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Chiude lo storico rifugio Bicchiere
RACINES, Bolzano — Lo storico Rifugio Gino Biasi al Bicchiere-Becherhaus quest’anno rimarrà chiuso. Il perchè è da ricercare nella crisi economica che interessa molti rifugi delle Dolomiti, dall’Alto Adige al bellunese, e che non garantisce continuità e finanziamenti ai rifugi di montagna.
E’ uno dei rifugi più antichi delle Alpi, inaugurato il 16 agosto 1894, in occasione del compleanno dell’imperatrice Sissi. Ma quest’anno il Bicchiere-Becherhaus, posto a 3.145 metri sulla cresta di confine a pochi passi dall’Austria e sopra la val Ridanna, resterà chiuso.
La ragione è da imputare alle condizioni critiche in cui operano i rifugisti. La concessione per il Cai di Verona scade a fine 2010 e così l’ex gestore Erich Pichler lamenta un’insostenibile incertezza per il futuro, relativamente al periodo successivo la scadenza delle concessioni.
"Con il Cai – spiega il rifugista – ho sempre collaborato molto bene, ora però nessuno si sente competente per quanto riguarda gli interventi indispensabili. Purtroppo in Alto Adige tutto diventa un tema politico, così anche la concessione per i rifugi".
Come altri 24 strutture alpine altoatesine, il Bicchiere è gestito dal Cai. La proprietà è passata dallo Stato alla Provincia autonoma di Bolzano. In Alto Adige una parte dei rifugi è gestita dal Cai, un’altra dal club alpino altoatesino – l’Avs -, e una piccola parte dei privati.
"Abbiamo le mani legate – spiega il governatore di Bolzano Luis Durnwalder alla stampa -. Le concessioni scadono a fine 2010 e noi non possiamo intervenire prima di questa data. Stiamo aspettando una proposta congiunta di Cai e Avs. La Provincia potrebbe anche finanziare la manutenzione straordinaria. I due club alpini dovranno però assumersi l’incarico di tenere aperti tutti i 25 rifugi e non solo quelli che vanno bene".
La situazione non è molto diversa sull’altra sponda delle Dolomiti, quella bellunese, dove i gestori lamentano una cronica mancanza di fondi. Servono infatti maggiori investimenti per provvedere alle necessarie manutenzioni e agli aggiustamenti dettati dalle norme nazionali e regionali. Soprattutto quello che manca, secondo la maggior parte dei rifugisti, è una legislazione che riconosca meglio il ruolo e la funzione dei rifugi alpini, distinguendoli dalle altre attività ricettive.
In segno di protesta allora le sezioni bellunesi del Cai hanno annunciando che non verseranno più soldi alla sede centrale se non verrà rivisto il tetto che il Club alpino italiano gira a Belluno. "I due terzi delle quote annuali dei soci – spiega al Gazzettino Massimo Casagrande, presidente della sezione di Auronzo – vengono versati alla sede centrale per il funzionamento della macchina Cai, alle sedi resta il trenta per cento. Noi chiediamo che questa quota diventi almeno il 50 per cento. Così in attesa che il Club alpino nazionale risponda, per protesta abbiamo deciso di trattenere una parte della quota, versando solo un anticipo. Quando avremo la risposta salderemo il resto".
Secondo quanto riferisce Casagrande al quotidiano del Nordest, parecchie sezioni preferirebbero ormai lasciare perdere i rifugi, che sono sempre più fonti di guai. Troppe infatti le difficoltà per i rifugisti e le sezioni del Cai locali, a cui verrebbero richiesti adeguamenti, come se i rifugi fossero alberghi cittadini. Perchè la legge non farebbe differenza tra gli uni e gli altri, almeno per quel che riguarda la Regione Veneto. La nuova legge regionale sarebbe attualmente in discussione.
Valentina d’Angella