a disposizione per ulteriori informazioni, intanto ringrazio dell’attenzione e porgo cordiali saluti.

    Luciano Ratto

  7. Da tempo scrivo che gli Ottomila sulla Terra sono molti di più di 14, ma nessuno ne tiene in considerazione. ce ne sono altri sette (almeno) che da un punto di vista geografico sono vette a tutti gli effetti di 8000 metri.

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