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Clima, strigliata Onu: accordi a lentezza glaciale

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NEW YORK, Stati Uniti – I negoziati sul clima procedono a “lentezza glaciale: più lenti della velocità di scioglimento dei ghiacciai”. Questo l’ammonimento lanciato da Ban Ki-Moon al vertice sul clima di New York. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha rimproverato i governi dello stallo attuale delle trattative, raccomandandosi di concludere un nuovo trattato internazionale che sostituirà il protocollo di Kyoto. Un obiettivo che dovrebbe essere sentito come un imperativo. E ha avvertito: “il fallimento di Copenaghen sarebbe moralmente ingiustificabile, economicamente miope, politicamente avventato”.

Non si può più temporeggiare, servono fatti, intese e politiche concrete. Si è aperto ieri con il severo intervento di Ban Ki-Moon il vertice da lui stesso convocato al Palazzo di Vetro, in preparazione alla Conferenza sul clima di Copenaghen di dicembre. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha infatti attaccato i governi, rimproverando una “lentezza glaciale”, ovvero una velocità realmente più lenta di quella di scioglimento dei ghiacciai, nel affrontare la questione climatica. Intollerabile un atteggiamento inconcludente. 

Senza contare i rischi che comporterebbe il non arrivare a un’effettiva conclusione condivisa sui problemi del riscaldamento globale. “Il fallimento di Copenaghen – ha infatti detto il Segretario Generale dell’Onu – sarebbe moralmente ingiustificabile, economicamente miope, politicamente avventato. Non possiamo seguire questa strada, la storia potrebbe non offrici un’occasione migliore di questa”.

“I giorni effettivi per i negoziati sono soltanto quindici – ha incalzato Ban Ki-Moon – e “abbiamo meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori. Sull’Artico i ghiacci potrebbero sparire entro il 2030 e le conseguenze sarebbero sentite dai popoli di ogni continente”.

Le condizioni attuali dei ghiacci della terra vengono, infatti, costantemente monitorati e i dati che emergono sono più che allarmanti. Il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (Unep), sostiene diversi progetti di monitoraggio climatico e ambientale a livello globale, e nella zona Himalayana collabora in particolare con diversi enti tra cui spicca il Comitato EvK2Cnr. L’ente italiano specializzato nella ricerca scientifica d’alta quota, è promotore del progetto SHARE, Stations at High Altitude for Reaserch on Environment, che lo scorso anno ha installato, a 8000 metri sul Colle Sud dell’Everest, una stazione di monitoraggio meteorologico che fornisce da ormai oltre un anno, in tempo reale, dati unici e irripetibili sul clima himalayano ai grandi progetti internazionali di monitoraggio promossi da Unep e World Meteorological Organization.

Come ha ricordato Ban, il cambiamento climatico colpisce soprattutto i Paesi meno sviluppati, e in particolare l’Africa, dove  “minaccia di cancellare anni di sviluppo destabilizzando Stati e rovesciando governi”. Per questo il Segretario generale dell’Onu ha lanciato un appello ai Paesi industrializzati: devono essere loro a “fare il primo passo ha detto -. Se lo farete altri adotteranno misure audaci”.

Per il capo del Palazzo di Vetro quindi, il nuovo trattato deve includere “obiettivi per la riduzione di emissioni entro il 2020″ e supporto finanziario e tecnologico” ai Paesi in via di sviluppo, cioè quelli che “hanno contribuito di meno a questa crisi ma hanno sofferto di più, e per primi”.

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