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Riscaldamento e ghiacciai: a rischio l'acqua per milioni di persone

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MILANO — Con un aumento delle temperature medie di altri 4 gradi, entro il 2100 sparirà la metà dei ghiacciai alpini. Uno scenario lontano? A quanto pare no: se le emissioni di gas serra non verranno ridotte subito, l’aumento delle temperature sarà anche peggiore. Questi i primi dati emersi dal convegno "Mountains: energy, water and food for life. The SHARE project: understanding the impacts of climate change", in corso a Milano, dove si stanno confrontando i maggiori esperti al mondo di clima, ghiacciai e atmosfera.

A lanciare l’allarme sui ghiacciai delle Alpi è stato Martin Beniston, docente di Climate Change and Climate Impact all’Università di Ginevra. Stando ai suoi studi, con 4 gradi di incremento delle temperature, i ghiacciai alpini perderanno la metà del loro volume. E le previsioni degli esperti dicono che se le emissioni di gas serra continueranno ad essere intense come ora, le temperature entro il 2100 potrebbero salire fino a 5 gradi. Se invece verranno moderate, ha detto Beniston, l’aumento di temperatura, sempre entro il 2100, potrebbe essere di soli 3 gradi e la perdita di massa dei ghiacciai essere molto contenuta.

Beniston e il suo team hanno monitorato diversi ghiacciai e secondo le loro previsioni la temperatura invernale media a Säntis, località svizzera a 2500 metri di quota, aumenterà di 4 gradi entro il 2100. Entro la stessa data, aumenteranno anche la possibilità di alluvioni di inverno e i periodi di siccità in estate.

A destare preoccupazione, però, non sono soltanto i ghiacciai europei ma anche quelli americani, che secondo i dati forniti da Richard Armstrong dell’Università del Colorado sono diminuiti del 40 per cento dal 1900 ad oggi. Ma soprattutto, quelli dell’Hindu Kush Himalaya e Karakorum, ossia la zona nota come il "terzo Polo", dove sorgono le montagne più alte del mondo e dalla quale dipende la vita di centinaia di milioni di persone.

Secondo i dati presentati oggi dal Direttore Generale del Pakistan Meteorological Department, Qamar-Uz-Zaman Chaudhry, l’isoterma 30 – ossia la linea ideale che segna i 30 gradi di temperatura – è salita di 725 metri negli ultimi 28 anni nella zona dell’Hindu Kush e Karakorum. La frequenza e la durata delle ondate di calore, nello stesso periodo, sarebbero raddoppiate. Chaudhry ha anche sottolineato come la velocità di incremento, dal 1990, sia raddoppiata così come sono raddoppiati i temporali e gli eventi di fulminazione.

Bruno Messerli, celebre studioso dell’Università di Berna, ha sottolineato come questa situazione potrebbe avere gravi conseguenza sul piano politico: in futuro, ha detto lo scienziato, saranno possibili conflitti per l’acqua in Centrasia. E poi ha fornito alcuni dati che possono dare un quadro della siutazione nella zona.

"Nella zona del Gange – ha detto Messerli – sono minacciate dallo scioglimento dei ghiacciai circa 500 milioni di persone che dipendono dall’Himalaya per i rifornimenti idrici. In Cina, lo sono altri 250 milioni di persone. Ed è stimato che la popolazione dei due paesi insieme raggiungerà i 3 miliardi di persone entro il 2050: pari all’intera popolazione mondiale del 1965".

"L’India ha già avviato un mega-progetto che prevede di utilizzare acque di fiumi – ha continuato Messerli -, come per esempio quelle del Brahmaputra, che in questo momento finiscono per il 97 per cento nel Golfo del Bengala, inutilizzate. Il progetto prevede di stabilire 9600 chilometri di canali di irrigazione da nord a sud, collegare 37 grandi fiumi, costruire 32 dighe e diverse centrali idrolelettriche. La Cina, nel frattempo, sta per mettere in atto il trasferimento da sud a nord delle acque dallo Yangtze al Fiume Giallo".

Ai pericoli ambientali e politici, si devono poi aggiungere quelli collegati all’inquinamento. Gregory R. Carmicheal dell’Università dell’Iowa ha parlato di 165mila morti all’anno in India e in Cina per esposizione esterna all’aerosol. E non si tratta di un problema locale: secondo le ultime rilevazioni il black carbon – componente importante degli aerosol – che arriva in Centrasia proviene per buona parte dal sud dell’Asia e anche dall’Europa.

Nella giornata di domani, un approfondimento sui dati del progetto Share – Stations at High Altitude for Research on the Environment – promosso dal Comitato EvK2Cnr, e una tavola rotonda sui maggiori progetti di monitoraggio climatico e ambientale al mondo, approfondiranno questo argomento con nuovi dati e considerazioni.

 
 
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Gallery: foto della prima giornata della conferenza internazionale                               

 
 
                     
 

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