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Benvenuto, bizzarro K3…

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BERGAMO — Il "famoso" K3. Famoso da oggi. Grazie alla fantasia della stampa italiana, che con l’usuale tam tam di notizie e definizioni che rimbalzano "letteralmente" da una testata all’altra, si è affezionata a questa definizione del Broad Peak. Un nome che praticamente fino a ieri nessuno conosceva, all’infuori di Wikipedia e qualche libro sulla storia del Karakorum.

Eppure da oggi il Broad Peak è "noto come K3", "meglio conosciuto come K3". Perdonate l’ironia. Ma stavolta è impossibile tenere il becco chiuso. Quando frotte di quotidiani, agenzie e siti online, per cui lavorano anche personaggi che si definiscono specializzati, si sono scatenati su questa definizione ribattezzando un ottomila solo per avvicinarsi al più noto K2, lo stupore ha preso piede. Non tanto per l’imprecisione o la svista, che per carità capita a tutti.

Quanto per la convinzione esibita nel raccontare queste storie agli italiani. A cui si insegnano nomi mai usati. O geografie creative, come quando l’anno scorso, al centro delle pagine del più noto quotidiano italiano, campeggiava una grande foto del K2 con sotto la definizione di Nanga Parbat e tanto di mappa delle vie di salita.

Spesso si propinano anche fantasiose variazioni sul tema. Come nel triste caso di Cristina Castagna, che tempo fa, nei suoi diari e parlando di vicende note, aveva scritto che anche lei avrebbe pensato di essere lasciata sulla montagna, in caso di incidente durante la spedizione. Un’idea, un pensiero che tutti gli alpinisti fanno. Ma che ieri è diventato per l’italia un "biglietto lasciato alla famiglia con scritto lasciatemi lassù". Se non qualcosa di peggio. Come fosse una specie di tragedia annunciata. Invece, era solo il legittimo pensiero di una ragazza che amava la montagna.

Poi, c’è anche chi invece di raccontare i fatti si "immagina" cosa deve essere successo in questa o quell’altra occasione.

L’altro ieri qualcuno ha anche accostato la tragedia della Castagna a quella di Renato Casarotto dell’86. Perchè? Il suo compagno di cordata Giampaolo aveva lo stesso cognome. Anche se poi l’altro Casarotto è morto sul K2 in circostanze completamente avulse da ogni collegamento con la storia odierna.

Ecco gli errori li fanno tutti, Montagna.tv per prima. Soprattutto in un campo, come questo, dove in molti casi è difficile e molto laborioso trovare riferimenti ufficiali e cerficati, e dove spesso bisogna fare affidamento su racconti, confronti o sulla parola di qualcuno.

Ma forse, con la responsabilità di un pubblico generalista, ampio e da informare, sarebbe bello vedere maggior preoccupazione e qualche tentativo di evitare – dove è certamente possibile – la pesca indiscriminata dal web, con cui si finisce per dipingere un mondo, già complicato come quello dell’alpinismo, con un’immagine distorta.

 

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