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Elisoccorso: un convegno tra passione, impegno e l’allarme per i troppi escursionisti impreparati

Una giornata dedicata all’elisoccorso tout court, dalla montagna alla sicurezza civile, fino all’ambito militare e marittimo. Un bel confronto, quello che si è tenuto sabato scorso a Bolzano, e uno scambio di informazioni che ha fatto il punto sull’uso di una macchina, che è il paradigma stesso dell’evoluzione dei metodi di soccorso e che ha drasticamente accorciato i tempi tra “evento e intervento”.

L’elicottero è impiegato largamente, specialmente in montagna, per interventi gravi: sia per togliere i soggetti soccorsi da situazioni di grave pericolo, per esempio in parete con condizioni meteo critiche, sia per salvare la vita a infortunati in luoghi impervi. In Trentino Alto Adige il numero maggiore di interventi riguarda il mese di agosto e su 2400 interventi primari, il 40% riguarda attività sportive.

Tra le novità presentate è stato spiegato che anche in Italia il volo notturno è diventato, da inizio 2017, una realtà anche per i voli civili. Era ora, e nonostante le difficoltà, ci è parso di capire che la professionalità e la passione che ci mettono i piloti e i tecnici stanno facendo recuperare i tempi perduti.

Il CNSAS, Aiut Alpin, Heli, protezione Civile, qui in Trentino Alto Adige, oggi riescono a collaborare al meglio, magari hanno impiegato un po’ di tempo per riuscirci, ma alla fine il sistema del soccorso e dell’elisoccorso funziona, eccome.

Giorgio Gajer al convegno sul Soccorso Alpino, Foto @ Marco Parisi

Grande la commozione di Giorgio Gajer, presidente del CNSAS altoatesino, che ha dedicato il convegno al fraterno amico Lorenzo Zampatti e a all’amico e soccorritore Michele Nardin, pilastri per anni del Soccorso Alpino in Alto Adige. Questi oltre al valore della pietà umana hanno fatto sì che il soccorso avesse riconoscimento sociale e professionale, indicando così la strada per il futuro del Corpo. 

Ma tutte le rose qualche spina ce l’hanno. Infatti, a fronte di un dispiego sempre più professionale e tecnologico di uomini e mezzi, si assiste a un livello sempre più basso, o non adeguato, del grande pubblico che si approccia alla montagna.

Due sono  i livelli di inadeguatezza: il primo attiene alla mancanza di conoscenza culturale, di sapere tecnico e preparazione sportiva di chi va in montagna, nonostante l’equipaggiamento e l’abbigliamento siano in questi anni  migliorati.

Il secondo riguarda la mancanza di conoscenza del soggetto che si chiama in aiuto, nel caso il CNSAS o l’Aiut Alpin Dolomites o il 112. Non ci si rende conto che una telefonata, di cui come cittadini abbiamo diritto se siamo in pericolo o in difficoltà grave, implica mobilitare mezzi, uomini, logistica e costi importanti. La discussione sul far pagare o meno gli interventi di soccorso, di fatto, più che una questione economica, è una questione educativa o dissuasiva, in modo da rendere più efficienti gli interventi che effettivamente servono.

Sentire una donna chiedere soccorso perché al figlio che stava attraversando una zona paludosa è rimasta incastrata nel terreno la pedula, e poi richiamare di lì a pochi minuti per chiedere, già che si interveniva, di portare un panino con lo speck, perché il figlio aveva fame, è offensivo e sconcertante.

La terza inadeguatezza è quella delle garanzie assicurative che ognuno di noi deve mettere in atto prima di mettersi in movimento su un terreno comunque impervio come quello montano. Sensibilizzare in questo senso è fondamentale, lo debbono fare gli alberghi, le associazioni grandi come il CAI, che già lo fa, e quelle più piccole, come i gestori di impianti e di sistemi logistici. Ma soprattutto bisogna che individualmente i milioni di turisti che frequentano le montagna si assicurino. Costa pochi euro e fa bene a sé stessi e a tutti.

Ma le spine non riguardano solo tutti noi frequentatori montani, ce ne sono state anche per l’amministrazione pubblica e i burocrati .

La prima “spinona” riguarda il regolamento e la sicurezza del volo. Siamo piombati direttamente dalla sala del Centro Congressi della Fiera di Bolzano al Parlamento Italiano e nelle sedi dove leggi e regolamenti faticano sempre a diventare prima “carta canta” e poi azioni concrete. In Italia non c’è un regolamento  dedicato.

La seconda criticità è che le montagne sono imbrigliate in una ragnatela di migliaia di cavi di teleferiche private, in gran parte abusive e intoccabili. Questi cavi, come è facile capire, sono tra i peggiori nemici del volo con l’elicottero e non ci sono strumenti e mezzi o softwere che servano con piena efficacia a risolvere il problema. Questi cavi andrebbero in gran parte rimossi e per il resto censiti, fino all’ultimo.

Infine il  pilota  Piergiorgio Rosati del nucleo elicotteri di Trento, ha portato la sua toccante esperienza di volo in Nepal, dove annualmente passa il tempo delle sue vacanze. Un’esperienza dentro una cultura certo diversa, ma umanamente ricchissima di stimoli umani, anche se a volta apparentemente rassegnata. In Nepal il soccorso sulle montagne lo si chiama, ancora, il giorno prima per quello successivo, anche se recentemente le relazioni, anche tecniche, internazionali hanno molto migliorato gli standard. Resta il fatto che gli interventi quasi sempre sono miracoli di abilità del pilota nel gestire macchine complesse come gli elicotteri a quote impossibili, fino a quasi 8000 metri.

Qui di seguito un trailer del convegno:

 

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2 Commenti

  1. Articolo che evidenzia solo certi aspetti riguardanti la macchina della sicurezza. Innanzi tutto manca la distinzione tra il CNSAS statale e gli altri enti privati. Al 7^paragrafo sembra quasi sbagliato chiamare il soccorso quando ci si sente in pericolo, sembra il malcapitato voglia farsi mandare con sua decisione un elicottero, quando invece sta chiedendo semplicemente aiuto, che può essere anche solo un consiglio telefonico oppure se è di fatto in pericolo l’ausilio della squadra di terra. Invece c’è oggi la tendenza sempre a farlo volare l’elicottero, anche quando il ferito (magari non grave) si trova già nei pressi della strada asfaltata; tra i diversi enti non corre certo buon sangue come si dice al paragrafo4, c’è un invece una specie di gara d’appalto quando c’è un ferito da recuperare. Ogni uscita viene retribuita, che sia il malcapitato che paga perché si è messo in una brutta situazione per sua negligenza-impreparazione o che sia un ferito in parete magari coperto dall’assicurazione comunque le spese di soccorso vengono presentate. Ancora l’invito a farsi una polizza assicurativa non migliora le capacità tecniche ne l’esperienza di nessuno; è invece solo un incentivo a far girare più soldi.

  2. occorrerebbe una gogna mediatica per i richiedenti soccorso , un concorso per la richiesta piu’ farlocca .Oppure ,oltre al conto…un periodo di pulizie ai locali della sede di un Soccorso.

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