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Politica e Montagna: il candidato Dario Violi ci spiega il programma del M5s per le Terre Alte

Dario Violi, 32 anni, nato e cresciuto a Costa Volpino, in provincia di Bergamo. Laureato in scienze politiche è da sempre attivo sul suo territorio. Con entusiasmo, afferma, nel 2011 è entrato a far parte del Movimento 5 Stelle di Bergamo. “L’ho visto crescere nei mesi successivi con l’ingresso di nuove persone, nuove idee e proposte concrete” afferma il politico che oggi è candidato alla presidenza della Regione Lombardia. Nel suo programma molte interessanti iniziative incentrate attorno al mondo delle terre alte.

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Sul suo sito scrive che “per il Movimento 5 Stelle la montagna deve tornare ad essere tra gli attori principali dello scacchiere economico lombardo”. Come intende realizzarlo?

Attraverso la costruzione di una politica ad hoc che consideri cos’è il territorio montano. La montagna non è un territorio marginale poco rappresentativo. Rendere la montagna attore principale dello scacchiere economico significa valorizzare le aziende che già esistono, vuol dire applicare, come fanno molti altri Paesi europei, una fiscalità particolare a chi ci vive in quei territorio. Una necessità per potergli consentire di resistere, di non essere attratto dalla voglia di delocalizzare la propria azienda.

È in atto uno spopolamento, dobbiamo cercare di fermarlo rendendo attraente l’ambiente montano.

Tra gli obiettivi del suo programma leggiamo la riorganizzazione e manutenzione delle aree boschive. Vista l’attualità dell’argomento, ci spiega qual è importanza di queste opere?

Detto sinceramente io ho una certa difficoltà a far capire la necessità della manutenzione del bosco a Milano. Spesso in città c’è la tendenza a considerare la montagna un posto bucolico che non va toccato. A Milano cementificano anche le aiuole, ma la montagna non va toccata. Non hanno idea di cosa sia la manutenzione e la cura del bosco, di cosa voglia dire mantenere la foresta.

Noi oggi abbiamo un problema gigante con la foresta, che avanza, e con la mancata manutenzione del sottobosco che, per mancanza di cura, crea problemi di dissesto idrogeologico.

Come si possono risolvere tutti questi problemi?

Bisogna programmare. Bisogna imparare a considerare il taglio dell’albero non come deforestazione ma come manutenzione. Molti non addetti ai lavori quando sentono la parola “taglio” pensano subito all’Amazzonia e non si rendono conto invece di quanto possa essere utile fare manutenzione. Non si fa più manutenzione del bosco per la subcultura che il bosco non debba essere toccato e si mantenga da solo.

Uscendo per un attimo dall’area di competenza lombarda. Lei sa per certo che l’Italia è una nazione fatta di montagna. Crede sia necessaria una politica nazionale di gestione delle aree montane?

Prima di tutto credo sia necessaria una politica di coesione. Ci sono aree collinari che soffrono lo spopolamento e sicuramente la soluzione futura non sarà l’agglomerato urbano.

Fondamentale è mantenere e sviluppare l’economia nelle aree in cui si cresce, nei luoghi in cui si può tramandare una cultura. Parlo di Regioni a economia speciale e Regioni di confine. Parlo di Lecco, ma anche del Verbano-Cusio-Ossola e poi del Trentino che fa storia a se. Parlo del centro Italia e delle aree interne. Bisogna investire sul tema dell’agricoltura e del manifatturiero. Spesso si va raccontando che chi vive in montagna può vivere solo di turismo, ma questo non ha senso. Magari lo sviluppo di un terziario, un miglioramento della rete digitale permetterebbero di avvantaggiare le persone nelle aree in cui vivono.

La montagna può essere luogo d’integrazione per i migranti?

Se penso alle realtà delle mie montagne, a posti come San Simone o Lizzola, faccio fatica a credere una cosa del genere.

In questi anni la montagna è stata usata dalle prefetture per trasferire il problema dei migranti. Questo però non è un modello di integrazione e non fa bene. Non fa bene ai migranti perché li ospita in quegli alberghi che servirebbero per fare business e non fa bene anche agli altri, perché la gente non vuole andare a fare villeggiatura dove ci sono migranti.

In più c’è anche la questione morfologica perché non credo abbia senso prendere degli africani e mandarli in una zona con un clima, una temperatura che per loro non è adatta.

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