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K2: Eriksson racconta l'incidente di Fait

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STOCCOLMA, Svezia — "Non sempre la vita va come avevi pianificato. Il 23 giugno, è stato uno di quei giorni". Inizia così il toccante racconto di Fredrik Eriksson riguardo il mortale incidente sugli sci accaduto sul K2 un mese e mezzo fa, in cui ha perso la vita il trentino Michele Fait. Eriksson, rientrato in patria dopo aver rinunciato all’impresa, ha reso pubblico il racconto dell’accaduto.

"Avevamo appena superato un difficile e ripido tratto di misto – racconta Eriksson – davanti a noi si era aperto un pendio innevato molto ampio, anche se ripido. Ho pensato che la parte difficile fosse superata, ma cercavamo di controllare gli sci ad ogni curva e di scendere molto piano. Su una curva, Michele ha perso l’equilibrio ed è caduto di schiena".

"E’ scivolato e ruzzolato per diverse centinaia di metri – prosegue l’alpinista -. Pensavo si fermasse dove il pendio diventava più dolce. Invece no. Ha continuato a cadere, e io non potevo far altro che guardare: alla fine è caduto in una fascia di rocce ed è scomparso in una conca. E’ stato orribile". 

Eriksson e Fait, che volevano scendere con gli sci dalla cima del gigante pakistano di 8.611 metri, erano alla seconda salita di acclimatamento e l’alpinista e sciatore svedese racconta che si sentivano entrambi bene. Purtroppo, però, la fatalità era dietro l’angolo.

"Ho pensato che se fosse sopravvissuto, aveva sicuramente bisogno di soccorso immediato – prosegue Eriksson -. Mi sono lanciato giù per il pendio fino ai piedi del K2, ho mollato gli sci e sono risalito verso il luogo dove l’avevo visto scomparire. Ci ho messo un’ora e mezza, non potevo far altro perchè delle rocce ripide mi impedivano di raggiungerlo dall’alto. Mentre salivo, guardavo quegli spuntoni di roccia e pensavo che sarebbe stato un miracolo trovarlo vivo. Infatti, quando l’ho trovato, non aveva più segni di vita, non respirava e non aveva battito".

Eriksson racconta poi della disperata operazione di recupero di Fait. Racconta che si trovava in un punto pericoloso, sotto un enorme seracco e su un pendio a rischio valanghe. Nonostante il rischio, è riuscito a calarlo subito di 200 metri, fino un luogo protetto da alcune cenge, aiutato da Fabrizio Zangrilli, Gerlinde Kaltenbrunner e David Göttler. La calata si è poi conclusa il giorno successivo.

"Stavamo sciando la montagna dei nostri sogni – ricorda Eriksson -. Sorridevamo. Era il momento più bello della nostra vita. E in un secondo, tutto è diventato tragedia. Non avevo mai provato nulla del genere. E’ stato il momento più orribile della mia vita. Dopo quel momento, ho perso ogni motivazione e ho abbandonato la spedizione. Tutti i miei pensieri sono per la sua famiglia, non posso immaginare cosa sia perdere un figlio. Michele era un grande uomo. Mi mancherà molto".

Sara Sottocornola


Racconto: http://www.fredrikericsson.com/

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