NewsRubricheSicurezza in montagna

Umbria. Soccorso Alpino e Speleologico a rischio chiusura

In questi momenti, nonostante i tanti attestati di stima che quotidianamente riceviamo, sto valutando la possibilità di mettere in vendita i mezzi del SASU e rassegnare le mie dimissioni da presidente del Soccorso Alpino Speleologico Umbria” – queste le parole con cui Mauro Guiducci annuncia, attraverso un comunicato dai toni forti ma anche malinconici, la potenziale chiusura del SASU – “Da oltre 50 anni salviamo la gente, da oltre 2 anni ci fanno promesse disattese: forse è arrivato il momento di abbandonare tutto“.

Uno scenario preoccupante quello si delinea dunque in Umbria, “una grande disfatta”, come la definisce lo stesso Presidente, sottolineando che la Regione perderebbe un servizio professionale e di qualità a danno della popolazione che ha sempre sostenuto il Soccorso Alpino e ha sempre contato sulla sua presenza capillare sul territorio. L’abbandono del servizio giungerebbe come conseguenza del mancato recepimento da parte della Regione Umbria della disciplina nazionale in merito all’operato del Corpo nazionale soccorso alpino speleologico.

Come spiega infatti Guiducci, “tale attività è svolta sì da volontari, ma questi hanno l’obbligo normativo (e di coscienza) di mantenere sempre aggiornate le qualifiche, di dotarsi di tecniche sempre più all’avanguardia facendo corsi specifici (speleologi, alpinisti, forristi per citarne qualcuno), di utilizzare materiali ed attrezzature che consentano di intervenire al meglio, di contare su mezzi di trasporto idonei ai territori impervi che devono sempre essere pronti e perfettamente funzionanti. Inoltre, l’attività implica che vi siano delle sedi dove ricoverare mezzi ed attrezzature, allenarsi, fare riunioni tecniche e logistiche“. Tutte attività che hanno dei costi, in termini di tempo e denaro. Le ore di servizio sono messe a disposizione in maniera volontaria per il bene comune ma i costi elevati non possono derivare esclusivamente da donazioni spontanee dei cittadini. Servono finanziamenti pubblici. Dal 2015 il SASU ha stipulato una convenzione con la Regione Umbria che stanzia annualmente 150.000 euro, una somma che riesce a coprire a malapena metà delle spese affrontate, soprattutto in considerazione dei costi imprevisti legati all’emergenza terremoto.

“In queste condizioni non siamo più in grado di andare avanti– spiega il Presidente – “ da un lato, l’impossibilità di accedere ad un mutuo o altro tipo di finanziamento per poter acquistare la nostra sede regionale (attualmente sottoposta a curatela fallimentare e ad ogni asta abbiamo un nodo in gola auspicando che non vi siano acquirenti), dall’altro, la ferma decisione di non volere effettuare dei tagli, perché significherebbe tagliare le spese necessarie per la formazione, la manutenzione dei mezzi, le attrezzature, con irrimediabili conseguenze sulla qualità del nostro servizio che si tradurrebbe in costi ben più gravi, quelli delle vite umane delle persone soccorse e dei soccorritori“.

Una storia lunga quella del SASU, fondato nel 1966 quando un gruppo di alpinisti e speleologi umbri decise di dar vita ad una struttura che garantisse un soccorso tecnico organizzato in montagna e che è stato sempre presente nel fronteggiare ogni tipo di criticità soprattutto in questi ultimi anni, dal sisma del 2016 all’emergenza neve dell’inverno 2017 con la tragedia di Rigopiano fino al complesso intervento nelle Gole del Raganello in Calabria pochi mesi fa. “Sono le cosiddette maxiemergenze o situazioni particolarmente difficili” – aggiunge Guiducci – “Non va dimenticato però che, contemporaneamente ad esse, ogni giorno, per 365 giorni l’anno, in qualsiasi ora del giorno e della notte, senza conoscere festività, gli uomini e le donne del Soccorso alpino e speleologico Umbria (Sasu) si occupano della ‘ordinaria’ attività di soccorso”.

Soltanto lo scorso anno sono state almeno 100 le missioni di soccorso effettuate non solo in Umbria ma anche fuori regione, in cui sono stati impegnati tecnici ed operatori professionisti della montagna ma anche medici ed infermieri in grado di muoversi in parete o in grotta autonomamente. Un vero team di specialisti unico nel suo genere , cui la legge n. 74/2001 riconosce un ruolo esclusivo per l’espletamento del servizio di emergenza urgenza tecnico sanitario, in ambiente impervio ed ostile.

Stupisce dunque che tra le poche Regioni che ancora non abbiano ad oggi emanato una normativa per regolare i rapporti in via stabile con il Soccorso alpino e speleologico, compaia proprio l’Umbria che vanta un 60% di territorio montano ad alto rischio sismico.

Dopo due anni di promesse e rinvii il Presidente Guiducci ritiene che il tempo stia per scadere e sottolinea che qualcuno dovrà un giorno farsi un esame di coscienza, “così rischiamo di buttare via tutto quello che è stato costruito in oltre 50 anni di storia di soccorso in montagna, in grotta e in tutti i territori impervi dell’Umbria”.

Tags

Articoli correlati

Un commento

  1. Ciao Mauro.
    Come dicevi questa estate sembrava che tutto stesse andando per il meglio… Chi vi ha girato la faccia?
    Saranno i soliti personaggetti??
    i migliori auguri
    paolo xix

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close