News

Alberto Osti Guerrazzi, una vita per la montagna appenninica

Una serata reatina di fine novembre. Fa freddo e sibila forte il vento attraverso la finestra di quella che sulle Alpi chiameremmo piola e che qui porta più semplice la scritta “osteria”. Siamo in compagni di Enrico Ferri e Alberto Osti Guerrazzi. Il primo l’abbiamo già conosciuto in un’intervista di qualche tempo fa. Il secondo è invece il protagonista della chiacchierata di quest’oggi. Toscano d’origine dedica buona parte della sua vita alla promozione della montagna appenninica sia attraverso la pratica che attraverso “Edizioni il Lupo”, casa editrice specializzata in Appennino di cui è socio e autore di vari testi, e collaborando all’organizzazione del festival romano “Montagne in città”.

Ti impegni davvero tanto nella valorizzazione della montagna appenninica…

Sono le mie montagne, non potrei fare altrimenti.

Ci racconti chi sei in poche parole?

Credo di essere un alpinista mediocre. Uno di quelli che ormai pare essere scomparso dalla montagna in favore di escursionisti o grandi alpinisti. Persone molto forti già da giovanissime. Ragazzini che toccano i 7a come se fossero acqua, che vanno su gradi alti sia in inverno che in estate.

Io invece mi ritengo parte di quel mondo mediocre che si diverte senza la ricerca del grande exploit. Faccio parte di una specie che dicono stia scomparendo, ma che ritengo potrebbe essersi nascosta.

Nascosta?

Si, perché con questo aumento del livello medio ci si vergogna un pochino quando ci si ritrova davanti a questi ragazzini e lo stesso vale in tutti i campi. Ad esempio nello scialpinismo. Lo pratico da 30 anni e mi considero uno scialpinista però se confronto quello che ho fatto io e che consideravo difficile con quello che fanno oggi mi rendo conto di non essere andato oltre il terreno d’iniziazione d’oggi.

Cosa significa invece essere alpinista d’Appennino?

Beh significa molto… So che qualche tempo fa avete intervistato Cristiano Iurisci, un bravo e forte alpinista che si definisce appenninista e lui, con il suo appenninismo, ha contribuito a far conoscere altre montagne d’Appennino oltre al Gran Sasso. Perché per noi il Gran Sasso è un problema: risucchia tutta l’attenzione con la sua roccia stupenda.

Ma l’Appennino non è solo paretone. Li vicino abbiamo il Sirente che ha una splendida parete nord su cui, grazie proprio a Iurisci e, prima di lui a Guzzardi, si stanno riscoprendo e sistemando vie di arrampicata molto interessanti. Di certo non percorsi entusiasmanti come quelli del Gran Sasso o, per fare un paragone alpino, delle Dolomiti, ma di certo luoghi e vie che permettono ad un appassionato dell’Italia centrale di vivere la montagna appieno senza dover ogni volta chiedere le ferie ed imbarcarsi in sei, sette ore di macchina.

Perché l’Appennino dovrebbe attrarre alpinisti dalle Alpi e dal resto del mondo?

Perché l’Appennino offre tutto quello che la montagna può offrire. A partire dal Gran Sasso che era una montagna completa in grado di offrire di tutto, anche un ghiacciaio oggi purtroppo scomparso. Più in generale l’Appennino offre vie alpinistiche, percorsi escursionistici, cascate di ghiaccio e percorsi scialpinistici che possono competere tranquillamente con quelli alpini. E non sono solo io a dirlo, me l’hanno confermato alpinisti inglesi, austriaci, olandesi incontrati per i canali della Majella.

Sulle Alpi abbiamo “I 4000 delle Alpi” in Appennino tu hai creato “I 2000 d’Appennino”…

Io ho conosciuto le Alpi grazie al libro “i 4000 delle Alpi”. Un testo che affascina, ma in fondo c’è poco da fare quando ti ritrovi davanti ai colossi alpini. Quel testo però mi è stato d’aiuto non solo per approcciarmi alle grandi cime alpine, ma anche per scoprirne i segreti e gli angoli più selvaggi. Allora ho pensato che un libro simile sarebbe risultato utile per promuovere la conoscenza delle montagne appenniniche. È stata una sfida che alla fine si è concretizzata in un volume che racconta le vie normali alle principali vette della catena. Un modo per dire “l’Appennino è natura” e non solo montagne martoriate da un’edilizia feroce che si è accanita durante gli anni ’60 e ’70 lasciandoci oggi ad osservare dei templi cemento.

Su cosa dovrebbe puntare l’Appennino oggi?

Sulla natura.

Articoli correlati

Un commento

  1. Sulla natura e…sulla civilta’ che si trova nei Borghi.Dopo un’escursione o impresa..una mangiata di prelibatezze locali dove la trovi? IN Nepal?Poi dopo lauto pasto ..passeggiata per vie e strade immerse in architettura…opere d’arte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close