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Addio pini Cinque Miglia, la strada più famosa d’Abruzzo non c’è più – di Stefano Ardito

La strada più famosa d’Abruzzo non c’è più. Le motoseghe dell’ANAS, nei giorni scorsi, hanno tagliato 70 delle centinaia di pini che indicavano da secoli ai viaggiatori l’antica “Strada degli Abruzzi”, oggi Strada statale 17. 

L’operazione è stata compiuta senza avvisare i Comuni competenti (così ha affermato Roberto Ciampaglia, sindaco di Rivisondoli), dopo che alcuni rami staccati dal vento avevano ingombrato la carreggiata. 

L’ANAS non ha comunicato cosa accadrà alle altre centinaia di alberi accanto alla strada, che attraversa per 8 chilometri l’altopiano, a una quota tra i 1250 e i 1300 metri di quota. 

Una parte degli amministratori locali è a favore del taglio. “E’ stato necessario per motivi di sicurezza, da aprile ci sono stati quasi venti incidenti stradali” ha affermato Mauro Leone, sindaco di Rocca Pia, nel cui territorio ricade parte delle Cinque Miglia. Ci sembra un intervento frettoloso, privo di una procedura tecnica e logica” replica Matteo Colarossi, presidente dell’Ordine degli Agronomi d’Abruzzo. 

Tutelare il paesaggio significa tutelare la storia e la cultura di un luogo e di chi lo abita” aggiunge Luciano Di Tizio, delegato del WWF Abruzzo. “Una fine indecorosa per un bene ambientale che è stato per decenni un’icona della montagna abruzzese” spiega il CONALPA, il Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio. 

Certo, preoccuparsi di 70 pini abruzzesi dopo che i venti, sulle Alpi, hanno schiantato 14 milioni di abeti sembra una questione da poco. Quella delle Cinque Miglia, però, non è una questione locale. 

Il nuovo Codice della Strada, con l’appoggio di una sentenza della Corte di Cassazione, impone per gli alberi una distanza di almeno sei metri dal ciglio delle strade. Se questa norma venisse applicata, sarebbero abbattuti centinaia di migliaia di pini neri, pini marittimi e platani, e verrebbero stravolti centinaia di luoghi importanti per il turismo e la memoria del Belpaese. 

La strada delle Cinque Miglia è tra le più antiche d’Italia. Tracciata dagli Italici, sistemata ai tempi di Roma, ha collegato i ducati longobardi di Benevento e Spoleto. 

Nel Cinquecento, dopo che le bufere avevano fatto delle stragi (200 fanti della Lega Veneta uccisi nel 1528, 500 soldati tedeschi un anno dopo) fu Carlo V, re di Spagna e signore dell’Abruzzo, a far costruire cinque rifugi. 

Due secoli dopo, per ordine di re Ferdinando IV di Napoli, la strada fu sistemata dall’ingegner Andrea Pigonati. I pini, introdotti in quegli anni, non servivano ad abbellire il paesaggio, ma a indicare la direzione giusta con la nebbia o nelle bufere di neve. 

Come spesso accade in Abruzzo, e qui il paragone con le Alpi va fatto, stupisce che i tecnici che si occupano delle strade si disinteressino totalmente della storia, del turismo e della natura della “regione verde d’Europa”. 

Mauro Leone, sindaco di Rocca Pia, nell’appoggiare il taglio dei pini, ha sostenuto che la colpa degli incidenti è di “cervi, caprioli e cinghiali che attraversano continuamente”, e che recentemente “una donna è rimasta gravemente ferita dopo aver investito un cervo”.

Chi conosce le Cinque Miglia sa bene che il vero problema è la velocità delle auto, e dei molti TIR che percorrono la statale. Anche se il limite è di 70 chilometri all’ora, il lungo rettilineo invita a schiacciare l’acceleratore. 

Chi viaggia a 90-100 viene spesso superato da veicoli che corrono a velocità di autodromo. Qualche radar, o qualche autovelox, rimpinguerebbe le casse comunali di Rocca Pia e Rivisondoli, e salverebbe la vita agli automobilisti e agli animali. 

A rischiare attraversando la strada, oltre alle specie citate da Leone, è anche l’orso che si sposta tra il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise e la Majella. Più volte la Riserva del Monte Genzana e associazioni come Salviamo l’orso hanno chiesto di ridurre i limiti e di installare dei catarifrangenti speciali. L’ANAS, la Regione Abruzzo e i Comuni non lo hanno mai fatto.  

Non è il solo caso, purtroppo. Tra Opi e Villetta Barrea, nel PNALM, un tratto della statale 83 Marsicana è costato la vita negli anni ad almeno quattro orsi, ed è indicato come “la strada della morte” nei convegni sulla tutela della specie. Nessuno ha ancora piazzato un autovelox o dei cordoli per rallentare le auto. 

Qualche settimana fa, dopo le prime nevi sul Gran Sasso, la ex-Provincia dell’Aquila si è ben guardata dal pulire le strade con i vecchi e nuovi spazzaneve, ma è corsa a chiuderle con le sbarre, cacciando escursionisti e scialpinisti. L’impatto sull’economia della zona, come negli scorsi anni, è stato pesante. 

Sulle Cinque Miglia, da decenni, gli spazzaneve dell’ANAS non puliscono il posteggio all’inizio della strada della Montagna Spaccata, impedendo anche qui di usare sci da fondo e ciaspole.  

Ci auguriamo che nel prossimo inverno, qualche camionista automobilista non voli fuori dalla statale delle Cinque Miglia a causa della mancanza dei pini, utili punti di riferimento nel white-out, la bufera che acceca. A meno che (siamo in provincia dell’Aquila!), alla prima nevicata sulla Piana, qualche funzionario della ex-Provincia o dell’ANAS non corra a chiudere con una sbarra la statale. 

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