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Una scala mobile verso l’estinzione degli uccelli delle Ande

Uno studio recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) presenta nuove allarmanti prove sul fatto che il cambiamento climatico stia portando all’estinzione di molte specie di uccelli che abitano le aree montuose tropicali, le più calde tra le aree di interesse per la biodiversità.

Gli scienziati sono andati alla ricerca di più di 400 specie riportate in uno studio del 1985 nell’area del Cerro de Pantiacolla, un picco remoto delle Ande peruviane, riscontrando nel 2017 che quasi tutte abbiano subito un declino numerico – 8 addirittura risultano già totalmente scomparse – e si siano spostate a quote più elevate lungo quella che è stata definita “la scala mobile verso l’estinzione”.

Non è chiaro se i volatili si siano spostati verso l’alto a causa del solo cambiamento termico o di impatti indiretti come lo spostamento dell’areale degli insetti o mutamenti nella distribuzione dei semi di cui si cibano.

Uno studio come questo in cui si hanno a disposizione dati storici e la possibilità di compararli con la situazione attuale è estremamente raro e pertanto di grande importanza” – ha affermato  Mark Urban, direttore del Center of Biological Risk dell’Università del Connecticut – “fin quando una specie può andare incontro a dispersione la vedrete salire ad una quota montana sempre superiore finchè questa scala mobile non si trasforma in una stairway to heaven”.

Nel 1985 John Fitzpatrick del Cornell Lab of Ornithology aveva stabilito il suo campo base sulla riva di un fiume che scendeva a valle lungo il Cerro de Pantiacolla, con l’obiettivo di catalogare gli areali di distribuzione delle specie di uccelli tropicali presenti nella zona. Per settimane la sua squadra andò su e giù lungo il pendio per 8 chilometri, utilizzando delle reti a maglie finissime per catturare e rilasciare gli uccelli e prendendo appunti dettagliati delle specie catturate ma anche di quelle di cui erano stati sentiti soltanto i richiami nella foresta.

Due anni dopo, Fitzpatrick passò i suoi appunti e foto a Benjamin Freeman, un assegnista di ricerca del Biodiversity Research Centre dell’University of British Columbia.

Nel 2017  Freeman, con alle spalle più di dieci anni di ricerche sugli uccelli tropicali, ha pensato bene di rifare il medesimo viaggio del suo mentore tra Agosto e Settembre. Utilizzando le vecchie foto dei paesaggi montani scattate dal team del 1985, è riuscito a ritrovare il punto esatto in cui riposizionare il campo base. Seguendo il medesimo percorso ed applicando le stesse metodologie adottate nel 1985 è stato in grado di valutare cosa sia successo nella zona in termini di adattamento della biodiversità, nel corso di un arco di tempo che ha visto aumentare la temperatura media della montagna di 0,42°C. Oltre al posizionamento delle reti lungo i pendii, nel 2017 sono stati posizionati nell’area studio anche 20 contenitori contenenti microfoni per registrare i suoni delle specie più difficili da vedere e catturare.

Abbiamo scoperto che le comunità dei volatili si sono spostate verso l’alto lungo i pendii alla ricerca di quelle condizioni climatiche cui originariamente si sono adattate” – dice Freeman, autore principale della recente pubblicazione, insieme al collega Micah Scholer, a Viviana Ruiz-Gutierrez del Cornell Lab of Ornithology e al maestro John Fitzpatrick.

Considerando che l’area si trovi all’interno di un Parco nazionale e dunque non sia stata soggetta a disturbi esterni in questi decenni, è probabile che la temperatura sia la causa principale del fenomeno.

Uccelli abituati a vivere in un range termico molto stretto in regioni prive di grandi variazioni stagionali come sono le zone tropicali risultano estremamente vulnerabili al cambiamento climatico” afferma Fitzpatrick.

Una situazione, quella osservata sul Cerro de Pantiacolla che, a detta degli autori, potrebbe replicarsi o essere già in atto lungo tutta la catena delle Ande e più in generale nelle aree tropicali montane.

Pare invece che le specie di uccelli che vivono nelle zone di pianura alla stessa latitudine stiano beneficiando dei cambiamenti climatici, espandendo i loro areali e spostando i loro confini superiori più in alto sulle montagne. Una situazione destinata a capovolgersi con il passare del tempo, in quanto se in questo secolo le temperature globali dovessero salire tra  i 2,6° C e i 4,8° C, le specie tropicali verrebbero sospinte da 500 m  fino a 900 m più in alto sui versanti. Per alcune specie uno spostamento così elevato potrebbe rivelarsi catastrofico. Un altro problema è che molte montagne sono state oggetto di deforestazione dunque la mancanza di habitat in alta quota limiterebbe la capacità delle specie di spostarsi verso l’alto.

Se pensiamo alla biodiversità e alla sua conservazione a lungo termine in queste aree, non possiamo davvero ignorare questo processo” – ammonisce Freeman – “ Il modo per affrontare questo problema è preservare tratti di foresta che si elevano lungo i fianchi delle montagne, corridoi in cui le specie possono spostarsi mentre le temperature li spingono verso l’alto. Sulle principali montagne delle Ande, se proteggiamo una grande fascia di territorio, forniremo lo spazio in cui sopravvivere alle piante e agli animali mentre risalgono la montagna. Per quanto riguarda le montagne più piccole come il  Pantiacolla, purtroppo non sono abbastanza alte per gestire così tanti spostamenti verso l’alto. Questi posti sono fondamentalmente sfortunati”.

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