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Il presidente Arno Kompatscher contro il lupo – di Stefano Ardito

Arno Kompatscher, presidente (in tedesco si dice Landeshauptmann) della Provincia autonoma di Bolzano, ha da tempo un’ossessione. E’ il lupo, lo straordinario predatore che è tra i simboli della natura in Europa, e che quarant’anni fa, in Italia, è arrivato a un passo dall’estinzione. 

Da allora, grazie allo status di specie protetta, ai nuovi Parchi regionali e nazionali e a una nuova cultura della convivenza tra uomo e ambiente, la specie ha via via ripopolato l’Appennino settentrionale, il Piemonte e le Alpi. 

Tra l’Alto Adige/Südtirol e le regioni vicine, un paio di anni fa, i lupi “italiani” arrivati da ovest hanno incontrato quelli provenienti dall’Europa centrale e dai Balcani. 

Per chi ama la natura, la ripresa del lupo è una meravigliosa notizia. Per gli allevatori, ovviamente, si tratta di un serio problema. 

Ma è un problema che si può risolvere, come dimostra la situazione tra l’Abruzzo, la Toscana e il Piemonte. Recinzioni, cani da guardia adeguati e rimborsi, in queste regioni, permettono all’allevamento e al lupo di convivere. Certo, c’è da spendere qualche euro. Ma l’Alto Adige è una delle province più ricche d’Europa.     

Arno Kompatscher la vede in modo radicalmente diverso. A fine maggio, come ha puntualmente riferito Mauro Fattor sul quotidiano Alto Adige, il presidente dell’Alto Adige/Südtirol ha tentato di far passare alla Conferenza Stato-Regioni l’autorizzazione ad abbattere lupi e orsi. 

Pochi giorni più tardi, il 5 giugno, una delibera della Giunta Provinciale di Bolzano ha autorizzato quello che, con un termine orrendo, viene definito “prelievo”. 

L’ultimo blitz è avvenuto il 29 giugno nella cittadina turistica di Scuol, in Engadina, a pochi chilometri dal confine del Parco Nazionale Svizzero, uno dei capisaldi della tutela dell’ambiente in Europa. La conferenza dei capi di governo di ARGE ALP, la comunità di lavoro transfrontaliera fondata nel 1972, e che comprende la Baviera, i cantoni svizzeri dei Grigioni, di San Gallo e del Ticino, le Province di Bolzano e di Trento, la Regione Lombardia e i Länder austriaci di Salisburgo, Tirolo e Vorarlberg ha ufficialmente invitato l’Unione Europea ad “allentare lo status di protezione del lupo in alcune regioni alpine”.

L’arco alpino conta ormai oltre 60 branchi di lupi, di cui circa la metà vive nell’area italiana, con una popolazione complessiva di circa 500 esemplari” ha spiegato Arno Kompatscher all’ANSA. La richiesta di autorizzare gli abbattimenti, ha continuato il Landeshauptmann, si basa sull’esigenza di “proteggere l’agricoltura di montagna e di conservare uno spazio rurale vivace”. 

L’impressione, invece, e che a contare siano tre altri fattori. Arretratezza culturale, sorprendente in una terra così avanzata e moderna. Voglia di risparmiare (ma si potrebbe dire tirchieria), anche se i fondi da investire per la tutela dal lupo arriverebbero in buona parte da Roma e da Bruxelles. E soprattutto la subordinazione alla lobby dei cacciatori, fortissima in Alto Adige come in tutte le Alpi orientali. A rendere insopportabile il ritorno del lupo non è tanto il pericolo per le mucche, le pecore e le capre degli allevatori altoatesini. Ma il suo essere un pericoloso concorrente, per l’abbattimento di cervi, caprioli e camosci, dei fucili a palla dei cacciatori del Sudtirolo.   

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