Alpinismo

La lettera di addio di Elisabeth a Tomek Mackiewicz

Torna a parlare Elisabeth Revol dopo le drammatiche vicende del Nanga Parbat e a distanza di un mese da quando su Facebook aveva scritto che era un momento difficile, che non era in grado di rispondere ai tanti che le domandavano come stesse.

Torna a parlare e lo fa con una lettera drammatica e commovente di addio a Tomek.

 

A poco a poco la mia memoria prende vita, si riempie e le mie emozioni si traducono in parole. Le pagine si riempiono e avanzo tra la nebbia che si dissolve a poco a poco. La mia testa rimane aggrappata a Tomek, al Nanga e a quelle emozioni vissute lassù con e senza di lui. Quando sono sola, migliaia di parole, sfumature, mi soggiungono tutte insieme… il potere delle parole potrebbe alleviare il dolore… non faccio che pensarci, pensare alla sua vita, alla sua filosofia, alla sua arte di vivere, al suo amore per il Nanga…

Fino ad ora mi era stato impossibile scrivere questa lettera…

Tomek era uno degli uomini più liberi e più indipendenti che abbia conosciuto. Era fuori dall’ordinario. L’himalaysmo praticato sul Nanga in inverno era la sua arte di vivere. 10 anni fa voleva vivere le sue avventure, senza più attendere chi gli avrebbe permesso di realizzare i suoi sogni, di riassaporare la pienezza della vita e di essere finalmente lui. Decise di rompere gli indugi e affrontare l’ignoto con Marek. Partì guidato da una certezza: niente è impossibile per colui che ha i mezzi.

Ha avuto il coraggio di confrontarsi con le vertigini della scelta. Alla vigilia dei suoi 35 anni, dopo diversi anni di introspezione, di riflessioni, Tomek rispose a questa domanda: perché restiamo prigionieri delle nostre vite (seppur in uno stato di coscienza)?

Tomek aveva deciso liberamente di essere libero. Oggi ti scrivo una lettera di addio, ma preferisco non terminarla dicendoti “addio”, perché è una cosa che mi è ancora impossibile. Ho vissuto dei momenti unici insieme a te, ho sentito cose straordinarie e insieme abbiamo fatto cose belle e autentiche. Continuerai ad essere con me in molti modi, perché quando si scopre qualcuno come te e lo si lascia entrare nella propria vita d’alpinista, è impossibile cancellare le tracce che vi lascerà.

Il tuo sorriso resterà sempre inciso nel mio cuore e la scintilla nei tuoi occhi illuminerà i miei giorni. Ogni volta che hai parlato, ho visto brillare la magia negli occhi di coloro che ti ascoltavano. Sei stato un grand’uomo, un monumento, un mito, un genio del Nanga in inverno, un catalizzatore di energie e desideri, di sogni e vita.

Tomek è stato tra coloro che mi hanno regalato il desiderio di trascorrere del tempo su questa montagna, d’impregnarmi del suo silenzio, di osare questo passo verso l’ignoto, questo passo verso la scoperta di sé, questo passo verso la scoperta delle proprie possibilità.

È con te che ho compreso quello che avevi sentito, quello che ti spingeva ad andare oltre e trascorrere tanto tempo lassù: qnell’impressione d’immensità che non ti schiaccia, ma che, al contrario, ti da il desiderio di volare, verso l’alto, le sommità, i cieli, lo spazio… le vertigini. Il potere dell’universo, come dicevi tu.

Non conosco il momento in cui hai varcato l’estrema linea: se solo avessi potuto percepire questo segno. Non so in quale momento hai cominciato a perderti, in quale momento hai superato il punto di non ritorno, se tu stesso l’hai sentito, 90 metri al di sotto della vetta stavi ancora molto bene. Per questo abbiamo parlato poco, ma non meno o più di prima… non so ancora come sia potuto succedere per far si che oggi ci diciamo addio. La sola cosa che sento è la tua assenza, e tutta una serie di sentimenti. Abbiamo scalato insieme questa difficile invernale perché abbiamo costruito la nostra storia sulle nostre emozioni autentiche, questa esperienza viva di vita, elementare…

Eri un uomo dal grande cuore e ti sei battuto fino alla fine per ridiscendere il più in basso possibile per salvarmi la vita. Ti devo la mia vita in primis, Tomek, perché se non avessi avuto la forza e il coraggio di batterti per ridiscendere a 7.280 m durante quella notte glaciale, inumana, in modalità sopravvivenza, dal 25 al 26 gennaio, io non sarei più qui, ma sarei con te… Sapevamo tutti e due che non potevamo sbagliare e l’abbiamo accettato. Se uno oltrepassava il suo limite, l’altro lo scuoteva.

Incontrare una persona come te rimane raro, eccezionale. Sei stato il signore del Nanga ed eri, ancora una volta, su questa montagna per non rimpiangerlo, per terminare il tuo progetto… semplicemente per vivere. Tomek, avevi una passione infinita per questa montagna, lo sguardo pieno di energia per il Nanga. Avevi l’energia e la forza per vivere il tuo sogno e per arrivare in fondo ad esso.

Il Nanga è stata la tua scrittura, la tua ispirazione e il libro della tua vita.

Sul Nanga è nata la nostra cordata: una cordata felice, un legame unico, un comune stato d’animo. Tomek, sei passato nella mia vita come una corrente d’aria che mi ha riempita dell’energia della “tua” montagna.  Mi hai donato la tua grande e bellissima energia che ancora oggi porto con me.

Tomek, al di là del Nanga, resterai sempre per me un eccezionale e indimenticabile incontro. Un incontro al gusto di sogni e avventure, un incontro in tutta semplicità, un incontro che manterrà per sempre il gusto al tempo stesso amaro e dolce della libertà.

Grazie Tomek di essere stato quello che sei stato.

 

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2 Commenti

  1. X quanto mi riguarda avendo avuto, come molti, una storia simile a quella di Tomek nn posso che essere triste. Spero abbia trovato quello che tutti cerchiamo.

    1. Belle parole ma abbastanza inutili,poteva aspettarlo durante l’ascesa,non pensare a fare vetta,il polacco stava male già prima,gia’ era stanco e attardato

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