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“Appennino, dal dolore al futuro” di Stefano Ardito

Testo di Stefano Ardito

I giorni delle lacrime non sono ancora finiti. Prima che dalle macerie dell’albergo fossero estratti tutti i corpi delle ventinove vittime della valanga di Rigopiano, la caduta dell’elicottero del 118 nei pressi di Campo Felice ha ucciso altre sei persone.
Alle vittime dell’ignoranza, della malagestione e dell’incuria si sono aggiunte quelle di un errore inspiegabile. Quello sciatore ferito, con quelle nuvole basse, sarebbe dovuto andare in ospedale in ambulanza.

Ho detto ignoranza, malagestione, incuria. Lo ripeto, con tutta la forza che ho. Le pessime condizioni dei pochi mezzi spazzaneve esistenti, la sala operativa della Prefettura di Pescara affidata a una persona drammaticamente non all’altezza del compito, un’emergenza che non è stata affrontata in tempo.

Non conosco il sindaco di Farindola, una brava persona che è stata travolta da una tragedia molto più grande di lui. Quando ha dichiarato alla stampa “non sapevo dell’emergenza-neve, la Prefettura non mi ha avvertito”, però, mi sono cadute le braccia.
Ma come, il sindaco di un Comune che arriva a 2500 metri di quota, che ospita la strada da Rigopiano a Castelli che è chiusa per smottamenti e valanghe sei mesi all’anno, che ha tra i suoi amministrati decine di contadini e allevatori di montagna ha bisogno che qualcuno lo avverta che sta nevicando di brutto?

Una volta sarebbe bastato annusare l’aria, oggi per cercare i dati del Meteomont sullo smartphone basta un minuto. L’Hotel Rigopiano non avrebbe dovuto essere evacuato dopo le mail e le telefonate intorno all’ora di pranzo, avrebbe dovuto essere evacuato la sera prima, nella notte, al massimo all’alba. Quando alla valanga mancava una decina di ore e la strada era in condizioni migliori. La Protezione Civile e la Prefettura sarebbero dovute entrare in gioco per cercare una turbina (richiesta la sera, sarebbe potuta arrivare da centinaia di chilometri di distanza), per inviare soccorritori e forza pubblica, eccetera. Sul territorio, però, ci stanno prima di tutto i sindaci.

Mi dispiace che riflessioni come queste non compaiano sui giornali, nemmeno su quello per cui scrivo. Vi ringrazio dell’attenzione per quello che ho scritto due giorni fa su questo sito, che è stato letto decine di migliaia di volte, e che è stato apprezzato anche dal gestore di una importante stazione sciistica d’Abruzzo.

Sui divieti sono stato facile profeta, purtroppo. Il sindaco dell’Aquila, appena visti i bollettini del Meteomont, come il proverbiale cagnolino di Pavlov è corso a vietare il fuoripista. Così facendo, scrive la guida alpina Marco Zaffiri su Facebook, ha bloccato anche i lavori di ripristino della corrente della funivia, e quindi la pratica dello sci di pista quando il sole è tornato a splendere. Geniale!

I giorni del dolore, lo sappiamo, possono essere un periodo fecondo. Servono a capire gli errori, servono a immaginare un futuro migliore. E se l’emergenza-neve in Abruzzo durerà per una o due settimane, quella legata al terremoto che ha devastato l’Appennino dura da sei mesi, e ci accompagnerà ancora per anni.

Che ci azzecca? Ci azzecca, al cento per cento. L’ignoranza del territorio e della montagna da parte di chi li amministra, che ha portato ad abbandonare nella neve case isolate, aziende agricole e frazioni, e che ha facilitato la tragedia di Rigopiano, pesa come un macigno, e non da oggi, su un possibile sviluppo futuro.

Sui magnifici Monti Sibillini, i terremoti dell’estate e dell’autunno hanno causato molte frane. Decine di itinerari e di vette sono pericolosi, e devono restare chiusi. Molti altri sentieri, e molti pendii e creste innevati, sarebbero perfettamente agibili anche ora. Invece la Protezione Civile e il Parco hanno chiuso tutto, impedendo di lavorare ai pochi bar, trattorie e negozi ancora aperti.
Prima che arrivasse la neve, vari gruppi di amici umbri e marchigiani hanno iniziato a mobilitarsi contro la chiusura a tappeto. Tra loro gli accompagnatori di media montagna delle Marche, che hanno iniziato a proporre gite sugli sci e ciaspolate a Bolognola e non solo. E’ una campagna sacrosanta, che deve andare avanti e che è un dovere appoggiare. Senza mantenere un po’ di vita in montagna, alla fine della ricostruzione ci sarà solamente in deserto.

Vale lo stesso naturalmente per Amatrice, delle cui bellezze, per molti anni, sono stato quasi il solo a scrivere. Marco, Paolo, Franco, Fortunato e gli altri amici della attivissima sezione locale del CAI si sono battuti per anni per ricreare un rapporto tra la gente di Amatrice e i bellissimi Monti della Laga. Non li ha aiutati nessuno, a iniziare da un Parco che s’interessa poco o nulla ai sentieri e che ha la testa saldamente in Abruzzo. La cascata delle Barche, la più bella delle montagne del Lazio, è tra i simboli di Amatrice da sempre. Il sentiero che la raggiunge richiede poco più di mezz’ora, ma è mal segnato e privo di cartelli e di un ponte.
Appena la neve sarà diventata stabile (manca poco) torniamo a camminare, a ciaspolare, a fare scialpinismo sui Sibillini e sulla Laga. Oggi è un segno di solidarietà, un abbraccio con poche ricadute concrete.

Domani, quando Amatrice e gli altri borghi tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo ritorneranno a vivere, sarà un modello di sviluppo. Funziona in Francia, in Alto Adige, sui Pirenei, in Slovenia, non può funzionare da queste parti? Capirà qualche sindaco, qualche assessore, qualche direttore di Parco che senza il turismo nella natura non si vive, in dei posti così?
Vivo a Roma, e ho scritto la parola Lazio non a caso. Caro presidente Zingaretti, a che punto è la legge sui sentieri? (Sui sentieri, non solo quella sui cammini della fede)? Perché finalmente, con soli trent’anni di ritardo, non emanate la legge su accompagnatori e guide alpine, dando un lavoro a qualche giovane e stroncando un abusivismo pericoloso e diffuso?
Perché non dite al Parco dei Monti Lucretili di togliere la ridicola ferrata costruita sui prati e sulle ghiaie del Monte Morra? Perché invece di progettare inutili impianti di risalita a Leonessa non fate una scuola di montagna al Terminillo?
Perché non collegate alla rete elettrica la seggiovia che la Provincia di Frosinone ha costruito qualche anno fa a Campo Staffi, che è costata sei milioni di euro e che non ha mai funzionato? L’elenco potrebbe continuare per pagine. La montagna esiste anche nel Lazio, signori. Mi sa che governate dalla spiaggia anche voi…

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3 Commenti

  1. Purtroppo una denuncia lucidissima, da parte di una persona che meriterebbe un ruolo attivo per il rilancio della montagna in tutto l’Appennino. Hai ragione caro Stefano, tutti a prendersela solo con le istituzioni centrali, invece di contribuire un po tutti soprattutto gli amministratori locali che dovrebbero essere vicini alle esigenze dei propri cittadini.

  2. Non oso immaginare cosà succederà per I fuoripista di Campo Imperatore come i Valloni, Vallefredda, Portella ecc già alla gogna dalle autorità con pericoli nulli…

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