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Daniele Pieiller: L’eliski fa scappare gli appassionati. Oggi in montagna bisogna puntare su altro

In Valle d’Aosta, a volte, basta lasciare la strada principale per entrare in un mondo ancora intatto, d’altri tempi. Procedendo lungo la strada per il Gran San Bernardo, poco sopra Aosta, una diramazione sulla destra vi apre le porte a una valle priva di grossi impianti di risalita. Un piccolo gioiello un tempo ai margini del turismo regionale, ma oggi sempre più apprezzato da chi in montagna cerca qualcosa di diverso: un contatto più sincero con il territorio e, soprattutto, un luogo dove rilassarsi e trascorrere ore o giorni lontani dalla frenesia della città.

Anima di questa trasformazione turistica della valle o, meglio, dell’alta valle è Daniele Pieiller. Montanaro, albergatore, promotore di un turismo più consapevole con l’associazione NaturaValp di cui è socio fondatore. Un gruppo di amici, di appassionati, di gente che ha scelto di resistere invece che abbandonarsi al destino di essere una valle semi-sconosciuta dai molti frequentatori della piccola Regione montana.

Siamo andati a cercare Daniele per parlare sia delle peculiarità che rendono unica la Valpelline, sia per approfondire un tema a lui molto caro, quello dell’eliski. Il montanaro valdostano è una della voci più note tra i contrari a questa pratica in Valle d’Aosta. Secondo Daniele infatti l’eliski “fa scappare la maggior parte di questi nuovi frequentatori che stanno crescendo in modo esponenziale. Scialpinisti e ciaspolatori che cercano un contatto diverso con la natura, appassionati che se hanno un elicottero che gli ronza sulla testa scappano.

 

Daniele da cosa nasce questa tua opposizione alla pratica dell’eliski?

Dalla calcolatrice. A Bionaz abbiamo scelto di puntare su questo tipo di turismo dolce, più consapevole, da diversi anni ormai. Con il tempo i dati iniziano a darci ragione: un tempo nei tre mesi invernali (dicembre, gennaio, febbraio) Bionaz contava tra i 700 e gli 800 pernotti mensili mentre oggi arriva a toccare le 7, 8mila presenze mensili.

La gente è affascinata dalla nostra valle perché siamo l’ultima della Valle d’Aosta senza impianti di risalita, se non per un piccolo skilift a Ollomont. L’assenza di strutture per lo sci in pista è diventata la nostra peculiarità: l’agricoltura ha mantenuto un ruolo predominante e ha conservato il paesaggio fino a circa 2200 metri dove inizia un altro tipo di terreno, quello dell’avventura. Le quote più alte della Valpelline sono ancora selvagge, a dimostrarlo ci sono le nuove specie identificate proprio tra queste montagne. Qui hanno scoperto una farfalla e anche una nuova pianta.

Noi oggi abbiamo bisogno di questo, il cittadino che arriva dalla frenesia della città vuole questo.

Cosa intendi?

Che ormai siamo esotici (ride). Quando arrivi a Bionaz vedi solo quattro anime in giro con gli scarponi ai piedi e, se ti inoltri nell’ambiente, trovi aree ancora incontaminate. Bastano appena dieci minuti di passeggiata per non sentire più suoni legati all’uomo, è qualcosa di strano per chi arriva dalla città. È una sensazione che non trovi in altre zone dove esiste il turismo di massa, finché però questo modello funziona nelle valli lasciamo che vadano avanti. È la loro vocazione, lì si fanno i numeri importanti, lì probabilmente sta la ricchezza della nostra Regione.

Io non voglio dire che quel modello turistico debba essere cancellato, ma più semplicemente che si può fare anche altro, che si possono prendere strade differenti. Non tutte le valli possono essere come Cervinia o Courmayeur, non tutte possono puntare sullo sci da discesa come unica fonte di guadagno. Ci sono zone in cui investire su questo ad oggi è un fallimento.

Quanti scialpinisti frequentano settimanalmente l’alta valle?

Nel mese di marzo, sul territorio di Bionaz abbiamo storicamente quattro rifugi aperti e una media di circa 200, 250 persone che pernottano ogni settimana. Appassionati che dormono, mangiano nei rifugi, che si fermano a comprare il formaggio di malga, che consumano la birra di valle. Amanti della montagna che aiutano anche a creare un indotto e permettono alla valle di sopravvivere. Salgono quassù perché abbiamo una valle intatta, senza impianti, perché amano questo territorio ancora selvaggio. Se però gli iniziano a ronzare sulla testa gli elicotteri questi scappano, vanno a cercare da un’altra parte la loro oasi di pace.

È già successo in altre zone?

Potete chiedere al rifugista dell’Epée, in Valgrisenche (la Valgrisenche è la “capitale” dell’eliski in Valle d’Aosta, nda). Ci ha provato una volta ad aprire per gli scialpinisti, alla fine ha rinunciato perché gli elicotteri li fanno scappare.

Pensate che nel 2007 in Valgrisenche erano arrivati a circa 47mila presenze annue, nel 2014 ne erano scesi a 14mila e oggi girano attorno alle 20mila. Ovviamente non posso legare questi numeri all’eliski, andrebbero analizzati meglio. È certo però che non c’è stato un boom di presenze grazie a questo.

Chi guadagna grazie all’eliski?

Ipotizziamo l’eliski qui a Bionaz. La maggior parte del costo va a coprire le spese dell’elicottero poi, una minima parte va in tasca alla guida. Guida che sempre più spesso è svizzera e non valdostana.

Così facendo, per il divertimento di 4 persone salite in elicottero e per il guadagno di una guida, hai disturbato 300 o 400 scialpinisti. Capite che per un territorio come Bionaz è un’attività devastante: porta guadagno e divertimento a troppe poche persone a discapito di molte altre. Se fosse una pratica che porta guadagno a poche persone senza rompere le scatole a tante altre sarebbe diverso.

Vi dico però che, in parte, capisco le giovani guide che si appassionano all’eliski perché in fondo è affascinante. È adrenalinico pensare di salire in elicottero e poi scendere, non ci fossero tutte le problematiche elencate prima lo farei tutti i giorni (ride).

In Valpelline si pratica eliski?

Si, si è praticato e si pratica ancora nei comuni di Ollomont e Doues. A Bionaz per fortuna non si  è mai praticato.

Qualche cliente ti ha già detto che sale a Bionaz perché non ci sono gli elicotteri che portano gli sciatori fuori pista?

Certamente, ma non solo. Io ho un documento, firmato da una trentina di guide francesi e svizzere, in cui dichiarano che non vanno più in Valgrisenche perché lì si pratica eliski. Se devono fare una gita con i clienti li portano qui da noi, oppure in valle Maira (Piemonte).

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