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La Summa di Alessandro Gogna in 33 risposte

Alpinista di punta degli anni ’70, Alessandro Gogna è uno che l’alpinismo lo ha fatto e lo ha anche pensato in tutti i suoi aspetti, sempre con un occhio di riguardo per la natura e l’etica della montagna. Il 72enne, fondatore di Mountain Wilderness, associazione nata per contrastare il declino dell’ambiente montano, si è raccontato in una lunga intervista a Girovagando, spiegando il suo punto di vista sul mondo verticale e non: in 33 domande e risposte che spaziano dalla storia dell’alpinismo all’ambiente, la vecchiaia e l’educazione. Una Summa del pensiero di Gogna da leggere e meditare.

 

Chi è l’alpinista? Leggendo spesso di avventure, imprese ardite e molte tragedie, sorge il sospetto che sia fondamentalmente un disadattato. Qualcuno che, a differenza della maggioranza, cerca di sfuggire una vita normale.

Per rispondere a questa domanda occorre intendersi sul concetto di “disadattato”. Se per “disadattato” s’intende persona cui vanno strette le regole di una società che sempre meno rispetta l’individuo e che sempre più tende a trasformarlo in “consumatore” di qualunque cosa possa essere messa in vendita, allora sì, l’alpinista è un disadattato, fiero di esserlo. Se invece s’intende persona che nutre sentimenti di rivalsa e odio per la normalità, allora no, l’alpinista non è un disadattato.

Buttarsi dalle montagne con la tuta alare o scalare montagne senza corda, a noi gente comune sembra follia pura. Questa ricerca ossessiva “dell’adrenalina” non è qualcosa di patologico? Una sorta di dipendenza dalle emozioni forti per sentirsi vivi in qualche modo? Un gioco che somiglia molto alla roulette russa?
Il confine tra “ricerca di adrenalina” e “ricerca pura” è assai labile e cangiante da individuo a individuo. Facilmente ci si può sbagliare, credere di essere in un campo e ritrovarsi invece in un altro. Chi invece osserva deve stare attento a non proiettare le proprie paure su altri individui che gli sembrano “diversi”. I soli che possono sapere di quanto stanno sconfinando sono i diretti interessati, naturalmente però sono i primi a rischio errore di auto-valutazione. I giochi tipo tuta alare o free solo non perdonano il minimo errore, pertanto è vero che si differenziano da altri giochi dove l’errore è più o meno tollerato. A mio parere i protagonisti di questi giochi (più o meno esposti al pubblico, ma oggi con la go-pro e i social tutti possono esserlo) dovrebbero interrogarsi giornalmente sulle proprie pulsioni e accertarsi che non via sia nella propria psiche alcuna intromissione indebita di terzi (sponsor, fans, ecc.).

L’alpinismo di alto livello si può considerare uno sport estremo? Anzi si può considerare uno sport?
L’alpinismo di qualunque livello non può essere considerato uno sport, solo per il fatto che, di principio, non è sottoposto a regole e che il gioco può cambiare epoca dopo epoca. L’alpinismo può diventare però un’attività estrema nel momento in cui sia praticato per la pura ricerca di adrenalina o per confermare il proprio status di notorietà.

E’ più “eroico” chi scala il K2 e rischia la pelle o chi accetta la quotidianità e va tutti i giorni in ufficio?
Anche qui la risposta varia con il significato che si dà alla parola “eroico”. In ogni caso per me “eroico” è chi va tutti i giorni in ufficio contento di farlo. Gli scontenti non sono eroi, ma vittime. Chi scala il K2 in nessun caso può essere un eroe solo per il fatto di averlo salito, qualunque sia il significato che vogliamo dare alla parola “eroe”.

 

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Un commento

  1. Qualcuno ha messo in campo pure l’argomento “L’alpinista bravo e’quello che perisce in incidente o invecchia pieno di acciacchi e medita “

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