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Il lupo torna a popolare un quarto delle montagne italiane

Quasi scomparso in Italia negli anni ’70, il lupo torna dopo 40 anni a ripopolare le montagne italiane. La specie risulta infatti in aumento, al punto che non sia difficile incontrare esemplari in pianura o zone antropizzate.

Secondo i dati del III rapporto Direttiva Habitat coordinato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), presentati nel corso del convegno “Verso un Piano nazionale di monitoraggio del lupo” (Roma, 3-4 dicembre 2018), negli ultimi 6 anni la specie è arrivata a coprire un quarto del territorio nazionale (23,02%), valore nettamente superiore al 18,04% stimato nel periodo 2006-2012.

Nella fase di declino sul territorio nazionale che si è protratta fino agli anni ’70, il lupo era completamente scomparso dall’arco alpino e permaneva soltanto in alcune zone dell’Appennino. Nel corso di 40 anni la specie è ricomparsa lungo tutte l’arco appenninico e ha raggiunto prima le Alpi occidentali poi quelle centro-orientali. Stando ai dati riportati negli scorsi mesi dal progetto Life Wolfalps, sulle Alpi sarebbero presenti 47 branchi, 6 coppie e 1 individuo solitario e un numero minimo di 293 individui.

Per le zone appenniniche sono disponibili soltanto stime con un elevato grado di incertezza in quanto non legate a progetti organici di monitoraggio. La prima, a scala nazionale, riporta 1580 animali; la seconda, un valore complessivo per il territorio italiano compreso tra un minimo di 1269 individui ed un massimo di 1800.

Le attuali minacce per la conservazione della popolazione italiana della specie risultano essere di natura antropogenica quali bracconaggio, incidenti stradali, malattie trasmesse da animali domestici, ibridazione con il cane.

Dati precisi sulle prime tre cause non sono disponibili. Per quanto concerne invece l’ibridazione con il cane, pratica che mette in pericolo il patrimonio genetico del lupo, rischiando di cancellare gli adattamenti frutto di milioni di anni di evoluzione, sono disponibili precisi dati dell’Ispra. Su 13.500 campioni biologici sottoposti ad analisi del DNA dal personale del Laboratorio dell’Area per la Genetica della Conservazione tra il 2002 ed oggi, l’8-13% ha mostrato tracce di ibridazione. In alcune aree del Paese i tassi risultano particolarmente elevati. Ad esempio in Toscana l’ibridazione interessa il 25-33% degli esemplari arrivando a oltre il 50% nel Grossetano. In pratica sono presenti interi branchi costituiti da ibridi.

Di fronte ad un cospicuo e continuo incremento numerico del lupo e per aggiornare le conoscenze in parte lacunose sulla sua distribuzione lungo tutta la  Penisola, l’Ispra ha ricevuto l’incarico da parte del ministero dell’Ambiente di elaborare e applicare un Piano Nazionale di monitoraggio, che è stato presentato nel corso del convegno. Obiettivo del Piano è quello di raccogliere dati organici sulla distribuzione, percentuali di ibridazione con il cane domestico, danni agli animali domestici, applicazione ed efficacia dei metodi di prevenzione degli impatti.

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