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Luca Mercalli: entro fine secolo non ci sarà più ghiaccio sulle Alpi

Abbiamo parlato a lungo degli eventi atmosferici che ultimamente si sono abbattuti sulle Alpi di Nord Est come in molte altre aree d’Italia. Eventi che, a memoria d’uomo, paiono eccezionali e rari ma è veramente così? Sono davvero eventi straordinari? Sono dovuti ai cambiamenti climatici? Per dare una risposta a queste domande abbiamo deciso di interpellare il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli.

 

Quanto possono essere frequenti fenomeni atmosferici intensi come quelli che si sono abbattuti sull’Italia nelle scorse settimane?

Partiamo esattamente da uno dei problemi più difficili della climatologia. Gli eventi rari sono poco frequenti e questo rende difficilissimo farne una statistica. L’unico evento, simile a quello capitato in Veneto, risale al 1966. Parliamo del fenomeno che ha dato come conseguenza la famosa alluvione di Firenze e di Venezia. Abbiamo quindi due punti. Con così pochi dati è impossibile, statisticamente, verificare se ci sono degli aumenti di frequenza. Se in futuro si infittiranno allora avremo una prova.

Quindi non si può provare il cambiamento climatico attraverso questi fenomeni…

Se si vuole avere una prova dei cambiamenti climatici in montagna, come ovunque, il sintomo da prendere in considerazione è il caldo. Sul caldo non ci sono dubbi: l’aumento di temperatura, i ghiacci che se ne vanno, le zanzare tigre che colonizzano l’Italia, la pernice bianca che scompare mentre altre specie conquistano le vette alpine. Su tutto questo non abbiamo dubbi, sono segnali chiari e lampanti. Con gli eventi estremi invece è più difficile perché sono pochi e sono distribuiti in modo casuale sul territorio presentando molti problemi dal punto di vista dell’attribuzione statistica. Problema che si amplifica quando poi viene il momento di comunicare questi eventi al pubblico.

Anche l’aumento di temperatura è difficile da spiegare. Molti risponderebbero che l’inverno passato è stato freddo e che è caduta molta neve. Cosa direbbe lei a chi non crede ai dati?

Queste sono chiacchiere di chi non conosce a fondo il problema ma vuole farsi delle idee, sbagliate, per conto proprio. Intanto il caldo e la neve sono due degli elementi che portano a un’immediata osservazione dei cambiamenti climatici: negli anni sono cambiate le quote. La scorsa stagione ha nevicato molto, ma in alta quota. Alle basse quote pioveva, anche a gennaio. Ormai la neve si è spostata in alto di almeno 500 metri mentre cento o cinquanta anni fa la nevicata di gennaio arrivava a quote quasi di pianura o collinari. Era possibile sciare dai 1000 metri in sui mentre oggi per trovare un buon innevamento bisogna quasi sfiorare i 2000 metri. Sotto il 1500 metri è raro vedere una buona stagione. Inoltre, benché in alcuni inverni arrivi tantissima neve, questa sparisce subito d’estate: non si accumula più e lo provano i ghiacciai che arretrano.

Come potrebbero evolvere in futuro questi fenomeni, soprattutto l’aumento di temperatura?

Molto semplicemente la temperatura continuerà ad aumentare. Possiamo solo scegliere di diminuirne la velocità, ma non possiamo arrestarlo. Il danno è fatto e non ci sono soluzioni. È fatto dai tentennamenti, dagli indugi, dalle attese inutili degli ultimi quaranta anni perché il problema del riscaldamento globale è noto in maniera completa già dalla fine degli anni Settanta. In questo periodo non abbiamo fatto niente e quindi la temperatura, in ogni caso, aumenterà ancora. Come già detto a noi sta la scelta di scegliere la velocità di questo aumento, ricordandoci però che basta un aumento di due gradi per condannare i ghiacciai alpini. Entro fine secolo non ci sarà più ghiaccio sulle Alpi, se non un piccolo residuo sulle vetta del Monte Bianco.

Come possiamo però rallentare questo aumento, ormai incontrollabile, della temperatura?

Inquinando meno. Alla fine la ragione principale del cambiamento climatico è l’utilizzo di combustibili fossili come carbone, petrolio e gas. Il primo punto è quindi ridurre le emissioni, ma facendo attenzione a tutte le emissioni. Ad inquinare non è solo infatti il comparto energetico, anche i nostri consumi inquinano. Ci sono tante emissioni nascoste: quelle dei nostri oggetti, dei nostri prodotti, di tutto quello che si fa. Per rallentare il processo dovremmo avere maggiore cura della sobrietà della nostra società.

Prima ha affermato che ormai è un processo inarrestabile, perché?

Perché ormai abbiamo fatto un danno così grande, dal punto di vista della chimica dell’atmosfera, che solo i tempi geologici lo potranno risolvere. I numeri parlano chiaro: la concentrazione naturale della CO2 è di 280 parti per milione, oggi siamo arrivati a 410 parti per milione. Da 280 a 410 il danno è fatto, è come aver avvelenato una persona. Possiamo solo evitare di continuare a somministrarglielo, ma intanto quell’avvelenamento è avvenuto.

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