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Il racconto di Elisabeth Revol

In ospedale a Sallanches per curare i congelamenti a mani e piedi, Elisabeth Revol racconta all’agenzia France Presse le ore drammatiche sul Nanga Parbat, dalla vetta al salvataggio.

Elisabeth e Tomek arrivano in vetta tardi, alle 18.00, a causa della difficoltà di trovare la via sul trapezio sommitale. In vetta, lui le comunica di non vedere più nulla. La causa un’oftalmia: si era tolto la maschera durante il giorno perché il tempo era velato e lui non riusciva a vedere.

Non trascorrono un minuto di più in cima ed iniziano a scendere. Lui appoggiandosi alla spalla di lei. Ad un certo punto Tomek inizia a far fatica a respirare e si toglie la protezione davanti alla bocca. Comincia così a soffrire di congelamenti: prima il naso, poi le mani, infine i piedi.

Racconta che sono arrivati a 7200 metri dove trovano riparo in un crepaccio; Tomek non ha più le forze per tornare al campo. All’alba inizia a sanguinare costantemente dalla bocca. I sintomi sono quelli di un edema.

Foto @ AFP / PHILIPPE DESMAZES

“Mi è stato detto – dice Elisabeth – se tu scendi a 6.000 m, possiamo recuperarti e possiamo recuperare Tomek a 7.200 m. Questa cosa è stata fatta così. Non è stata una decisione che ho preso, ma è stata imposta”. Lascia quindi Tomek, dicendogli: “ascolta, arrivano gli elicotteri nel tardo pomeriggio, sono obbligata a scendere, verranno a riprenderti”. Manda la sua posizione GPS, protegge Tomek nel migliore modo possibile, e scende, senza equipaggiamento, come del resto è lui. 

Soffre di allucinazioni per la quota ed immagina che le portino del tè caldo e che per ringraziare debba dare uno scarpone, che quindi si toglie rimanendo con il piede scoperto per 5 ore.

Arriva il giorno e raggiunge i 6800 metri, dove si ferma ad attendere l’elicottero. Non si muove da lì per conservare le forze e immagazzinare calore. Riesce a sentire l’elicottero che sorvola il ghiacciaio, ma il vento si sta alzando ed era troppo tardi per un intervento. Quando viene a sapere che l’elicottero sarebbe potuto venire solo il giorno seguente e che dovrà trascorrere un’altra notte all’addiaccio, decide di rimettersi in movimento. “Era una questione di sopravvivenza”.

Scende in modo cauto, i guanti bagnati, il freddo intenso che le sta congelando le dita ed il dolore quando afferra le corde fisse. Verso le 3.30 del mattino raggiunge campo 2. “Ho visto due frontali nella notte, ho iniziato ad urlare”. Una grande emozione quando vede Adam Bielecki e Denis Urubko.

Poi il salvataggio, l’evacuazione ad Islamabad ed il trasferimento in Francia. Tornerà in montagna? “Ne ho bisogno” risponde Elisabeth.

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