Alpinismo

Moro e Barmasse: pilota e bagnino per la sudovest del Cho Oyu

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BERGAMO — Ottomila metri, via nuova, stile alpino. Ma anche snowboard, mountain bike e corsa. Sarà a dir poco ricca di sorprese la nuova avventura guidata da Simone Moro, che partirà domani verso il Cho Oyu, 8.201 metri. Il team è d’eccezione: Hervè Barmasse tenterà con Moro una via nuova, davvero mozzafiato, sulla parete sudovest. Poi lo snowboarder Emilio Previtali, che tenterà la discesa con la tavola, e due donne: l’ultra-runner Lizzy Hawker e la giovane "scommessa" Tamara Lunger, ben nota nello scialpinismo. Chi sono pilota e bagnino? Bè, su uno niente dubbi, l’altro è stata una sorpresa…

La "Trilogy Expedition" volerà domani a Kathmandu, ma prima di dirigersi in Tibet affronterà un periodo di allenamento e acclimatamento nella valle del Khumbu. Solo all’inizio di ottobre, dopo la scalata dell’Island Peak, 6.500 metri, rientrerà nella capitale nepalese per dirigersi al Cho Oyu. Lassù, Moro tenterà di conquistare l’ennesimo successo di un’annata davvero speciale, che lo ha già visto compiere la prima salita invernale al Makalu con Denis Urubko e poi realizzare il sogno di diventare pilota di elicotteri. Adesso, l’obiettivo è una via nuova, in stile alpino, da realizzare con Hervè Barmasse, già suo compagno di cordata lo scorso anno al Beka Brakai Chhok.

"Non ho pensato ad una montagna in più da collezionare bensì ad una parete nuova da esplorare – spiega Moro la vigilia della partenza – lo stesso criterio che ho usato nelle mie precedenti spedizioni. Il Cho Oyu infatti l’ho già salito nel 2002 ed in velocità con Franco Nicolini e Mirco Mezzanotte, ma sapevo che ci sono ancora tante possibilità su questo ottomila “facile” che diventa avventuroso ed estremo se affrontato con questo spirito".

Parlando di vie normali, infatti, il Cho Oyu è considerato tecnicamente semplice, tant’è che è l’ottomila più frequentato insieme all’Everest. Meno dell’uno per cento di questi alpinisti tenta le altre vie che percorrono la montagna, che presenta diverse sezioni ancora inviolate. "Ho pubblicato ed annunciato questo progetto sul mio libro “8000 metri di vita” – racconta Moro – dove c’è l’elenco di ciò che resta da fare su ogni parete di ogni ottomila. Ho scelto la via in maniera teorica da una foto, poi andrò sotto la parete per capirne i pericoli, le eventuali cadute sassi o pericolo valanghe".

Ed è una foto speciale, quella di cui parla Moro. "L’avevo commissionata a Karl Unterkircher quando salì lo Jasemba con Kammerlander – ricorda l’alpinista bergamasco -. Me la diede un giorno che andai ad arrampicare con lui in Val Gardena e poi mi fermai a casa sua con mia moglie e conobbi la sua bella famiglia. La cresta di destra (rispetto alla foto) è ancora inviolata ed era già stata presa di mira anche da Osvald Oelz e Messner ed è ancora lì che aspetta. E’ un viaggio infinito con una parte molto difficile di roccia nella parte alta. Insomma sono quasi 3000 metri di parete o di cresta che aspettano di essere esplorati".

Una sfida tutt’altro che banale, insomma, che fa scalpitare non solo Moro ma anche il suo compagno di cordata. "C’è una frase molto famosa di Alex MacIntyre che dice: la parete è l’ambizione, lo stile l’ossessione – dice Barmasse -. E dato che il mio modo di vedere l’alpinismo è sempre la ricerca di qualcosa di nuovo, vado su un 8000 sia perchè è una nuova esperienza per me, sia per cercare di fare qualcosa mai fatto prima. Che cosa succederà al Cho Oyu? Siamo io e Simone: lui con il brevetto da pilota, io con quello da bagnino. Cosa volete che succeda: il massimo del successo. Ma mi aspetto soprattutto di divertirmi".

"Io e Simone ci siamo trovati bene al Beka Brakai e adesso andiamo avanti – prosegue il valdostano -. Simone in questo momento, dopo la sua invernale al Makalu, probabilmente è l’alpinista himlayano che più rappresenta l’Italia nel mondo. Nella storia recente dell’alpinismo himalayano, del resto, a mio avviso ci sono state 3 salite importanti: l’invernale allo Shisha Pangma, la nord del GII, e l’invernale al Makalu".

Moro, Barmasse e compagni staranno al campo base della via normale, via sulla quale saranno impegnati Previtali, che scenderà con lo snowboard, e le due ragazze, la Hawker e la Lunger, che saliranno e scenderanno a piedi. Con il gruppo ci sarà anche Matteo Vettorel, responsabile del team europeo di atleti The North Face, che dopo l’Island Peak arriverà fino a campo 1 o 2 del Cho Oyu lungo la via normale. Moro e Barmasse, invece, si sposteranno verso destra, per tentare l’apertura del nuovo itinerario.

"Emilio lo conosco da 25 anni – dice Moro -. Siamo stati compagni di scuola media e di università nonché di gare, arrampicata ed allenamenti. Hervè è stato mio compagno di spedizione sul Beka Brakai Chhok. Lizzy la conosco da 4 anni, da quando è entrata in The North Face che ha promosso questa spedizione, e l’ho supportata durante due edizioni del Ultratrail de Mont Blanc. Tamara è una “scommessa” che ho deciso di fare seguendo il mio fiuto: può essere l’himalaysta donna del futuro. Testa e fisico sono da perfetta fuoriclasse d’alta quota e se il mio fiuto non mi tradisce, anche stavolta come lo fu per Denis Urubko dieci anni fa, ne vedrete delle belle".

Il programma della spedizione, come dice Moro è "davvero strabordante". Conclusa la salita, infatti, l’avventura non sarà finita. Moro e la Hawker indosseranno scarpe da trail e correranno fino a Kathmandu, in un trekking di 12 giorni. Barmasse e Previtali, invece, faranno la stessa cosa in mountain bike. Sono circa 400 chilometri.

"Vediamo se riusciamo ad avere energia e fortuna per fare tutto o anche solo una parte" conclude Moro. Di certo, comunque, questa spedizione promette di essere davvero "spettacolare". Tant’è che il team sarà seguito il fotografo Damiano levati e la troupe altoatesina formata dal regista Armin Wiedmann e dall’operatore Hans Peter Karbon, già autori del film "Il segreto del Mount Genyen" di Karl Unterkircher.    

Sara Sottocornola

Nella foto sopra, scattata dal Nepal, la cresta a cui punta Moro è sulla sinistra: è la linea di confine tra Nepal e Tibet.
Sotto, la foto della parete sud ovest scattata da Unterkircher.
 

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