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Bivacco Pelino sulla Majella. Scomparsa la spazzatura dopo le foto-denuncia

Qualche settimana fa avevamo denunciato, grazie alla segnalazione della guida escursionistica Marco Di Michele, lo stato critico in cui versava il Bivacco Pelino sulla Majella a inizio febbraio.

Pareti imbrattate e spazzatura ben evidenti negli scatti pubblicati da Marco sul suo profilo Facebook, che hanno suscitato una indignazione generale di chi ama la montagna e ne richiede il rispetto.

La struttura, ubicata a quasi 3000 metri, è raggiungibile con ben 5 ore di cammino, anche 6 in inverno, come ci aveva raccontato Di Michele, ipotizzando che alla base dei gesti non vi fossero dunque degli sprovveduti ma alpinisti competenti.

La nostra condivisione ha probabilmente aiutato a diffondere il messaggio di denuncia e a stimolare a una reazione, che si è sviluppata nel pieno silenzio.

Non si sa per mano di chi ma il bivacco nelle scorse settimane è stato sottoposto a intense pulizie. Ne sono prova le foto dell’alpinista di Caramanico Terme (PE) Antonello Giordano, che mostrano finalmente il Pelino ritornato in condizioni ottimali.

Le scritte che vedete ci sono da sempre” – sottolinea Marco, che ha provveduto ad informarci della scoperta e inviarci le foto scattate dall’amico – “però a quanto pare il messaggio è stato recepito e ne sono veramente felice. Significa che simili segnalazioni servono a qualcosa. Non sappiamo chi sia stato a effettuare le pulizie, forse vuole restare anonimo, ma lo ringraziamo lo stesso. Anzi, sarebbe un piacere poterne conoscere l’identità. Si tratta di un gesto esemplare, che dimostra come la montagna ormai non sia più un ambiente elitario. C’è una massa che potremmo definire negativa ma c’è anche chi la ama e la difende”.

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Un commento

  1. Una volta ho dormito al rifugio Q. Sella di Ayas. Al mattino mi ha fatto piacere famigliarizzare in Tedeso con tre ospiti. Tre generazioni di Austriaci: il nonno, il padre e il figlio di 13 anni, reduce con loro direttamente dalla cima del Cervino. Andavano poi a Gressoney e oltre. Anch’io ero stato lì; la prima e ultima volta, a 13 anni. Allora il ghiaccio verde, alto come il tetto, di fianco al rifugio. Ora ce n’era poco, terroso. Allungando il collo, l’ho visto ancora, un pezzo più su. Ho avuto fortuna. Oggi anche questo è sparito, come la morena, mezza franata e pericolante. Loro avevano dormito nella stanza delle guide. Il nonno era sceso per ultimo ma gli ho rammentato, che restava solo la sua coperta da piegare. Ripetuto e ripetuto, fin che il figlio l’ha mandato su a piegarla. Distrazione? Non credo: gesto calcolato, con astio. Ecco, a volte, il motivo.

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