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Bivacchi-resort, Cai attacca: “Sono strutture d’emergenza”

Pare proprio che, tra i turisti, qualcuno abbia preso fischi per fiaschi e abbia “villeggiato” nei bivacchi di Agordo: questa la denuncia di Giorgio Fontanive, giornalista e socio Cai, che nella scorsa assemblea ha segnalato la tendenza di molti ad accamparsi in quelle che sono, in realtà, strutture di emergenza; si parla del Bedin, del Reali, del Cozzolino, del Biasin, del Brunner, del Ghedini-Moiazza e del Tomè.

Un fatto che, oltre a suscitare indignazione, costituisce un potenziale disagio per chi avesse davvero bisogno di ripararsi nel bivacco; sono state numerose le liti tra escursionisti in cerca di un rifugio per la notte e turisti “in vacanza”.

“Invito le amministrazioni comunali” ha detto Fontanive “a rinnovare l’ordinanza affinché i bivacchi siano utilizzati per lo scopo per cui sono preposti. È inaccettabile che chi va in montagna rischi di trovarsi senza un ricovero”.

Un altro punto fondamentale è la manutenzione dei suddetti bivacchi, che ogni anno necessitano nuovi interventi strutturali per far fronte ai danni dell’umidità, senza dimenticare i sentieri per raggiungerli, che rappresentano una delle maggiori attività dei volontari del Cai.

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3 Commenti

  1. Buongiorno, cosa si intende per “villeggiato”? I bivacchi in questione sono stati occupati interamente e per diversi giorni dalle stesse persone? Diverse volte ho usato i bivacchi come punti di appoggio programmato, sia “in qualità” di escursionista che di alpinista, e se arriva qualcun altro ci si stringe. Un alpinista che programma una notte in bivacco prima dell’ascensione ha lo stesso diritto di fruirne di un turista che vuole passare una serata diversa dal solito, fermo restando che se arriva qualcun altro nessuno ha il diritto di mandarlo via.
    Grazie per l’attenzione e buona montagna!

  2. Il problema nasce dallo stravolgimento del concetto di bivacco: negli ultimi anni se ne sono costruiti troppi e troppo lontani dalla corretta idea di struttura spartana d’ emergenza, che dovrebbe ispirare chi decide di realizzare un bivacco in un certo luogo.
    Se i cosiddetti bivacchi di “bivacco” hanno ben poco e sembrano invece comodi rifugi incustoditi, inutile meravigliarsi se poi ci sono i furbi.
    D’ altra parte questo fenomeno è dovuto al solito magna magna generale a spese dell’ ambiente alpino e dei soldi pubblici…grazie ai vari appalti ecc. Infatti stessa cosa si potrebbe dire per gli antichi sentieri trasformati in vialetti di costosa pietra, degni di parchi cittadini o per i rifugi d’ alta quota che di “rifugi” hanno ben poco, sempre più spesso trasformati in hotel 5 stelle. Il discorso non cambia mai: c’è chi guadagna costruendo e chi ci perde: la montagna e l’ ambiente.

  3. Dio è Morto
    Secondo “L’estratto del Regolamento Generale dei rifugi del Cai” all’ Art.1 comma A e B i Bivacchi o Ricoveri sono “Costruzioni… attrezzate con quanto essenziale per il riparo di fortuna degli alpinisti… Utilizzati come sosta di emergenza… ecc. ecc.”
    Il giorno 9 e 10 Luglio 2016 insieme al mio amico Sergio decidiamo di scalare la parete Nord del Lyskamm, per questo motivo preferiamo dormire al bivacco Balmenhorn dal quale in nottata è piu facile e diretto raggiungere la parete.
    Purtroppo arrivati al bivacco troviamo un’allegra comitiva di goliardici “amanti della montagna” con tanto di salami piccanti vino ecc. che avevano occupato l’intero “alberghetto”.
    Ingenuamente chiedo quali fossero i loro obiettivi del giorno dopo:
    qualcuno scendeva e qualcuno non sapeva bene. In definitiva erano lì in gita perché secondo loro “il rifugio costa troppo e mica siamo scemi”.
    Naturalmente dopo un attimo di riflessione ho fatto presente loro il mio disappunto, in quanto la finalità del bivacco ritengo sia diversa da quello che sembravano essere i loro scopi.
    Se ne sono sbattuti e ci hanno fatto dormire per terra nel bagnato dei loro scarponi.
    Il giorno dopo non sono stato bene fisicamente con tanto di umore a terra così ho dovuto rinunciare, infatti Non ho chiuso occhio per tutta la notte, non solo per la scomodità e il loro cianfrusagliare, ma anche e soprattutto perché a 44 anni ho realizzato che “Dio è Morto”.
    Quel Dio della solidarietà che invano ha tentato di contrastare lo strumentale avanzare dello “sfruttamento opportunistico” o ancora del “pretesto per raggiungere secondi fini”, quel Dio che infine s’era rintanato nelle altezze limpide lontano dalle manipolazioni di una società ingrigita, ebbene anche qui, quel Dio è stato preso ingloriosamente a calci nell’indifferenza…
    Non è questo un atto di accusa verso un gruppetto di inconsapevoli persone, ma un invito alla riflessione profonda sul senso di appartenenza.
    Non è ancora troppo tardi.
    I tanti Da Polenza, Simone Moro, Hervè Barmasse, Nardi, ecc ecc possono fare qualcosa, trasmettere quel senso di promozione e partecipazione civica che in tanti abbiamo (o preferiamo) dimenticato.
    Si deve partire dal basso.
    Con le loro imprese questi famosi alpinisti ormai sono dei riferimenti, che lo vogliano o no.
    Qualcosa deve cambiare, anche nello sponsoring, altrimenti quello che passa è solo mero consumismo.
    Dario Alaimo

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