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Arnoldi: valanghe, la legge esiste già

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BERGAMO – “Bisogna togliere enfasi alla tragedia, la montagna non uccide, fa vivere meglio. Non disincentiviamo chi ci va, cerchiamo di formare, e forse ridurremo il numero di incidenti. Soprattutto evitiamo una legislazione che sia inapplicabile. La legge c’è già, ed è già molto chiara, non inventiamoci altre cose che creerebbero solo complicazioni e confusione”. E’ secco il parere di Gianantonio Arnoldi, ex presidente del gruppo parlamentare "Amici della montagna" e promotore della legge 363 del 2003 sulla sicurezza negli sport invernali, riguardo l’emendamento proposto in questi giorni dal Governo per mandare in carcere chi provoca valanghe.

Arnoldi, la catena di incidenti da valanga ha scosso il Governo…
Prima di tutto bisogna distinguere tra lo sci in pista e fuoripista. In questi giorni si è fatta molta confusione. Sembra quasi che gli incidenti capitino a tutti coloro che vanno in montagna, anche a chi scia in pista. Invece, capitano a chi si avventura fuoripista senza valutare bene il pericolo. Altrimenti cominciamo a far credere alla gente che la montagna sia solo rischiosa, invece non c’è niente che fa meglio alla salute e alla mente.

Pensa che ci sia confusione su questo argomento?
Sì, in questi giorni sembra che andare in montagna faccia male. Invece andare in montagna fa bene in ogni caso. Salva più la montagna che qualsiasi città inquinata. Poi può darsi che capiti qualche incidente, ma la percentuale sul totale è talmente ridicola che il fenomeno mi sembra sopravvalutato rispetto ai benefici che invece porta l’andare in montagna. Fatta questa premessa credo che ci vogliano sicuramente delle campagne di comunicazione e responsabilizzazione finanziate o finanziabili con la legge n. 363 del 2003 sulla sicurezza negli sport invernali che ho promosso personalmente da parlamentare.

Che cosa prevede la legge?
Innanzitutto prevede lo stanziamento di fondi, 500mila euro ogni anno, per delle campagne informative di sicurezza dello sci, attraverso cui informare meglio cittadini e popolazione che vogliono farsi un’escursione in montagna e da svolgersi nelle scuole. Poi, prevede già delle responsabilità colpose e quindi anche sanzioni penali di un certo tipo per comportamenti dolosi che comunque, in generale, sono già sanzionati.

Ora però si è arrivati addirittura a proporre il carcere per chi provoca valanghe…
Non mi sembra che si debba ulteriormente sanzionare una situazione che è già regolamentata. E poi mi sembra difficilmente applicabile una formula come quella citata nelle notizie di queste ore. Come si può verificare la consultazione dei bollettini? O dimostrare che la valanga è stata creata da un fatto climatico ma accentuata da un passaggio o cose del genere? L’argomento da affrontare è piuttosto quello di una maggiore e più puntuale informazione.

Ha qualche idea in particolare?
Già si fanno dei corsi nelle scuole, ma ne andrebbero fatti di più. Bisogna fare cultura della montagna, insegnando a fare escursioni con attrezzature adeguate. Bisogna poi magari favorire lo sci e lo snowboard in pista, creando delle aree anche per gli appassionati del fuoripista. Comunque, in generale, fa bene ed è utile vivere il turismo montano, anche “border line” se vuoi. Certamente lo sci fuoripista è sconsigliato in alcuni periodi dell’anno e in certe condizioni, ma non è la montagna che fa male, è il singolo che deve usare la testa.

Ma i rischi sono alti…
Il fuoripista ha gli stessi rischi dell’arrampicata o delle passeggiate nei boschi, né più né meno. Poi è chiaro che qualche comportamento poco attento e spesso involontario può creare problemi. Ma non è attraverso la repressione, è solo con l’informazione che va risolto. Dire “ti mando in galera” tra l’altro con i problemi delle carceri e della giustizia lenta che abbiamo in Italia, fa un po’ ridere. Quest’uscita sulle carceri per valanga è un po’ imbarazzante.
 
Pensa che i media stiano quindi esagerando?
In questi giorni sono successi parecchi incidenti, però c’è forse troppa enfasi. Incidenti ne capitano anche camminando in città o guidando l’auto. In montagna sono comunque pochi rispetto al numero di persone che fa una pratica sportiva che, come tutte, qualche punta di rischio ce l’ha. Ma bisogna smettere di fare tragedie, la montagna non uccide, fa vivere meglio. Non disincentiviamo chi ci va, cerchiamo di formare, e forse ridurremo il numero di incidenti. Ma se anche  non lo dovessimo ridurre, il conto è già positivo a favore dell’andare in montagna. Soprattutto, evitiamo una legislazione che sia inapplicabile. Lo ripeto, la legislazione c’è già, la 363/2003 è già molto chiara su regolamenti e comportamenti, non inventiamoci altre cose che complicherebbero la situazione e, come altre proposte fatte da persone che non conoscono bene la montagna, potrebbero generare confusione e logiche malate.

Di cosa ha bisogno la montagna?
La montagna ha bisogno di cose che aiutino a viverla meglio. Di incentivi agli investimenti, strade migliori, infrastrutture. Bisogna ammodernare gli impianti esistenti, investire sulla qualità delle strutture  alberghiere, migliorare i rifugi che siano meno impattanti sull’ambiente, collegare Internet nei rifugi e nei paesini di montagna, fare un sistema scolastico efficiente e magari a distanza. Insomma, far sì che la gente non scappi verso le città. Non ha bisogno di chiacchiere o nuova burocrazia.

Sara Sottocornola

Links: Legge 363/2003 

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