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La conquista del Manaslu di Alessandro Corazza: la montagna dello spirito dona solidarietà al popolo nepalese

Testo della dott.ssa Donatella Polvara, membro del Comitato Scientifico CAI

 

Una serata dal sapore trentino, quella che si è tenuta presso la sala Conferenze della Fondazione Caritro di Trento. Il comune denominatore la passione per la montagna, l’alpinismo in alta quota, l’amicizia, e la solidarietà. Protagonista l’alpinista trentino e presidente della Commissione Escursionismo della SAT Alessandro Corazza, che lo scorso settembre, con una spedizione composta da 10 scalatori, e 12 sherpa, ha conquistato la cima del Manaslu 8163 metri. Presente alla serata anche Claudio Bassetti presidente della SAT.

La preparazione fisica e mentale

Un sogno che porta nel cuore fin da piccolo. Per affrontare una montagna tanto difficile ed insidiosa si prepara mentalmente e fisicamente grazie al supporto tecnico di Luca Montanari. Alessandro Corazza scala in questi ultimi anni i 6900 metri dell’Aconcagua, L’Elbrus, la Piramide Carstensz, il Kilimanjaro, l’Huascaran e altre innumerevoli cime tra i 5 e i 6000 metri, segue anche una preparazione atletica molto intensa sulle montagne del trentino. I consigli del suo maestro Maurizio Giordani: “Segui i tuoi scarponi che ti porteranno in cima”. Sono il motore per la sua impresa e lo porteranno fino in vetta. 

Attacco alla cima

L’alpinista trentino giustifica la fatica fisica un utile modo per acclimatarsi. Combatte il freddo, e tutti i sintomi relativi all’alta quota, ha una grande determinazione. Anche se le condizioni meteo sono pessime non si perde d’animo; affronta, con i suoi compagni di cordata, il labirinto dei crepacci, un percorso insidioso reso ancora più pericoloso perché coperto da neve fresca. Segue una sola taccia esigua procedendo con cautela per non rischiare la vita.  Supera il dislivello in salita nonostante le difficoltà create da abbondanti nevicate che coprono le tende e rendono ancora più difficile seguire le tracce per il percorso. Supera il fantomatico “occhio del Manaslu” un percorso che conduce al campo 2 attraverso una via pericolosa, ricolma di crepacci e seracchi, da dove pendono blocchi di ghiaccio instabile, dove durante la fase di acclimatamento finisce in un crepaccio senza colpo e ferite. Affronta “la scalata degli angeli” con tanta fatica, vedendo ciò che un Alpinista non vorrebbe mai: il cadavere di uno scalatore perito per il mal di montagna. Parte da campo 3 affrontando il muro della morte, chiamato così, per l’alto pericolo valanghe. Molti amici stanno male, lui non vuole l’ossigeno perché vuole farcela con le proprie forze, il fiato corto non gli permette nemmeno di parlare. Stringe i denti e supera i suoi limiti. Dopo una breve notte passata a 7400 metri, il 27 settembre 2017 alle ore 5.30 del mattino è in vetta! 

Una grande emozione

Dedica la cima a sua madre, ammalata di tumore operata il giorno prima, e alla SAT in segno di ringraziamento in chi ha fatto si che il suo sogno diventasse realtà. L’emozione più grande -racconta l’alpinista- è stata vedere, oltre tutta la catena montuosa nepalese, la curvatura del mondo.  Il blu del cielo: “L’immagine della notte che si fonde con i bagliori dell’alba che rimarrà per sempre nel mio cuore”.

L’amicizia 

Durante la serata, l’alpinista ha ricordato più volte il senso dell’amicizia, un valore in cui crede molto: “Con i compagni di cordata si crea un legame fisico oltre che affettivo che ti lega per sempre. Questo è il messaggio che vuole trasmettere anche ai giovani insieme al fatto che anche chi non è un professionista della mo”ntagna, insieme ad una preparazione adeguata e con passione, può raggiungere dei traguardi importanti.

La solidarietà 

La montagna dello spirito gli permette di incontrare a Kathmandu Angelo Giovanetti, vice presidente dell’associazione Oskar for Langtang che, in memoria di Oskar Piazza, si propone di prestare aiuti alla popolazione Nepalese. L’associazione ad oggi ha costruito e consegnato un ostello per gli orfani della valle del Langtang e tutt’ora è impegnata nella realizzazione di una piccola scuola, nella valle povera del distretto del Solukhumbu. Scatta in Alessandro Corazza una forte motivazione, anche in ricordo di suo zio missionario morto. Con le serate in giro per il Trentino vuole dare un valido contributo a questo progetto, oltre che trasmettere il messaggio che la montagna va amata, rispettata e vissuta ma con la coscienza che si arriva in cima rispettando i propri limiti. 

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