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Fuori dal rifugio sotto la pioggia a 2.000 metri, ma i rifugisti si difendono: “Erano stati avvisati”

Montagna abbiamo un problema“, è la frase con cui si apre la polemica che da qualche giorno rimbalza sui social. L’imprenditore italiano Mirco Mion, maratoneta e frequentatore assiduo della montagna, su Facebook ha denunciato il fatto di essere stato messo alla porta da un rifugio nella giornata di sabato 14, a oltre 2.000 metri di quota e sotto un acquazzone. La struttura in questione, il rifugio Bonatti (non dei CAI), all’imbocco del Vallone di Malatrà in Valle d’Aosta, secondo quanto da lui raccontato, avrebbe negato il pernottamento all’escursionista e a un amico nonostante le condizioni avverse.

Nella sera del 14 luglio, dopo essere partiti da Ollmont ed aver percorso 45 Km, scendendo dal Colle Malatrà a 2.925 mt. s.l.m. diretti a Courmayeur, ci siamo riparati verso le ore 21 in questo rifugio sotto una pioggia battente, al buio e con vento. Abbiamo chiesto gentilmente se potessero ospitarci, ma essendo privi di letto la risposta è stata negativa“. I rifugisti invece puntualizzano: “le condizioni al momento dell’arrivo dei due erano buone, ancora non pioveva e l’accoglienza canonica nella struttura è stata rispettata, gli abbiamo offerto tanto di tè caldo. Le condizioni sono peggiorate solo dopo” scrive sui social Mion, che continua: “[…] alla seconda richiesta se potessimo fermarci per la notte anche solo nei locali del bar o al limite anche nelle scale dei bagni per non prendere pioggia, stare al caldo (ricordo che siamo a oltre 2.000 metri di quota) e non dover camminare al buio con i relativi pericoli, la risposta è stata nuovamente negativa. Con enorme scortesia siamo stati messi alla porta, che è stata prontamente chiusa a chiave lasciandoci basiti”.

Il post attacca poi direttamente il rifugio Bonatti: “I rifugi alpini sono nati per aiutare i viandanti che in passato attraversavano le Alpi e avevano bisogno di luoghi dove trascorrere la nottata e e rifugiarsi in caso di condizioni meteorologiche avverse. [...] Ritengo che questo luogo non possa e non debba fregiarsi dell’appellativo “rifugio”, è uno scadente locale di montagna che evidentemente ha confuso la montagna di quota con le vie della movida di Rimini“. Mion definisce la struttura “Un rifugio che di fatto porta solo il nome“.

Ovviamente non della stessa opinione i gestori del rifugio Bonatti, da noi contattati, che si difendono: “I due erano stati avvertiti via mail già il venerdì che la struttura era al completo e che quindi non c’era posto per il loro pernottamento” e ribattono: “Siamo rimasti amareggiati, è una polemica creata ad hoc. I due sapevano già che non avrebbero potuto essere accolti in quella giornata e dovrebbero perciò usare toni meno accusatori. Le condizioni meteo non erano proibitive come sono state dipinte nel post, nemmeno al momento in cui (gli escursionisti, ndr) sono stati accompagnati alla porta. Un po’ di pioggia non può fermare due atleti allenati, se ci fosse stata una vera emergenza il posto per due pernottamenti sarebbe stato fornito“. L’ultima critica di rimando della struttura va poi alla citazione delle parole di Walter Bonatti fatta da Mion, secondo i rifugisti a sproposito, in coda al suo post: “La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo”.

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