Alpinismo

Val Veny – cima del Monte Bianco: la Cresta integrale del Brouillard in 13 ore

Emanuele Andreozzi lunedì 14 agosto ha salito in velocità la Cresta integrale del Brouillard: partendo dal campeggio in Val Veny in 13 ore è arrivato in cima al Monte Bianco, per poi scendere a Les Houches completando così la traversata in giornata. 

Di seguito il resoconto della scalata. 

 

Alle 3.13 del mattino lascio l’auto al parcheggio del Chalet del Miage e inizio a correre lungo il sentiero che conduce direttamente all’attacco della cresta. Non conosco il percorso, ma non mi è difficile trovare l’attacco; così, aiutato anche dalla luce della luna, comincio a salire i primi mille metri di dislivello della cresta su zolle erbose e rocce.

Le gambe non girano ancora come vorrei, ma arrivo in tempo per godermi l’alba sul tratto finale delle bellissime Aiguilles Rouges du Brouillard. Sceso al Col du Brouillard riesco finalmente a trovare il mio ritmo e alle 10.20 sono in cima alla Punta Baretti (4006 m). Circa mezz’ora dopo raggiungo anche il Monte Brouillard (4068).

Tutto sta procedendo bene, le condizioni sono ottimali e non ho ancora avuto bisogno di calzare i ramponi. Dal Col Emile Rey arrivo al passaggio chiave della salita, che purtroppo trovo ostruito da una cascata di ghiaccio fradicia e scollata. Provo a salirla ma il ghiaccio non tiene, così prima cerco un passaggio alternativo, ma nel frattempo si è alzata la nebbia e non riesco a vedere nulla.

Aspetto per una ventina di minuti e poi constatando che le nebbie non si aprono, riprovo a salire la cascata. Scalare su quel ghiaccio è una follia, così tenendomi ad una picca incastrata dentro la fessura, con l’altra lo scollo con pazienza pezzo per pezzo fino a lasciare solo quel poco di ghiaccio portante. In totale per fare questi dieci miseri metri ci ho messo un’ora piena e ho anche perso un guanto.

Tolti i ramponi riprendo a progredire facilmente su sfasciumi fino al Picco Luigi Amedeo (4470 m). La stanchezza comincia a farsi sentire, non vedo l’ora che cominci la cresta nevosa e terminino gli infiniti saliscendi per i gendarmi. Quando finalmente sono sulla cresta nevosa, faccio una piccola pausa per riempire una bottiglia d’acqua e calzare i ramponi.

Ormai vicino al Monte Bianco di Courmayeur si alza un vento fortissimo e la nebbia è fittissima. In condizioni di whiteout a testa bassa seguo le tracce e raggiungo agevolmente prima il Monte Bianco di Courmayeur (4765 m) e pochi minuti dopo finalmente la cima del Bianco. Sono le 16.15, sono trascorse esattamente 12 ore e 58 minuti dalla partenza dalla Val Veny.

Nella nebbia non ho idea verso dove devo scendere, per fortuna arrivano due ragazzi che mi indicano la direzione; così, una volta dentro l’enorme traccia della Via Normale Francese, arrivo in breve tempo alla Capanna Vallont, dove entro per riposare un pochino e trovare riparo dal vento che continua a tirare fortissimo. Mi concedo una mezz’ora abbondante di pausa dove mangio con gusto il grosso pezzo di formaggio che avevo portato con me.

La giornata non è ancora finita, voglio completare il giro e scendere fino a Les Houches. Mi avvio con calma verso il fondovalle, arrivo al buio e trovo ad attendermi il mio amico Tommaso che è venuto a prendermi con l’auto. Adesso manca solo il rientro a Trento durante la notte, qualche ora di sonno a casa nel letto prima di andare al lavoro. 

Con me avevo solo il minimo indispensabile, nel piccolo zainetto da corsa avevo quattro litri di acqua, dieci carbogel, tre barrette di cioccolato, 250 grammi di formaggio, un cordino in dyneema da 50 metri per emergenza, ramponi, guanti e guscio quando non li avevo addosso.

 

 

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4 Commenti

  1. Mi complimento per la faticosa salita.
    Mi chiedo tuttavia quale sia il suo significato, per noi “lettori”.
    Apertura di una nuova via sulle pareti rese famose da Bonatti ?
    Espressione di una capacità sportiva particolare che dovrebbe essere scelta da altri come nuovo modo di salire in montagna (ad es. come lo stile alpino per l’Himalaya) ?
    Studio delle prestazioni umane al limite ed in condizioni di bassa pressione parziale di ossigeno ?
    Suscitare l’invidia del lettore (io sono capace e tu no)?
    Io francamente non capisco. Sono stato in quei luoghi appena un mese fa e mi sono fermato ad ammirare quelle pareti, pensando a chi 40 anni fa le saliva con l’equipaggiamento dell’epoca. Ne ho parlato al “Monzino” con due giovani ragazzi bergamaschi che le avevano scalate. Erano degli esperti (uno aveva salito la Nord dell’Eiger in invernale). Eppure nei loro occhi trasaliva l’ammirazione per quell’uomo ed il riconoscimento del suo enorme valore.
    Buhl negli anni prebellici veniva da Innsbruck in bicicletta a scalare le pareti delle Dolomiti. Eppure è ricordato per altro……..
    Mi scuso con i lettori ed esperti di montagna del sito e pure mi scuso con l’autore della salita e dell’articolo stesso, per la mia franchezza, che non sottende assolutamente un rimprovero. Solo voglia di sapere e capire, da parte di chi forse è ormai di un’altra epoca.

  2. Caro Aram, se è vero che l’autore dopo il giro è tornato in macchina e via al lavoro, beh è uno di quelli come il sottoscritto, in montagna ci voglio andare, è il mio chiodo fisso, ma non posso rubare tempo al lavoro, mi serve per mantenere la famiglia alla quale cerco di non sottrarre ulteriore tempo prezioso…. e quindi si va in montagna, si ma quasi sempre così, di corsa.
    Corro invidiando quelli che invece se la prendono con calma e fanno i miei giri in due giorni godendo di due tramonti e due albe, invidiato a mia volta solo perchè mi vedono più veloce di loro, quando gli spiego che i fortunati sono loro non capiscono, io il panino lo mangio in macchina non su una bella cima con gli amici.
    Ecco perchè alcuni fanno queste cose, certo io a livello più basso, poi si entra in un circolo e difficilmente si riesce a godersi quella giornata o due all’anno in cui invece l’uscita sarebbe normale…. e si guarda l’orologio con la voglia di tornare a casa.

  3. A me sembra che gli sia andata anche bene.
    Le previsioni meteo non mi parevano indicate per una salita di questo calibro (vedi nebbia) e la conoscenza del terreno, da che si legge, sembrava piuttosto scarsa (tanto che, se non avesse trovato i due in cima, non so come sarebbe sceso). Tuttavia la storia la fanno i vincitori per cui, questa volta, non resta che dire bravo.

  4. Ciao Gian Piero. In un articolo breve come questo è chiaro che ho omesso tanti aspetti, non potevo mica scrivere tutto altrimenti veniva lunghissimo. Ho preparato tutto meticolosamente, con me avevo anche l’orologio gps con bussola e una cartina ad 1.25 del Monte BIanco e una relazione dettagliata della discesa. Avendo trovato i due alpinisti Cechi era più facile chiedere a loro che tirare fuori la cartina in mezzo al vento. Se non li avessi trovati, avrei usato bussola e cartina, giusto per la direzione perchè dopo pochi metri come ben sai si incontra la sempre presente ed evidentissima traccia che porta al Gouter.
    Inoltre, ho scelto appositamente una giornata con quelle condizioni, perché speravo che essendo una delle più fredde dell’estate, combinata con le leggere nebbie che erano previste per quel giorno avrei trovato la cascata in buone condizioni. Invece nonostante il freddo e le nebbie che poi si sono rivelate pochissime(le ho avute solo sulla cascata e nei pressi della cima) la cascata era cotta dal caldo. Dalla serie non si può calcolare tutto …
    Sicuramente l’articolo è un attimo superficiale, però il tuo commento anche e mi dispiace, perché io penso sia logico non improvvisarsi su una salita del genere ma preparare tutto nei minimi dettagli. L’ho sognata e preparata per mesi, e lo davo per scontato si capisse … Poi io accetto tutte le critiche del mondo eh, ma che siano basate su qualcosa in più di un breve articolo-notizia come in questo caso.
    Ciao e buona montagna, nulla di personale eh, volevo solo chiarire un paio di cose! Anzi grazie per avermene dato l’occasione!

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