AlpinismoAlta quota

Nord GI: i protagonisti del dreamteam

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BERGAMO — Un’eccezionale squadra di alpinisti e guide alpine. Un mix di tecnica, esperienza e coraggio. Ecco le schede dettagliate dei protagonisti che compongono il “Dream team” che affronterà la Nord del Gasherbrum I. E il video della spedizione, che introduce la squadra e il nuovo sogno alpinistico da realizzare.

 

SILVIO “GNARO” MONDINELLI — Quattordici ottomila senza ossigeno: quattro parole per descrivere la forza e l’esperienza di Silvio Mondinelli, sesto uomo al mondo e secondo italiano dopo Messner ad aver raggiunto questo incredibile risultato. Ma “Gnaro”, soprannome con il quale è conosciuto e amato in tutta Italia, è molto più di questo. Travolgente e frenetico, mette in ogni azione quel pizzico di follia che la rende unica ed è capace di compiere grandi gesta con una semplicità disarmante. La sua carriera è tempestata di soccorsi ad altitudini estreme, dove non si è mai risparmiato nel tentativo di salvare la vita tanto a compagni di cordata quanto ad illustri sconosciuti. La generosità, con la quale ha svolto per 33 anni il suo lavoro quotidiano nel soccorso della Guardia di finanza, è per lui un valore prioritario come il rispetto degli altri, il lavoro di squadra, l’onestà e la lealtà sportiva. Mondinelli è nato a Gardone Valtrompia nel 24 giugno 1958. Dal 1976 ad Alagna Valsesia, ai piedi del Monte Rosa, dove svolge l’attività di guida alpina e servizio cinofilo per la Guardia di Finanza. Nel 1984 parte per la sua prima spedizione internazionale dove apre una via nuova, sulla parete nord del Puscanturpa, soprannominato l’Eiger del Sud America per la sua verticalità e difficoltà. Un versante inviolato, una grande salita in prima assoluta proprio come promette di essere la Nord del Gasherbrum I, dove Mondinelli “riprenderà” il filo dell’esplorazione. Nel 1993 comincia la serie degli Ottomila: il primo è il Manaslu, salito dalla parete sud. Anno dopo anno li scala tutti e 14,  alcuni anche due volte, fino a raggiungere la vetta del Broad Peak nel 2007: è il 12 luglio quando chiude il cerchio delle 14 montagne più alte del mondo. Ma la sua carriera non finisce qui, anzi. Nei due anni successivi mette le sue straordinarie abilità fisiche e alpinistiche al servizio della scienza, prima installando e poi riparando la stazione meteorologica del Comitato EvK2Cnr a 8000 metri di quota, sul Colle Sud dell’Everest. Nel 2009 fonda l’High Mountain University, la prima scuola di himalaysmo italiana. Nella sua carriera alpinistica, ci sono anche molte altre salite di valore su Alpi, Ande e montagne del Nord America come il McKinley. Da anni Mondinelli, con l’Associazione Amici del Monte Rosa, è impegnato nel supporto alle popolazioni locali incontrate nel corso delle spedizioni. In Nepal ha costruito una scuola, nel villaggio di Namche Bazaar, e un ospedale, a Malekhu.

DANIELE BERNASCONI — Le vette himalayane, le pareti delle Alpi e i ghiacciai della Patagonia. Ogni terreno vuol dire eccellenza per Daniele Bernasconi, considerato uno dei più forti e più completi alpinisti italiani in attività. Sguardo limpido e aria schietta, di lui colpisce la calma imperturbabile dietro cui si cela un’energia inesauribile. Bernasconi vanta grandi prestazioni sia nell’arrampicata su roccia – scala fino all’8b – sia nelle cascate di ghiaccio. In alta quota, ha salito 3 ottomila senza ossigeno tra cui spicca la prima ascensione alla Nord del Gasherbrum II. Ha all’attivo circa 300 salite sulle Alpi di grande rilievo, alcune in solitaria tra cui la Nord Est del Badile e alcune invernali. Daniele Bernasconi è nato il 19 giugno 1971. E’ appena stato eletto Presidente del Gruppo Ragni di Lecco, è guida alpina dal 2000 e geologo dal 1997. Da anni collabora con i progetti scientifici e le spedizioni organizzate dal Comitato EvK2Cnr. Si occupa regolarmente anche del monitoraggio frane e di attività didattiche per ragazzi, in particolare di arrampicata sportiva ed educazione ambientale, nonché di sicurezza, formazione a gruppi aziendali e team-building. Ha inoltre conseguito la qualifica di Osservatore Nivologico e di Guida Alpina Specializzata per l’insegnamento delle procedure in materia antinfortunistica nei lavori su fune. In Himalaya ha salito, sempre senza ossigeno, il Makalu (8.473 metri) dalla via normale, l’Annapurna (8.091 metri) dalla parete Nord, e il Pumori (7.161 metri). La sua più grande realizzazione è però la prima salita della parete Nord del Gasherbrum II (8.035 metri), compiuta nel 2007 con Karl Unterkircher e Michele Compagnoni in stile alpino. Bernasconi ha compiuto un tentativo alla parete nord del K2 (8.611 metri) durante la spedizione K2 2004. Negli Usa ha all’attivo la via Salathe a El Capitan. In Sud America, ha salito Fitz Roy e Aguja Guillamet, prima di compiere, nel 2009, la traversata da est ad ovest del ghiacciaio dello Hielo Continental con Hervè Barmasse e Giovanni Ongaro. Sulle Alpi ha salito quasi tutte le vie più interessanti e significative nella zona Masino-Bregaglia. Nel suo curriculum, ci sono diverse salite classiche e moderne di alta difficoltà in Dolomiti, Alpi Centrali, Oberland bernese, Svizzera centrale, Wenden e Ratikon nonchè sulle Alpi Occidentali, specialmente nel gruppo del Monte Bianco. Ha sempre svolto un’intensa attività di arrampicata sportiva, tiri e boulder.

SORO DOROTEI — Un eroe degli anni Ottanta, che torna in campo per coronare la sua carriera con una delle più grandi imprese alpinistiche moderne. Soro Dorotei, centocinquanta vie nuove sulle Alpi, diverse invernali e solitarie all’attivo, ha salito sei ottomila all’attivo senza ossigeno tra i quali si conta la prima ripetizione della vertiginosa via Bonnington sulla parete Sud dell’Annapurna (8.091 metri) con Benoit Chamoux, sarà di nuovo in campo per tentare l’inviolata Nord del GI. Soro Dorotei è nato a Belluno il 22 aprile 1951. E’ guida alpina, istruttore e maestro di alpinismo dal 1978. Ha un passato da maresciallo capo dell’aeronautica militare e dal 1991 gestisce del rifugio Passo Duran “Tomè”, tra Agordo e la val Zoldana, con la moglie Ornella e i figli Andrea e Vittoria. La sua carriera alpinistica è nata sulle montagne di casa, le Dolomiti, dove ha svolto un’attività intensissima. La preparazione per le grandi montagne è avvenuta con diverse invernali tra cui ricordiamo Nord del Pelmo, la via Ratti alla Su Alto e altre minori. Ha compiuto anche diverse solitarie tra cui si ricorda via Strobel alla Rocchetta Alta di Bosco Nero. Dal 1983 inizia a frequentare le grandi montagne Himalayane, dove compie nove spedizioni e una decina di trekking, sale sei ottomila senza ossigeno – Lhotse, K2, Nanga Parbat, Manaslu, Annapurna, Broad Peak– e organizza regolarmente diversi trekking. Ha partecipato alla spedizione alpinistico scientifica East-Lhotse 1997 del comitato EvK2Cnr. Nel 2004 è stato vice capospedizione della spedizione alpinistico-scientifica K2 2004 sull’Everest, durante la quale è stata ricondotta la misurazione dell’altezza della montagna.

MARIO PANZERI — Gli ottomila, la sua passione e il suo futuro. Mario Panzeri, lecchese, ex Ragno di Lecco, è nel pieno della sua corsa ai quattrodici ottomila, con 10 vette scalate senza l’ausilio di ossigeno e tentativi compiuti sulle vie più difficili dell’Himalaya. Allegro, impulsivo e determinato, Panzeri è uno che non molla mai e che contagia tutti con la sua risata. Il GI è uno dei gioielli che mancano alla sua collezione, ma è soprattutto una sfida con sé stesso, su una parete inviolata. Mario Panzeri è nato il 10 maggio 1964, ed è guida alpina dal 1987. Ha una vastissima esperienza nei lavori in esposizione e nella messa in sicurezza di qualsiasi tipo di pareti rocciose nonchè nell&r
squo;apertura, ripristino, pulizia e chiodatura di vie alpinistiche e falesie. In Himalaya ha salito dieci ottomila senza ossigeno, collaborando spesso con i progetti scientifici EvK2Cnr. Ha salito lo spigolo nordovest dell’Ama Dablam (1985) e ha all’attivo tentativi all’Hornbein Couloir dell’Everest e alla parete Ovest del Makalu. Panzeri ha compiuto spedizioni extraeuropee in sud America, dove ha aperto una via nuova sull’Auguille Poincenoit e salito l’Huascaran. Ha realizzato salite nei principali gruppi alpini ripetendo le grandi classiche (con prime salite in solitaria, invernali e concatenamenti) e aprendo diverse nuove vie.

MICHELE COMPAGNONI — L’alpinismo di una volta in chiave moderna. Forte, silenzioso, inarrestabile sulla montagna. Onesto, affidabile e gentile: ecco Michele Compagnoni, nipote del grande Achille, autore della prima salita al K2. Alla sua prima esperienza himalayana, Compagnoni sale senza ossigeno il gigante pakistano e tre anni dopo, alla seconda, sfiora la vetta del Gasherbrum II durante la spedizione che ha siglato la prima salita della parete Nord. Ora ritorna in campo, per realizzare il sogno condiviso con l’amico Karl Unterkircher durante quel primo viaggio sul versante cinese dei Gasherbrum. Michele Compagnoni è nato il 21 giugno 1972 a Bormio. E’ guida alpina e tecnico elisoccorso del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino. Da anni attivo sulle Alpi (Grandes Jorasses, Cervino, Monte Bianco), nella primavera 2006 ha affrontato la sfida agli 82 quattromila delle Alpi da scalare in 80 giorni, interrotta a causa del maltempo dopo la salita di 25 vette in 12 giorni effettivi di scalata. Ha effettuato numerose ascensioni nel gruppo Ortles-Cevedale, in Val Masino, nel gruppo del Bernina, nel gruppo del Bianco. Intensa la sua attività su roccia, ghiaccio e misto soprattutto sulle Alpi. Ha salito in sci alpinistica varie volte tutte le cime dell’Alta Valtellina e del Gruppo Ortles-Cevedale. Ha partecipato a diversi rally scialpinistici tra cui Sellaronda, Mezzalama, Coppa Dolomiti, Coppa delle Alpi Centrali. A livello extra-europeo, Compagnoni ha preso parte a spedizioni in Sud America salendo Aconcagua e Nevado Pisco sulle Ande. In Himalaya-Karakorum, ha salito il K2 (8.611 metri, Sperone Abruzzi) senza ossigeno e compiuto un tentativo all’Everest (8.848 metri, Colle Nord) arrivando ad oltre ottomila metri, sempre senza ossigeno. Sulla Nord del GII è arrivato a 150 metri dalla cima, ha traversato la montagna sulla sella ovest e raggiungendo i compagni in discesa sul versante Sud.

HERVÈ BARMASSE — Giovane, bello ed estremamente preparato. Barmasse è la promessa dell’alpinismo italiano. Il Cervino, dove fa la guida e dove ha aperto nuove vie, è la sua casa. Ma Hervè, a soli 32 anni, ha già all’attivo diverse prime salite di livello in Patagonia e Karakorum. Ha un passato importante nell’arrampicata e nello sci ripido, e l’inviolata nord del GI sarà il suo battesimo sugli ottomila, mondo in cui sogna di entrare all’insegna dei suoi ideali: avventura ed esplorazione. Hervè Barmasse è nato il 21 dicembre 1977 ad Aosta e vive a Valtournenche. Istruttore nazionale delle Guide Alpine dal 2007, è guida del Cervino dal 2000, maestro di sci dal 1996 e di snowboard dal 1997. E’ anche allenatore federale di sci. Videomaker e conduttore televisivo, oltre che scrittore, vive davvero la montagna a 360 gradi. Figlio d’arte – suo padre Marco Barmasse è uno degli alpinisti valdostani più in vista – è alla quarta generazione di guide. Nel 2000 partecipa alla sua prima spedizione in Himalaya, per tentare la prima discesa assoluta del Cho Oyu in snowboard. Nel 2004 in Pakistan con la spedizione Up Project apre sullo Scudo del Chogolosa una nuova via in stile alpino e un’altra sullo Sheep Peak (6300 m). L’anno dopo scala in solitaria una parete inviolata di circa 6000 metri sulla costiera del Farol Peak e apre due nuove vie su una cima inviolata: “Up and down” (800 m di sviluppo, difficoltà 6c/7a e A1) e “Fast and Fourius” (700 m), quest’ultima di ghiaccio e misto moderno. Nel 2008 la prima salita in stile alpino del Bekka Brakai Chhok 6940 m. con Simone Moro e poco dopo sale una cima inviolata del Muztag-hata di 6250 m. Nelle Alpi è sempre alla ricerca di salite impegnative, prediligendo nuovi itinerari ed esprimendosi in solitarie veloci. Nel 2000 apre una nuova via sulla Parete Sud del Cervino, nel 2002 compie la prima salita in solitaria della via “Casarotto Grassi” (Cervino, Parete Sud – 1300m di sviluppo ED). Nel 2007 prima salita in solitaria e la seconda ripetizione assoluta della Parete Sud del Cervino, passando per la via “Direttissima” aperta nel 1983 da suo padre. Nella primavera del 2006 sbarca in Patagonia e, dopo una tragedia sfiorata al Cerro Piergiorgio, apre una nuova via (“Caffé Cortado”, 1200m di sviluppo ED) sul versante Nord del Cerro San Lorenzo. Per questa salita ottiene per la seconda volta il premio accademico del CAI “Paolo Consiglio”. Dopodichè inizia la lunga storia con la muraglia inviolata Piergiorgio, conclusa nel 2008 con la prima salita della parete, siglata con Cristian Brenna. Tra gennaio e febbraio 2009, torna in Patagonia per la traversata dello Hielo Continental Sur, il terzo ghiacciaio più esteso del mondo, e il tentativo al Cerro Riso Patron.

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