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Mauro Corona: questo clima ci cambierà la vita

“La terra s’è rivoltata, i boschi sono orizzontali, i tetti han preso il volo come rondini d’autunno, l’acqua, stanca di prigionia, è evasa, il vento, da invisibile è diventato solido e rotolava come un enorme masso impazzito. Ha sfasciato tutto” scriveva sui suoi canali social Mauro Corona lo scorso 2 novembre. In quei giorni gli alberi, da verticali guardiani delle montagne, si sono piegati, squarciati, destrutturati divenendo orizzontali distese verdi. Il vento, incanalatosi nelle valli, ha raggiunto velocità di oltre 200 chilometri orari e per gli alberi non c’è stato scampo.

“Nel 1966, quando ci fu l’alluvione era solo l’acqua, oggi c’è questo vento che è una pietra, un monsone, un tornado” ha dichiarato lo scrittore ertano durante il suo consueto collegamento a Carta Bianca. “Ecco perché non si può accusare in questo caso nessuno. Solo quelli che hanno bisogno di guadagnare qualche voto, qualche consenso possono imputare ad altri quanto accaduto. Le colpe, Corona, le imputa invece al cambiamento climatico quello di cui lui parlava già tempo fa. “Quindici anni fa parlavo di un cambiamento del clima, da dolce clima Mediterraneo a clima tropicale monsonico e mi ridevano addosso: questo qui dorme sugli alberi”.

Corona attribuisce questi fenomeni al cambiamento climatico e, afferma ai microfoni del TGR Friuli Venezia Giulia, “questo vento, questo clima monsonico, da oggi in avanti ci cambierà la vita. Questo dobbiamo realizzare, non ‘per un po’ non tornano più’. Adesso si devono incaricare squadre di boscaioli di tutta Italia, se non bastano quelli del Veneto e del Friuli, affinché rendano questo legname una fonte di guadagno. Nel dramma almeno ci si guadagna qualcosa, ed è un qualcosa di molto consistente economicamente”. Per fare questo però, afferma lo scrittore ertano, è necessario alleggerire boscaioli e falegnamerie dalla pesantezza burocratica. “È mai possibile che fino a 50 quintali uno può tagliare tutto e da 50 quintali in su deve fare il patentino? Ma da che mondo uscite fuori?”. Secondo Mauro questa può essere, nella tragedia, un’occasione per ridare vita alle montagne del Nord Est colpite dallo spopolamento. “C’è da fare una distilleria del pino mugo, lavorano 20 ragazzi. Distillare il pino mugo è una medicina. Trovate i soldi per far stare bene la gente di montagna perché c’è un’alluvione anche di insofferenza ormai”.

Un ultimo appello, una preghiera alla rinascita, Corona la lancia grazie alla sua penna, delicata ma incisiva.

 

Alberi nuovi cresceranno ancora

Tra molti anni bambini li vedranno

L’erba strappata tornerà più verde

Il tempo ricuce ferite nella terra

Non quelle inferte dagli uomini alla stessa

Quando vedremo il mare senza plastica?

Quando respireremo aria migliore?

Quando i bambini cresceranno forti e giocheranno allegri come un tempo, tra boschi nuovi venati di silenzio?

Forse capiterà ma il giorno atteso

Sarà lontano e noi poveri vecchi

Figli della memoria portentosa

Di una natura in tutto il suo splendore

Non ci saremo più

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