AlpinismoRubriche

Come nasce una via in Wenden, secondo Matteo Della Bordella

Calcare compatto, pareti verticali e tanto spazio ancora da esplorare. È con queste basi che nasce una via in Wenden o, meglio, è così che Matteo Della Bordella, dopo diversi anni di spedizioni all’estero, è tornato alle origini. Lì dove negli anni ha tracciato tre lunghe vie in compagnia dell’amico Fabio Palma.

“Il Wenden fin dalla prima volta in cui ci sono andato mi ha fatto innamorare delle sue pareti e delle sue vie. Ovviamente però non mi son subito trovato a mio agio. Inizialmente ho fatto una fatica boia a scalare su questa roccia e con questa chiodatura, però ho capito che si trattava di una sfida che mi interessava e su cui mi sarebbe piaciuto impegnarmi”.

 

Quando hai aperto la tua prima via?

È stata una cosa nata quasi per caso nel 2005 quando ho cosciuto Fabio Palma. Subito Fabio mi ha raccontato che stava lavorando all’apertura di una nuova via con Domenico Soldarini e mi ha chiesto se anche io volevo unirmi a loro nell’apertura e, ovviamente, gli ho detto di si. Non aspettavo altro, per me era veramente qualcosa di fantastico provare a tracciare la mia linea su queste pareti dove ovviamente fin dalla prima volta in cui ci ero andato mi ero letto tutte le guide, mi ero studiato tutte le linee. Pensare di lasciare una traccia aprendo qualcosa di nuovo era una grande prospettiva.

Come si chiama la via?

Abbiamo aperto Portami via che però, alla fine, non siamo riusciti a liberare. Provandoci sono caduto in malo modo salendo il tiro chiave e mi sono fatto male alla schiena. A Liberarla sono stati, qualche mese dopo Ueli Steck e Simon Anthamatten che avevano saputo della via da Fabio.

In quegli anni Ueli era molto attivo in Wenden…

Capitava spesso di vederlo da quelle parti perché comunque sono le sue montagne di casa e si dedicava tanto all’arrampicata su roccia. In fondo è sempre stato un ottimo arrampicatore, però negli ultimi anni si è concentrato maggiormente sulla preparazione atletica in vista delle spedizioni. Tra il 2005 e il 2008 invece scalava tantissimo anche su roccia e in Wenden, tant’è che capitava spesso di incontrarsi.

È stato durante uno di questi incontri che vi ha parlato del suo progetto?

Si, ci eravamo visti ed era stato lui a parlare a me e a Fabio di questa via dicendoci che ci aveva provato, ma che non aveva molto tempo perché si voleva concentrare su delle spedizioni himalayane così ci ha proposto di andare insieme o di andare noi a completare la via se volevamo provare.

La cosa poi è rimasta sospesa per vari motivi. Innanzitutto perché il progetto era suo e ho sempre pensato che magari un giorno l’avrebbe finita e poi perché mi sentivo in soggezione ad andare da Ueli Steck a dire “oh, andiamo a scalare”. Anche noi poi avevamo i nostri progetti, le nostre vie da aprire, e alla fine l’idea è rimasta ferma.

Poi?

Negli anni io e Fabio abbiamo continuato la nostra attività in Wenden e abbiamo aperto altre vie,  Coelophysis e Infinite Jest, e poi anche io ho deciso di prendere la strada delle spedizioni, anche se non con i livelli di Ueli Steck. Soprattutto d’estate, negli ultimi anni, ho sempre fatto spedizioni e questo ti porta via tanto tempo. Cosa che non corrisponde con le tempistiche di apertura e liberazione di una via. Si tratta di una cosa che richiede tempo e dedizione, non basta andare lì uno o due giorni e si fa. Dopo Infinite Jest infatti non mi sono più cimentato nell’apertura di una via al Wenden finché quest’anno ho deciso di non fare spedizioni estive e, pensando alle cose interessanti da fare, mi è subito venuto in mente il Wenden.

Hai pensato anche subito di chiudere il progetto ideato da Ueli Steck?

In realtà ho pensato un po’ alle varie possibilità che c’erano e poi ho pensato che questo progetto poteva essere interessante, è nato tutto un po’ così.

Ci racconti ancora in più sulle pareti del Wenden?

Si tratta di un calcare molto compatto dove non ti puoi proteggere o quasi se non usi gli spit, questo è il motivo per cui il suo sviluppo è partito dopo rispetto alle Dolomiti all’Eiger dove il calcare è più rotto e puoi mettere le protezioni tradizionali. Per questo qui in Wenden il gioco è sempre stato quello di salire queste pareti arrampicando in libera e mettendo meno spit possibile. Una volta magari, sulle prime vie, esasperavamo un po’ questo gioco, oggi qualche spit in più lo mettiamo (ride) però non sono mai uno vicino all’altro.

Polenta con farina degli altri non fa eccezione. È una via in cui i primi quattro tiri erano già stati aperti da Ueli Steck con Kaspar Ochsner, gli altri sei tiri li abbiamo aggiunti noi.

Si tratta di una via aperta nel classico stile Wenden ovvero ci sono degli spit con lunghi tratti dove devi arrampicare tra uno spit e l’altro con un grado obbligatorio intorno al 7b al pari delle più impegnative vie di questa zona.

 

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close